I tempi di applicazione di alcuni provvedimenti previsti dalla Euro 5 sono al centro di verifiche di fattibilità; c’è poco da scherzare, molto da lavorare e tantissimo (in termini economici) da spendere per “mettersi in regola” con quest’ultimo livello del gioco al ribasso delle emissioni. Non entreremo nei dettagli più minuti perché sono tantissimi, ma in sostanza le moto Euro 5 saranno… una sola. Mentre prima esistevano differenze di limiti di emissione ammessi per le varie categorie, ora saranno considerati allo stesso modo le moto “vere”, i ciclomotori e le minicar (le “macchinine” che si possono condurre a 14 anni), che in questo modo riceveranno una bordata mica da poco, mettendo a rischio la loro esistenza, visto che i Costruttori dovranno sopportare spese notevolissime per adeguarsi. C’è poco da ridere anche per i colossi delle moto "vere": Honda ad esempio non ha fatto una piega quando si è resa conta che i motori tiratissimi delle medie supersportive avrebbero richiesto uno sforzo tecnico non ripagabile dal mercato. Un esempio? La Honda CBR600RR - zac! - è stata cancellata dal catalogo e buonanotte. Per fortuna alcune richieste, come la diagnostica di bordo (la centralina con connettore unificato che raccoglierà i valori degli inquinanti salvandoli in memoria assieme a diversi altri parametri), sono già in produzione e potranno essere acquistate e montate bolt-on senza spendere tempo denaro e risorse.
Qui ne parliamo estesamente, avendo visitato Texa, l’azienda italiana leader in questa tecnologia. Altre novità: il rilevamento dei vapori della benzina emessi dal serbatoio, il canister (raccoglitore dei vapori oleosi provenienti dal carter), e il rilevamento del rumore della moto nel corso di una prova “di passaggio”, che ha costretto (come da noi scritto nel test della MV Agusta Turismo Veloce Lusso) anche la revisione del rumore prodotto dalle molle all’interno della forcella, di quello della distribuzione, della frizione, del rotolamento dei cuscinetti e anche quello che viene generato dalla catena della “finale” e degli pneumatici sull’asfalto, oltre al fruscio aerodinamico. I rilevamenti degli inquinanti, inoltre, avverranno secondo un ciclo già introdotto con la Euro 4, molto più “severo” e praticamente in costante “transitorio”, cioè con il motore in accelerazione o rilascio del gas, fasi in cui mantenere le emissioni nel range bassissimo richiesto è davvero difficile. Il CO, monossido di Carbonio, dovrà infatti essere inferiore a 1 g/km, gli NOx (ossidi di Azoto) sotto i 0,006 g/km, e gli HC (idrocarburi incombusti) dovranno essere inferiori a 0,1 g/km. Infine per le moto che superano i 130 km/h è prevista una verifica egli inquinanti emessi dopo 35.000 km di percorrenza. Insomma si è partiti da moto Euro 0 per arrivare a moto da emissioni… zero. Una domanda però sorge: il veicolo che meno inquina è quello che in primis meno consuma. Una moto Euro 4 può consumare molta benzina in meno rispetto a certi SUV Euro 6. Senza contare che le gomme sono 2 e non paragonabili come quantità di materiale da smaltire a quelle di un’automobile media. Lo stesso dicasi per la plastica, l’acciaio, l’alluminio, l’oro (delle mille centraline e circuiti elettronici), e qualsiasi materiale “di costruzione”. Perché questi parametri non sono considerati nelle sacrosante Euro? Di questo passo l'obiettivo delle Zero Emissions a cosa porterà? O passeremo tutti alla propulsione elettrica, oppure utilizzeremo combustibili diversi.