COME VA L’HUSQVARNA La SMS 630 e la 690 SMC sono perfette per fare un giro in collina e una smanettata in kartodromo. L’ultima volta, alla Husky, non è andata troppo bene. Dall’incontro con la 690 SMC (Motociclismo 06/2008) è uscita malconcia, a causa di qualche lacuna di troppo a livello di finiture e motore; si chiamava SMS 610, allora. Oggi, a vedersela con l’immutata ma temibilissima Kappa c’è la sua erede SMS 630 (il test su Motociclismo 05/2010). Più potente (51 CV rilevati alla ruota contro i precedenti 44. Ma KTM ne ha 61…), più comoda, meglio rifinita. E con una testa rossa che fa molto racing. Ora la Husky è una moto accogliente, per gli standard della categoria. Ha una sella abbastanza soffice, ma come tutte le motard, larga solo una spanna, e a passeggio vibra poco, ma come tutte le “mono”, agli alti le pulsazioni arrivano. In sella si sta comodi, col manubrio alto e vicino al busto e le pedane distanti. Frizione e cambio, poi, sono morbidi e precisi, e i freni sono tanto potenti quanto modulabili. Addirittura quello posteriore è fin troppo progressivo: bisogna pigiare molto per arrivare al bloccaggio. Ti mette a tuo agio, l’Husky, da subito. Il nuovo motore gira lineare e non strappa anche con una marcia di troppo, ha una buona schiena e allunga con forza fino al limitatore; ha sospensioni morbide e una ciclistica agile, intuitiva e rassicurante: un bel “davanti” che disegna linee precise e tondeggianti e una discesa in piega omogenea, mai così rapida da impensierire chi non ha molti tornanti alle spalle. Insomma: va benissimo. E la preferiremmo alla Kappa, dovendone scegliere una per fare tanti km… ammesso che una motard si scelga in base a questo. Ma non ci esalta; ci soddisfa, tutt’al più. Le manca un po’ di quella maleducazione che ci aspettiamo da una supermoto, seppur stradale: è quasi difficile da impennare, in frenata non si intraversa con la naturalezza della SMC (che ha la frizione antisaltellamento) e ha sospensioni fin troppo morbide per una guida sportiva: la forcella affonda molto e il “mono” innesca qualche ondeggiamento nei cambi di direzione, oltre a far “sedere” la moto in uscita di curva facendole allargare un po’ la traiettoria.