Milano 17 marzo 2009 - Yan Haimei, direttrice generale di Qianjang
Motor, l’industria motociclistica cinese che nel 2005 ha acquisito la
pesarese Benelli, ieri, ha parlato alla conferenza “Storie di Successo
di Imprese Cinesi in Italia” tenutasi alla Fondazione Italia-Cina di
Milano.
La Haimei è amministratrice unica di Benelli e mentre esponeva i risultati
della nuova gestione cinese ha fatto sapere: “Non abbiamo ancora chiuso
un bilancio in utile, ma siamo qui per restare e crediamo nel progetto.
Noi ci mettiamo nuovi capitali e la nostra esperienza nella programmazione.
Qui troviamo inventiva e abilità nel design” e anche qualcos’altro,
come
raccontano in Benelli: il piano cinese è considerare Pesaro come un piccolo
centro di ricerca e sviluppo distaccato dalla Casa madre cinese, che possa
fornire le basi per ottimizzare anche i prodotti destinati al mercato interno
del Paese dei mandarini.
Qianjang Motor, in Cina vende più di un milione di veicoli all’anno e
trova in Benelli l’opportunità di sviluppare soluzioni che possano poi
essere applicate ai veicoli cinesi, facendo da traino per le vendite. Per
questo, dice la Haimei “investiremo altri 20 milioni di euro per portare
in produzione nuovi modelli” che non specifica quali siano, ma potrebbero
essere quelli che la Casa di Pesaro ha annunciato il 30 luglio 2008, come
la
supersport
600, con motore quattro
cilindri in linea e un obiettivo di sviluppo della potenza massima di circa
130 CV a 15.500 giri. In ogni caso la direttrice è convinta che “nel giro
di un paio d’anni riusciremo ad avere profitti”.
I capitali non mancano, perché a sostenere gli investimenti delle impresi
cinesi all’estero – e in Italia quindi – contribuiscono i
capitali erogati
dal principale istituto di credito dello stato del dragone, la Bank of
China “impegnato nel processo d’internazionalizzazione delle aziende
di Pechino” come specifica l’amministratore della filiale italiana
Yang
Xuepeng che aggiunge: “il nostro è un sistema sostanzialmente sano e
offriamo
aiuto per traghettare le imprese fuori dal guado”. Gli investimenti fatti
in Italia da oltre 30mila aziende cinesi, a settembre 2008, hanno raggiunto
i 237 milioni di euro, spesso salvando industrie italiane vicine al fallimento
“come è avvenuto per la Tacchini e la Benelli, che sono state riportate
in carreggiata da investitori della Cina” ha ricordato il Sottosegretario
agli Esteri Stefania Craxi.
Se l’Italia è una “scuola d’impresa” resta uno scoglio
da superare
che infastidisce i capitalisti cinesi, compresi i manager della Qianjang,
che si aspettavano di poter fare arrivare a Pesaro gli operai di Pechino
per potergli fare apprendere come si lavora con il controllo di qualità
e, invece, si sono trovati a fare i conti con: “gli ostacoli della
burocrazia
italiana” consistenti nella “concessione dei visti d’ingresso
e nel
sistema dei permessi di soggiorno”. Un particolare che rallenta
l’obiettivo
di creare dell’azienda pesarese un centro d’eccellenza. In più tutti
gli imprenditori cinesi rilevando: “lentezza e disorganizzazione nel
sistema
burocratico d’istituzione delle pratiche per la registrazione di una
società”.