In fisica, un aspetto fondamentale nella definizione del trascorrere del tempo è lo scambio di calore. Quando questo scambio non avviene, futuro e passato sono identici e quindi indistinguibili, un principio semplice quanto interessante illustrato insieme a molti altri in modo squisitamente chiaro dal professor Carlo Rovelli, nel suo Sette brevi lezioni di fisica.
Nel mondo di cui noi tutti abbiamo più dimestichezza, quello delle moto, districarsi tra passato e presente è intuitivo anche senza basi scientifiche.
Tendenzialmente, tanto più una proposta è attuale quanto più è interessante a livello di potenza e contenuti. L'altro ieri, le nude entry level erano facili e un po' mosce. Il giorno successivo sono diventate facili, carine e divertenti. Oggi sono anche grintose e tecnologiche. Non è un caso che i due modelli più "freschi" in questo panorama si distinguano tra gli altri esattamente nei termini appena descritti. Nel 2021, la Triumph Trident ha alzato l'asticella con un motore da 79 CV (rilevati all'albero), con l'acceleratore ride by wire e con una serie di optional premium quali modulo bluetooth per comandare la GoPro dalla strumentazione e avere le indicazioni di navigazione, cambio elettronico bidirezionale e sensori di pressione delle gomme. Pochi mesi fa, la Honda Hornet ha spinto ancora di più sull’acceleratore. Dispone di ben 92 CV "veri" e attraverso un bel display TFT da 5" offre la possibilità di regolare erogazione, controllo di trazione, freno motore.
La direzione è insomma tracciata, indietro non si torna e le Case che vorranno tenersi al passo dovranno adeguarsi. Suzuki sarà la prima a uniformarsi e lo farà nei prossimi mesi con la GSX-8S, nuda entry completamente nuova avanzata nella tecnologia (ride by wire, cambio elettronico bidirezionale, più mappature di erogazione, controllo di trazione regolabile, eccetera) e brillante nei numeri (83 CV dichiarati). Altrettanto significativo è che Yamaha, nonostante abbia nel suo listino la MT-07 che è con ampio margine best seller del segmento (escludendo la più classica Moto Guzzi V7), abbia sentito l’esigenza di muoversi nella direzione di tecnologia e prestazioni dotandola di display TFT e predisposizione per cambio elettronico. Organizzeremo una comparativa di categoria appena tutte le novità saranno disponibili. Poiché ciò non accadrà a brevissimo, abbiamo scelto nel frattempo di mettere a confronto le due protagoniste dell'articolo.
Stilosa una, atletica l’altra
Appurato quanto detto fin qui, la volontà di accorciare le distanze con le nude "medie" (le varie Ducati Monster, KTM 890 Duke, BMW F 900 R, eccetera) è manifestata da Trident e Hornet in modo un po' diverso tra loro.
L'inglese è visivamente più convincente. Il design può piacere o meno, non stiamo discutendo questo. Ciò di cui parliamo sono le finiture. Si noti per esempio la cura con la quale sono realizzati il faro e il parafango anteriore, il serbatoio, il forcellone. In generale, trasmette un'idea di attenzione e qualità superiore ed è da tenere in considerazione il fatto sia dotata di un propulsore a tre cilindri il che, se non altro a livello tecnico, la differenzia nel panorama.
La giapponese punta molto sulle prestazioni, invece. In tema di CV, è più vicina a una BMW F 900 R (107 CV rilevati all'albero) di quanto non sia a una Yamaha MT-07 (75 CV rilevati all'albero). Ciò la rende nella categoria la proposta più brillante - e coinvolgente - in accelerazione. Raggiunge i 100 km/h con partenza da fermo in 3,8" e, soprattutto, è l'unica a percorrere 400 m con partenza da fermo in meno di 12" (11,9"). Trident e MT-07, fino a oggi le più grintose tra le "entry", impiegano rispettivamente 12,5" e 12,2". In effetti, il confronto tra le curve di potenza e coppia non lascia spazio a interpretazioni, e i risultati non così brillanti nelle prove di ripresa (4,9" per passare da 90 a 130 km/h in sesta contro l'ottimo 4,0" della Triumph) sono dovuti a una rapportatura ben più lunga (4.800 giri/min a 130 km/h in sesta contro 5.800 giri/min dell’inglese) che va a vantaggio dei consumi (19,9 km/l in autostrada contro 19,1 km/ della rivale). È anche abbastanza leggera, la Hornet: 180,4 kg (rilevati a vuoto) è, in assoluto, un buon risultato. Parliamo nel dettaglio di un vantaggio di 5 kg sulla Trident (dotata però di accessori che aggiungono peso quali maniglie del passeggero e slider di protezione) e di uno svantaggio di 7 kg sulla piuma di categoria Yamaha MT-07 (provata nel 2020).
Dove la neonata "jap" non brilla è nelle prove di frenata. La combinazione di un impianto frenante anteriore piuttosto potente e di una taratura un po' soft della forcella ha come effetto in condizioni di guida normali decelerazioni vigorose e un buon comfort di marcia; mentre nel caso di un "panic stop", ovvero della situazione che simuliamo durante i rilevamenti attivando i freni improvvisamente e con la massima forza possibile, la sospensione anteriore raggiunge rapidamente il fondo corsa suscitando l'intervento dell'ABS. Il risultato è che le servono 35,1 m per arrestarsi da 90 km/h. Alla Trident, dotata di un impianto frenante meno incisivo e di una taratura moderatamente più sostenuta, ne bastano 33,7.
Veloce fa rima con facile
Immaginare una proporzionalità diretta tra prestazioni e impegno di guida è legittimo e molte volte corretto. In questo caso specifico le cose vanno diversamente con la Honda che, tutto sommato, spicca per facilità. Vogliamo però sia chiaro che parliamo in entrambi i casi di moto capaci di sincera amichevolezza, sempre intuitive da gestire e semplici da guidare persino nel peggiore degli ingorghi cittadini.
La Trident spicca in particolare per dolcezza della risposta al gas (utilizzando la mappatura Rain) e degli innesti del cambio, e per elasticità dell'erogazione: il suo motore riprende dal minimo in modo fluido e deciso. Tutte e due risultano leggere in manovra, hanno impianti frenanti correttamente modulabili e sistemi elettronici di supporto alla guida attenti il giusto.
La Honda ha innesti del cambio moderatamente più contrastati e un motore fisiologicamente meno propenso a riprendere dal minimo - cosa che comunque fa, anche se meno fluidamente del rivale tricilindrico. Nel complesso, si fa preferire in virtù della frizione che richiede meno sforzo alla leva (quella della Triumph è "morbida", ma non come quella della Honda), di un miglior angolo di sterzata (fa inversione in 5,3 m contro 5,8 m, rilevati) e di una sella più bassa (800 mm contro gli 810 di Triumph; entrambe hanno la vita snella a favore della possibilità di toccare terra). È anche più accogliente per gli spilungoni. Fino a 1,80 m di statura la triangolazione delle due, seppur diversa (lo vedremo tra poco), risulta ugualmente ospitale. Oltre, quella della Hornet si fa preferire più che altro perché permette una superiore libertà di movimento longitudinale.
Le vibrazioni sono pressoché assenti sulla Triumph e percepibili e mai fastidiose sulla Honda. Va segnalato che la Trident trasmette al pilota una quantità di calore ben avvertibile e superiore alla media, come peraltro la sorella Tiger 660 (qui nella videocomparativa tra crossover "entry"). Una caratteristica che certamente ha effetto sul piacere di guida nelle giornate torride.
Precisione contro guizzo
Ben diverse sono anche le sensazioni che le due offrono tra le curve. Per alcuni versi, la proposta di Hinckley può essere definita più sportiva. Ha un avantreno "saldo" e rassicurante sia in inserimento sia in percorrenza, dove risulta piacevolmente precisa grazie anche a un assetto equilibrato e un pelo più sostenuto rispetto a quello della rivale. Ha inoltre una triangolazione che invita a protendere moderatamente il busto, rafforzando il buon feeling con la ruota anteriore. Ciò la rende piacevole in particolare sui percorsi scorrevoli sui quali si danza tra una piega e l'altra con la rilassata eppur dinamica cadenza di un valzer viennese. Ciò detto, immaginarla come una piccola e grintosa Street Triple è fuorviante - non che lei tenti subdolamente di suggerirlo, peraltro.
Il freno anteriore ha poco mordente e per ottenere decelerazioni incisive è necessario tirare la leva più di quanto si vorrebbe. Soprattutto, il motore ha un'erogazione che di sportivo ha ben poco. Il buon vigore di cui dispone è concentrato nella zona centrale del contagiri, sicché "tirare" le marce risulti poco utile e divertente. È una bella moto, la Trident, e può tenere su qualunque percorso un buon ritmo. Semplicemente, soddisfa molto più se guidata in modo rotondo e senza voler strafare: un occhio alla strada, uno al paesaggio e nelle orecchie la piacevolissima musica del triple.
Sulla Hornet, un dislivello maggiore fra piano di seduta e manubrio fa sì che il busto sia pressoché perpendicolare a terra, e le sospensioni hanno come detto una taratura gradevolmente confortevole. Lo sterzo si manovra con metà della forza che serve sulla Trident e qualunque input - entra in curva! cambia direzione! - si trasforma in azione col doppio della velocità. Crediamo sia superfluo specificare che non abbiamo misurato coppia applicata al manubrio e tempi di reazione, e che sia invece un modo di dire utile ad avere un'idea di quanto differenti siano le due. Ciclistiche così svelte e sterzi tanto leggeri capita si paghino sul veloce con una stabilità delicata quando non precaria. È in effetti vero che la Honda non equivalga la Triumph in tema di (sensazione di) rigore in ingresso curva e percorrenza. Altrettanto, però, è indiscutibile che la avvicini in modo apprezzabile e che, nel complesso, offra un ottimo bilanciamento tra reattività e precisione. Nello stretto è super svelta e sul veloce è neutra e appagante. E senza dubbio è in vantaggio sulla Tiger a livello di freni e prestazioni. A parità di modulabilità, l’impianto anteriore è ben più efficace e offre decelerazioni incisive applicando alla leva una forza moderata. Da parte sua, il bicilindrico piace sia quando il mood di guida è contemplativo sia quando si insegue una curva dopo l'altra a tutto gas. Ai bassi e medi offre una spinta generosa. Agli alti, per i parametri della categoria sorprende. La grinta di cui è capace è notevole e l’erogazione ha un che di sportivo con una progressione decisa fino all’intervento del limitatore. Come abbiamo scritto in occasione del suo test, impenna persino in terza: alla faccia della entry!