Statistiche web
15 January 2008

Il mercato cinese si espande a macchia d'olio anche nel settore moto

Lentamente il quadro si chiarisce, la figura comincia a delinearsi. Dopo l’arrembaggio iniziale di produttori allo sbaraglio, catapultati sui mercati occidentali da importatori avventurosi, il rapporto tra Cina ed Europa si sta definendo con una certa chiarezza.

Il mercato cinese si espande



Lentamente il quadro si chiarisce, la figura comincia a delinearsi. Dopo l’arrembaggio iniziale di produttori allo sbaraglio, catapultati sui mercati occidentali da importatori avventurosi, il rapporto tra Cina ed Europa si sta definendo con una certa chiarezza. I costruttori occidentali, abbandonata ormai l’idea di combattere con i cinesi sul terreno del prezzo d’acquisto, hanno adottato la massima “se non puoi batterli, unisciti a loro” e si sono organizzati per sfruttare al meglio i punti di forza del sistema industriale cinese, che dispone ormai di infrastrutture e di una vasta schiera di fornitori in grado di approvvigionare componenti di impegno tecnologico sempre maggiore: gli esempi più vicini a noi sono i motori 125 e 200 4 tempi, 4 valvole del nuovo Scarabeo e le pinze freno della Aprilia Shiver; ma ormai tutte le Case hanno avviato contratti di fornitura con la Cina, spesso di parti elettriche o elettroniche dove le competenze del colosso giallo sono sicuramente più avanzate.

Collaborazioni mirate, strade diverse


Le strade seguite sono fondamentalmente due. La più banale è sfruttare la Cina per il suo basso costo del lavoro, comprando componentistica locale o trasferendo laggiù parte delle proprie produzioni. A un livello più alto, la proverbiale abilità dei tecnici cinesi nel copiare li rende infatti partner particolarmente veloci nell’industrializzare progetti sviluppati in occidente.

Quasi sempre il tutto avviene sotto controllo di maestranze della Casa madre, perché si è rapidamente capito che il modo di lavorare cinese è troppo diverso da quello occidentale e non è possibile limitarsi a lasciar fare. Per fare seriamente low-cost è necessario capire come funziona il sistema cinese e adattare a quel sistema i propri processi produttivi. Una volta capito questo, le cose hanno cominciato a funzionare meglio, anche se gli imprenditori occidentali non sempre sono preparati alla spregiudicatezza dei loro partner dagli occhi a mandorla, che in più di un caso li hanno clamorosamente estromessi con scappatoie legali dopo le fasi iniziali della collaborazione.

Non è un caso che siano già emerse forti tensioni tra Cina e Giappone anche sul fronte delle collaborazioni industriali, nelle quali il management nipponico ha confermato la sua scarsissima propensione non solo a cedere potere all’interno delle proprie controllate sul suolo cinese, ma anche a cedere tecnologia ai suoi storici dirimpettai.

Strada dell'indipendenza


I cinesi, dal canto loro, hanno ormai avviato il processo di selezione interna che caratterizza le economie mature. Sono emersi grandi gruppi, non sempre con una precisa idea di qualità in testa ma quanto meno con programmi ambiziosi e ingenti investimenti in ricerca e sviluppo. La prima cosa che si sta vedendo è la rapidissima evoluzione stilistica dei loro prodotti, che cominciano ad assumere un aspetto più consono alle aspettative dei clienti occidentali.

Questo aspetto è particolarmente evidente in coloro che hanno avuto e stanno avendo legami più stretti con l’occidente, come Axy che ha deciso di rinunciare al mercato domestico e di dedicarsi unicamente all’export, stabilendo in Italia una filiale europea gestita direttamente dall’importatore italiano, che dà indicazioni precise alla direzione tecnica in Cina perché i prodotti che arrivano siano all’altezza. L’altro aspetto importante è la disponibilità di capitali che sta portando a fare acquisti in qualche caso clamorosi, di cui il più celebre è per ora senz’altro Benelli, ma non mancano altri nomi ricchi di storia finiti sotto ala cinese, come Sachs.

Bisogna ammettere che per il momento QianJiang, proprietaria di Benelli e Keeway, sembra muoversi in maniera intelligente, rispettando l’autonomia del Marchio pesarese: si limita a finanziare e razionalizzare i progetti maggiori e a fornire parte della componentistica e i motori per gli scooter. Interessante anche il caso Keeway, che dopo essere partita con l’importazione di modelli di gusto ancora piuttosto cinese sta ora sviluppando dal punto di vista dello stile e delle dotazioni una gamma dalle caratteristiche più adatte alle richieste del mercato europeo.

Presenza cinese in europa


In Europa, gli imprenditori stanno sfruttando le possibilità offerte dalla crescente abilità della manifattura cinese. L’approccio più tradizionale è quello delle grandi aziende come Piaggio, che ha realizzato una joint-venture con Zongshen nell’impianto congiunto di Foshan, dove vengono prodotti ogni anno 50.000 scooter tra Zip e Fly con tecnologia Piaggio (che in parte tornano in Europa dove presidiano la fascia bassa del mercato) e 150.000 motoleggere con tecnologia Zongshen, mentre sono allo studio progetti comuni di scooter per il mercato del Sud-Est asiatico.

Nuovi protagonisti


Più recentemente, si sono affacciati sul mercato nuovi attori con strategie più “leggere”. Generic, emanazione dello studio austriaco Kiska design (lo stesso che c’è dietro alle ultime KTM), ha messo sul mercato a partire dal 2004 una linea di scooter e piccole moto dalla linea accattivante, assemblate in Cina ma che con il Toxic 50 e soprattutto il nuovo Trigger SM ha raggiunto livelli paragonabili alle produzioni europee, con telaio componibile in alluminio, motore 4T 125 o 250 raffreddato a liquido e linea assolutamente accattivante.

Un’operazione analoga è quella compiuta da Megelli, un tipico frutto della globalizzazione: proprietà e progettazione inglese, nome e linea di sapore italiano (la stradale ricorda moltissimo la Ducati 1098), motore taiwanesi (125 4T raffreddato ad aria di provenienza Sym) e assemblaggio cinese. Le tre versioni ‘n’, ‘s’ e ‘r’ dovrebbero essere disponibili sul nostro mercato già verso la metà del 2008.

Strategia: marchio ed estetica


Molti manager guardano al settore delle due ruote essenzialmente in questi termini: le normative sono sempre più costrittive, l’utilizzo dei veicoli sempre più disimpegnato, le prestazioni sempre più imbrigliate e l’attenzione della gente sempre più dirottata dalle mille distrazioni offerte dallo stile di vita contemporaneo. Di conseguenza c’è sempre meno tempo per chiedersi cosa ci sia davvero sotto il serbatoio e una bella linea può diventare un argomento di vendita sufficiente.

È un po’ quello che sta succedendo anche nel mondo delle automobili, dove la pressione delle normative e della crescente concorrenza ha ormai reso lo stile l’arma più importante (se non l’unica, in qualche segmento) nelle mani delle Case. Portando agli estremi questo discorso, qualcuno ha deciso che sia sufficiente un bel nome e un bel marchio per vendere prodotti cinesi tali e quali.

È il caso di Garelli, che ha sempre sposato questa politica con i suoi modelli, seguito recentemente da altri, come Motom e, in misura minore, Italjet. In questi casi nomi che vengono dalla tradizione più o meno lunga della Casa finiscono spesso su veicoli che con gli originali non hanno nulla a che vedere. Se è vero che il rétro design di qualche Casa europea non brilla per fantasia, nemmeno queste operazioni sembrano molto creative...

Difficile distinguere il cinese


Per effetto della globalizzazione, è sempre più difficile capire da dove provenga un veicolo. C’è più Italia in un veicolo di proprietà cinese, ma interamente realizzato in Italia o in un veicolo di proprietà italiana, ma con motore, freni e parti elettriche progettati in Italia ma costruiti in Cina? Difficile dirlo. Certo è che questo approccio sembra destinato a diffondersi a macchia d’olio, e non è sicuro nemmeno che si salvi la fascia alta del mercato.

Resterà forse immune l’altissima fascia del made in Italy, quella che continua a far sognare gli appassionati di tutto il mondo: ma probabilmente, come ammonisce Mr. Lin, manager taiwanese, nell’intervista che ci ha concesso,solo se riuscirà davvero a raggiungere gli appassionati di tutto il mondo, raggiungendo volumi di vendita che le permettano di continuare a vendere le sue straordinaria, ma costosissime moto in numero sufficiente a continuare a investire in ricerca e sviluppo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA