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Clinica Mobile: “Il braccio di Marquez non sarà più lo stesso”

Abbiamo intervistato il Dott. Michele Zasa, direttore sanitario della Clinica Mobile, che ci ha parlato delle condizioni di Marc Marquez, del suo braccio, dei possibili problemi legati alla frattura, delle ipotetiche soluzioni…

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Il rientro di Marc è previsto fra pochi giorni: lei come si aspetta di ritrovarlo?

“Domandona! Intanto occorre dire che non l’ho seguito personalmente durante questa lunga degenza, per cui le mie ipotesi si basano solo sulle informazioni che circolano e non su una dettagliata cartella clinica in mio possesso”.

L’ha chiamato per sapere come sta?

“Certo, più volte, ma non entriamo mai nella questione medica. Alcune settimane fa mi ha solo detto che alcuni giorni sente bene il braccio e altri un po’ peggio”.

Sulla base delle informazioni che circolano, secondo lei ha rischiato di vedere interrotta la sua carriera?

“Il rischio c’era. Un omero che fa fatica a guarire, nel peggiore dei casi può esitare in un’infezione molto grave che può portare anche a cose estreme come l’amputazione del braccio. Per fortuna non è così, anche perché la pseudoartrosi si è risolta, a quanto pare, rapidamente”.

Scongiurata l’ipotesi peggiore, è possibile dire che l’osso di Marquez, presto o tardi, tornerà al 100%?

“Il recupero di un osso fratturato non avviene mai al 100%: è come quando ti cade la tazza con cui fai colazione. Se si rompe, può tornare alla sua funzionalità col Super Attak, ma a livello ‘anatomico’ la tazza, come l’osso, non tornerà più come prima. Il callo osseo, come una colla super resistente, restituirà la funzionalità, ma il dettaglio radiologico evidenzierà una diversa morfologia”.

Quindi non è vero che un callo osseo rende l’osso, almeno in quel punto, più resistente di prima?

“No, non è vero. Semmai sarà la placca, non il callo osseo, a rafforzare l’omero di Marquez più di quando era sano. Io poi sono da sempre propenso a togliere la placca, una volta trascorsi i 18 mesi canonici, ma in un caso come questo sarei del parere di lasciarla lì a lungo”.

Una placca permanente è pericolosa?

“L’unica nota dolente registrata nella lunga esperienza di Clinica Mobile è che le placche, quando sono corte, diventano elemento di danno alle loro estremità, nel punto di contatto con l’osso. Meglio quindi placche lunghe anche se più invasive. Di massima, comunque, la placca aumenta anche la protezione. Mi viene in mente l’incidente di Lorenzo nel 2013 in Germania. È vero che la placca si era piegata, ma è anche vero che grazie a lei la clavicola del pilota non si è danneggiata ulteriormente”.

Alcuni anni fa Simeon, e più di recente Ramirez, hanno subito la rottura dell’omero, ma con uno stop molto più breve rispetto a Marc: come lo spiega?

“Sono lesioni completamente diverse. Simeon e Ramirez si sono rotti il trochite omerale, cioè, per dirla in modo semplice, la zona alta dell’omero nel punto di innesto con la spalla. Marquez ha subito una frattura a tutto spessore con leggera scomposizione nella parte intermedia, che è una cosa più grave e quasi senza precedenti nel nostro mondo”.

Per la sua esperienza, quali altri problemi porta un così lungo stop?

“Marquez è scrupoloso nella preparazione atletica e sarà in buone condizioni, ma non c’è nulla di paragonabile all’attività in sella. Poi bisognerà capire se alcuni suoi muscoli, fermi a lungo, avranno aderenze e fibrosi. In quel caso dovremo lavorare molto su stretching e riattivazione muscolare. Ma la vera sfida saranno i riflessi, la rapidità decisionale, la paura. Ho parlato tante volte con piloti reduci da lunghi periodi di inattività, e mi hanno sempre detto che i primi giri vedevano tutto un po’ al rallentatore. È vero che Marc ha in casa dei macchinari con cui allena anche i riflessi, ma la MotoGP è la MotoGP... L’aspetto che più mi preoccupa è capire se il suo inconscio lo porterà a rischiare meno. Tanti campioni del passato hanno cambiato approccio alle corse dopo un brutto incidente”.

Cos’ha pensato rivedendo Marquez in sella a Jerez 2020?

“No comment...”.

Oggi lei vorrebbe avere la responsabilità di stabilire se e quando Marc potrebbe tornare?

“Assolutamente noooo!” (ride, ndr).

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Il Dott. Michele Zasa 

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