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09 September 2010

Husqvarna SMS 630 contro KTM 690 SMC: comfort sulla prima, guida spinta sulla seconda

Abbiamo fatto una prova comparativa tra l’Husqvarna SMS 630 e la KTM 690 SMC.

COME VA L’HUSQVARNA

COME VA L’HUSQVARNA La SMS 630 e la 690 SMC sono perfette per fare un giro in collina e una smanettata in kartodromo. L’ultima volta, alla Husky, non è andata troppo bene. Dall’incontro con la 690 SMC (Motociclismo 06/2008) è uscita malconcia, a causa di qualche lacuna di troppo a livello di finiture e motore; si chiamava SMS 610, allora. Oggi, a vedersela con l’immutata ma temibilissima Kappa c’è la sua erede SMS 630 (il test su Motociclismo 05/2010). Più potente (51 CV rilevati alla ruota contro i precedenti 44. Ma KTM ne ha 61…), più comoda, meglio rifinita. E con una testa rossa che fa molto racing. Ora la Husky è una moto accogliente, per gli standard della categoria. Ha una sella abbastanza soffice, ma come tutte le motard, larga solo una spanna, e a passeggio vibra poco, ma come tutte le “mono”, agli alti le pulsazioni arrivano. In sella si sta comodi, col manubrio alto e vicino al busto e le pedane distanti. Frizione e cambio, poi, sono morbidi e precisi, e i freni sono tanto potenti quanto modulabili. Addirittura quello posteriore è fin troppo progressivo: bisogna pigiare molto per arrivare al bloccaggio. Ti mette a tuo agio, l’Husky, da subito. Il nuovo motore gira lineare e non strappa anche con una marcia di troppo, ha una buona schiena e allunga con forza fino al limitatore; ha sospensioni morbide e una ciclistica agile, intuitiva e rassicurante: un bel “davanti” che disegna linee precise e tondeggianti e una discesa in piega omogenea, mai così rapida da impensierire chi non ha molti tornanti alle spalle. Insomma: va benissimo. E la preferiremmo alla Kappa, dovendone scegliere una per fare tanti km… ammesso che una motard si scelga in base a questo. Ma non ci esalta; ci soddisfa, tutt’al più. Le manca un po’ di quella maleducazione che ci aspettiamo da una supermoto, seppur stradale: è quasi difficile da impennare, in frenata non si intraversa con la naturalezza della SMC (che ha la frizione antisaltellamento) e ha sospensioni fin troppo morbide per una guida sportiva: la forcella affonda molto e il “mono” innesca qualche ondeggiamento nei cambi di direzione, oltre a far “sedere” la moto in uscita di curva facendole allargare un po’ la traiettoria.

COME VA LA KTM

COME VA LA KTM La Kappa invece è una scarica di adrenalina a forma di motard. Altissima da terra, con una vita da modella, un manubrio un po’ basso e distante e una sella che sembra ricavata dal pieno da quanto è dura. Bisogna godersela tutta e subito, perché dopo un centinaio di km è necessario sedersi su qualcosa di più comodo (l’Husky, per esempio). Cos’ha di speciale l’SMC? È facile come un gioco ed efficace come una moto da corsa. Reagisce in modo così preciso e prevedibile ai comandi che in un istante la conosci, la intuisci; e così quello che ti passa per la testa viene con naturalezza. Facile, precisa, esplosiva: vuoi frenare lì, intraversarla per chiudere la traiettoria in quel punto e impennare sulla cunetta in uscita di curva? Fatto. Finché regge il sedere ti entusiasma tutto di lei. I freni potentissimi ma dolci; le sospensioni che mantengono la moto composta e prevedibile in ingresso come in uscita di curva, con asfalto buono o meno; l’estrema rapidità e la naturalezza con cui la ciclistica “divora” il tornante, il cambio di direzione “cattivo” o il curvone da quarta; la frizione antisaltellamento, morbidissima e tanto precisa da permette di gestire al millimetro i traversi in ingresso curva. E il motore, ovviamente. Un “mono” che va come un “bi”; cattivo in alto da staccare i fianchetti a qualunque altra motard monocilidrica, forte e lineare in mezzo; zoppica un filo fino a 3.000 giri, quasi a dire che preferisce un passo spedito… ma è il suo unico piccolo neo. Non è solo l’efficacia a rendere irresistibile la SMC; è anche il suo essere una delle migliori moto al mondo per giocare. Impenna sempre (praticamente anche in folle) e puoi fare stoppies infiniti. Il tutto, con la stessa naturalezza con cui ti arrampichi su un passo di montagna alla velocità della luce.

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