Un particolare: il colore arancione KTM è stato scelto solamente nel ‘98 per avere un forte impatto visivo tra gli appassionati e poter identificare al volo una KTM in mezzo a tutte le altre moto. Scelta azzardata, che ha richiesto un grande lavoro di dettaglio nella selezione delle plastiche, perché una semplice caduta avrebbe potuto provocare un antiestetico segno bianco dove il materiale si piega o si graffia. Con altri colori, ci dicono gli ingegneri, sarebbe stato più semplice. Nel museo ci sono sezioni dedicate al funzionamento delle sospensioni e ai materiali: qui vengono analizzati vantaggi e svantaggi dell’alluminio rispetto all’acciaio per la realizzazione dei telai. KTM è da sempre portabandiera dell’acciaio e qui sono spiegate le differenze tra le varie leghe e le caratteristiche meccaniche, che dipendono anche dal disegno, dal diametro e dallo spessore dei tubi. Si passa poi alla storia dei motori, divisi tra 2 tempi da crossenduro, i primi 4 tempi monocilindrici della famiglia LC4 e quelli della serie EXC/SXF, fino ad arrivare ai bicilindrici a V, gli LC8, e a quelli paralleli (il 790 LC8c). Non manca un approfondimento sui sistemi elettronici presenti sulle moto di media e grossa cilindrata. Fa una certa impressione vedere la quantità di dati che riceve e gestisce la centralina di una motocicletta moderna. Il futuro sarà sempre più ricco di informazioni: sappiamo che KTM sta lavorando a telecamere in grado di mantenere a distanza di sicurezza con i veicoli che ci precedono, ad esempio. Al secondo piano inizia la spirale che mette in mostra la storia delle moto di produzione, iniziata nel 1953 con la R 100. Per i primi 20 anni, KTM ha prodotto solo moto di piccola cilindrata (da subito legate anche al mondo delle corse) caratterizzate da un design innovativo e, ancora oggi, piene di fascino. Basta citare lo scooter Mirabell del 1955, sicuramente troppo “avanti” per quel periodo. Nasceva in quel momento anche il logo KTM, con le tre lettere inclinate verso destra e unite tra loro.