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21 January 2008

Guida all'acquisto dell'usato Ducati Monster S4/S4R/S4Rs 1000

La più famosa delle Ducati moderne nasce nel 1993 quasi per scommessa. A Borgo Panigale lavora Miguel Galluzzi, un designer dalla matita eccezionale e che si rivelerà fondamentale per il successo della Casa bolognese.

L'evoluzione della Monster




La più famosa delle Ducati moderne nasce nel 1993 quasi per scommessa. A Borgo Panigale lavora Miguel Galluzzi, un designer dalla matita eccezionale e che si rivelerà fondamentale per il successo della Casa bolognese. Galluzzi intuisce che il grande fascino delle bicilindriche Ducati è troppo celato dalle avvolgenti carenature che d’altra parte esige la loro indole e destinazione sportiva. Prende allora una 851 e la spoglia di tutto ciò che ritiene superfluo. Ottiene così un “mostro” di moto che sembra recuperata dopo una caduta ad alta velocità. Ma proprio lo svelare il bicilindrico ad L e lo splendido telaio a traliccio saranno l’arma vincente e la fortuna della Ducati. Galluzzi ci mette poi molto del suo nel disegnare quella prima Monster 900 che farà epoca e sarà pluriimitata da giapponesi e non.

Col trascorrere degli anni il successo della Monster non si è mai fermato, grazie anche alla sapiente opera di rinnovamento “conservativo”, senza cioè stravolgere il concetto iniziale, ed all’introduzione di nuovi modelli di varia cilindrata per soddisfare i gusti e le esigenze che man mano si venivano delineando. In questa direzione, ma con una forte spinta tecnologica, nell’autunno del 2000 arriva la S4 che, restando sempre fondamentalmente una Monster, stacca però di molte lunghezze i modelli che l’hanno preceduta o l’accompagnano sui listini della Casa bolognese. Un passo avanti soprattutto prestazionale, ma per chi sa ben guardare anche un grande progresso verso una meccanica più raffinata. Il primo elemento che infatti contraddistingue la S4 è il motore con teste a 4 valvole e raffreddamento a liquido. Sono ben noti i vantaggi che questo sistema apporta alla costanza di rendimento rispetto alla ventilazione ad aria, superiori comunque anche in cambio di una maggior complicazione costruttiva, di costi e pesi.

Novità d'eccellenza




“L’apparenza inganna” scriviamo nella prova sul n. 10- 2000, dove chiarisce che “il pezzo forte della Monster S4 è il bicilindrico da 916 cc derivato da quello che equipaggia la sportiva 916, successivamente impiegato nella sport-touring ST4”. In realtà non solo il motore è stato completamente rivisto, ma pure la ciclistica che vanta una stretta parentela con i “pezzi” migliori di altre Ducati di successo. Scrive ancora la nostra rivista: “Il telaio e il forcellone di derivazione 851 hanno lasciato il posto ad una ciclistica che, per la parte del telaio in traliccio di tubi riprende quella della ST4”. E’ invece tutto nuovo il retrotreno, che vanta un forcellone in cui la raffinatezzatecnica si è profusa a piene mani utilizzando le più avanzate procedure costruttive come l’attacco per l’ammortizzatore realizzato per microfusione. Il forcellone è infatti leggerissimo (4,3 kg), ma nel contempo estremamente rigido e robusto per dare attacco al nuovo ammortizzatore Sachs dotato di tutte le regolazioni desiderabili.

Retaggio delle Ducati da corsa è inoltre il puntone regolabile in alluminio che consente di variare l’altezza del retrotreno. All’avantreno si va più sul tradizionale, ma anche i più intransigenti difficilmente potranno trovarsi insoddisfatti dal comportamento della forcella Showa a steli rovesciati regolabile nell’idraulica in estensione e compressione e nel precarico molla. Unico appunto rilevato dal tester nella prova, è “l’impossibilità di visualizzare direttamente l’entità della variazione del precarico dato che il sistema di regolazione è annegato dentro i semimanubri”.

Eccellenti anche l’impianto frenante Brembo, entusiasmante sempre e talmente potente da richiedere attenzione quando si frena a bassa velocità, e le ruote in lega Marchesini che possono essere richieste in rosso.

Come su tutte le Monster comunque ciò che più cattura gli sguardi sono il telaio e il motore. Il primo è l’inconfondibile e più volte scopiazzato traliccio in tubi tondi d’acciaio che sostiene il motore e porta imbullonate sulla parte posteriore le piastre in lega leggera per le pedane del pilota e passeggero. Il secondo è il bicilindrico con angolo di 90° che per la S4 vanta una nutrita serie di raffinatezze tecniche. A partire dal suo montaggio leggermente più avanzato rispetto alla ST4 per aumentare il peso sull’anteriore e quindi la stabilità in curva ad alta velocità, proseguendo con le cartelle della distribuzione realizzate in preziosa e leggera lega di titanio. Distribuzione desmo con 4 valvole e doppio albero a camme in testa comandato da cinghia, centralina elettronica per il controllo dell’accensione e dell’iniezione, air-box d’aspirazione studiato con tecnologia 3D, raffreddamento a liquido e cambio a 6 marce sono altre particolarità di questo motore che dimostra come si possa progredire verso propulsori sempre più avanzati tecnologicamente mantenendosi però aderenti alla più squisita tradizione di un prodotto che per Ducati è ormai marchio di fabbrica.

Amichevole e famigliare è anche la linea della moto che, sempre nel rispetto dell’affermata e conosciuta silhouette Monster, apporta novità importanti tra i quali i particolari in fibra di carbonio (fiancatine, parafanghi e paracalore), i pregiati semimanubri in lega leggera o il piccolo cupolino con fissaggio elastico per annullare le vibrazioni e dalla funzione prevalentemente estetica. Lo stesso faro circolare e la strumentazione tutta analogica depongono per una scelta che non vuole allontanarsi troppo dalla apprezzata filosofia naked della gamma Monster.



In sella alla S4




Una volta saliti in sella ci si trova ben accomodati, come da sempre sulle Monster. Il manubrio si impugna con sicurezza grazie al leggero appoggio sui polsi, e la lieve inclinazione del busto in avanti consente di sopportare bene la spinta dell’aria in velocità. Una moto senza limiti allora questa S4? Certamente per chi predilige la sportività senza compromessi. Ma per chi ama viaggiare allegro tuttavia condividendo con un secondo questa gioia le cose non stanno così.

La S4 rappresenta infatti quanto di meno indicato possa esserci per trasportare un “ospite”. Le pedane del passeggero sono infatti alte costringendo le ginocchia ad una piega acuta e stancante, mentre la sella è dura e scomoda. Chiaro inoltre che la S4, come qualsiasi altra naked, non è fatta per lunghi trasferimenti autostradali a medie elevate.

Il suo ambiente preferito è il misto “tutti frutti”. Nel senso che questa Monster diverte e soddisfa sia nelle strette stradine montane, come nelle piste con rettilinei veloci alternati a curve di qualsivoglia raggio. Qui le pieghe si sprecano e la S4 diventa un “ordigno” da usare con una certa cura per chi non è aduso a forti inclinazioni e velocità. Perchè gli oltre 92 CV a 9.100 giri (misurati al banco) spingono forte anche in virtù del peso contenuto in circa 210 kg. Ecco che allora in pista si possono leggere i 250 km/h sul tachimetro (effettivi 227 km/h), con l’accelerazione da 0 a 100 km/h in 5,2 sec ed i 400 m in 11,8 ed uscita a 189,2 km/h (prova 11/2000).

Il cambio è ottimo, “di precisione svizzera” leggiamo nella prova. Non dolcissima la frizione, d’altronde è a secco ed una certa rigidità, come pure qualche strappo, sono accettabili. Sotto i 3.000 giri si potrebbe chiedere qualcosa di più, ma è un attimo perchè dai 4.000 in poi non c’è più tempo per i ripensamenti perchè il bicilindrico spinge irruente e senza esitazioni.

La posizione avanzata del motore sul telaio esalta le qualità ciclistiche, così che l’avantreno risulta solidissimo a terra, concedendo un’impressione di grande stabilità che invita ad entrare forte in curva. Il retrotreno fa poi il resto, apprezzando anche decise aperture del gas con la moto gìà in piega, dove i più audaci troveranno qualche limite solo per il contatto a terra dello spigolo anteriore delle marmitte. Per le sue caratteristiche la S4 viene così a rappresentare la punta di diamante della gamma Monster, ma proprio per questo esige maggiori attenzioni da parte del suo costruttore. Che infatti nel maggio del 2003 mette in vendita la nuova S4R.



Nasce la S4R




A colpo d’occhio la distinguono gli scarichi, rialzati ed entrambi sul lato destro, le ruote di nuovo disegno e il forcellone monobraccio. Disponibile anche una inedita colorazione in blu con striscia bianca che fa molto racing e si affianca alle classiche finiture monocromatiche. Ma spingendosi oltre c’è molto di più. Tanto per cominciare il motore sale di cilindrata a 996 cc, con un surplus di CV che fa schizzare la potenza a 104,25 CV a 9.000 giri (dati rilevati nella prova del 10/2003). “Bombardone nella sua massima espressione” è la definizione che diamo alla S4R nella prova. Ed il complimento sta a significare che la nuova Monster non è solo più potente, ma anche più hi-tech. Lo scarico è ora catalizzato, e questo spiega forse l’unico particolare stonato della nuova moto: la voluminosa “padella” che contiene il catalizzatore piazzata sotto al carter. I due grossi silenziatori sparano indietro come le canne sovrapposte di un cannoncino antiaereo, sveltendo la linea che risulta più leggera rispetto alla S4. In questo modo, ma anche grazie all’innalzamento delle pedane ed alla variazione della taratura delle sospensioni, si è poi risolto il problema dei fastidio si contatti a terra delle marmitte nelle pieghe più ardite.

Nella sostanza comunque la S4R si conferma a tutti gli effetti una Monster: stessa linea di sempre della carrozzeria, poderoso motore, grande ciclistica. Ma in quest’ultima edizione, la Monster esalta la sua semplicità: poche o nulle le concessioni al frivolo, e tutto è concentrato nell’ottenere leggerezza ed essenzialità. Chi ama la bella meccanica si perde nell’osservare i particolari: al radiatore per il raffreddamento è stato aggiunto un radiatore dell’olio fissato alla testa del cilindro orizzontale, ed è sempre presente a destra la cartella in carbonio della distribuzione. Diversi sono invece la strumentazione, che ha aggiunto elementi digitali ed è più ricca di spie, il manubrio, sempre in lega leggera ma ora in tubo unico, la forcella, che grazie al trattamento in nitruro di titanio degli steli è più scorrevole, e il telaietto che sostiene le pedane, quelle per il passeggero sempre in posizione scomodissima. Ma dove si è dato un deciso taglio col passato è nel forcellone. Si tratta di un monobraccio molto rigido, sagomato e realizzato con un’avanzatissima tecnologia in cui le varie parti sono unite per fusione, per estrusione e saldatura. Il peso è rimasto invariato (4,3 kg) e anche la rigidità non è venuta meno, con i vantaggi di un look più sportivo ed innovativo, oltre naturalmente alla semplificazione quando sia necessario levare la ruota. Il forcellone lavora grazie ad un ammortizzatore Showa che ha pensionato il precedente Sachs, mentre è stata mantenuta l’asta di reazione regolabile per variare l’altezza del retrotreno. In pratica secondo i tecnici Ducati alzandolo si rende la moto più reattiva e svelta in curva senza alterare la stabilità in rettilineo.

Il motore non è passato immune dalla cura rinfrescante a cui è stata sottoposta nuova S4R. Effetto dell’aumento di cilindrata di cui si è già detto, è la maggior coppia rispetto al 916 cc, una scelta orientata al piacere e alla soddisfazione di guida. “Sfruttare su strada questo bicilindrico al 100% - dice la prova del 10/2003 - è solo un’ipotesi lontana. Il twin Ducati infatti letteralmente spara la S4R fuori dalle curve, e grazie alla nuova rapportatura del cambio si divorano i rettilinei tra un tornante e l’altro”. Che la S4R sia più agile e svelta nell’inserimento in curva è un risultato ottenuto dagli ingegneri della Ducati grazie alle modifiche del settaggio delle sospensioni, differenti nell’idraulica sia della forcella che dell’ammortizzatore. Resta comunque la meravigliosa sensazione di stabilità offerta dall’avantreno, sempre piantato a terra anche a scapito di una certa durezza che tuttavia non guasta su una moto dalle caratteristiche sportive destinata ad una guida esperta e decisa.

Più performante della S4 e con il plus dell’omologazione Euro 2, la S4R non rimedia tuttavia ad alcune pecche quali soprattutto la scomoda stemazione del passeggero, la durezza del comando della frizione e una fastidiosa rumorosità della stessa. Anche l’impianto di scarico rialzato se esteticamente è ammirevole, ha però il difetto di interferire con il piede del pilota che non trova il giusto appoggio sulla pedana nelle curve a destra. La S4R viene provata ancora sul fascicolo 8-2004, quando è impegnata in una comparativa con le più dirette concorrenti. Alla fine il confronto dà un esito ancora positivo per la S4R che è “l’unica moto che riesce a mantenere l’ago della bilancia in bilico tra strada e pista... ha un motore straordinariamente fluido ed è l’unica delle moto provate che sul banco prova accetta la piena apertura del gas sotto i 2.000 giri”. Alla metà del 2004 la S4R è la maxi-naked più venduta in Italia.



Ultimo step: la S4Rs




Dal 2006 è poi disponibile una versione ancora più cattiva. E’ la S4Rs Testastretta, provata sul n. 3-2006. “Prestazioni da record e guida di grande soddisfazione” sono i commenti iniziali. Il motore è il Testastretta della 999 nella versione più recente con la coppa bassa, rivisto per adattarsi “all’uso Monster”. Il nome nasce dai coperchi valvole che sono meno ingombranti, nuovo è anche l’impianto iniezione con corpi farfallati da 50 mm e iniettori a 12 fori.

Anche la ciclistica porta novità: piccoli interventi al telaio nella zona dell’airbox hanno portato ad un incremento del 5% di rigidità, e il forcellone monobraccio in alluminio a sezione variabile della S4R è stato rielaborato. Nuove anche le sospensioni ed i freni. Le prime lasciano le Showa per le Ohlins sia nella forcella, sempre con gli steli al nitruro di titanio, che per il monoammortizzatore posteriore che è più leggero di 580 gr rispetto al precedente. Le ruote sono di disegno e misura differente, ma sempre Marchesini. La cura costruttiva della S4Rs si spinge ulteriormente in avanti, perfino eliminando le fascette che fissano al telaio i cavi elettrici ed i cablaggi, per i quali si è scelta una disposizione più razionale e nascosta.



In sella alla S4Rs




In movimento la più cattiva delle Monster mantiene quanto promesso. E’ rapidissima, stabile, veloce e con una grande coppia. Accetta anche regimi superiori ai 10.000 giri, ma il meglio si ottiene tenendola sotto a questo valore perchè l’erogazione è fluida e regolare e la gran coppia consente di spingere fuori dalle curve con una rapidità impressionante. Al banco il motore ha erogato quasi 120 CV a 9.925 giri, in strada tocca una velocità superiore ai 240 km/h. Il neo di questa moto è naturalmente l’uso cittadino che necessariamente non può essere dei più confortevoli.

In particolare stanca la frizione dall’azionamento duro, la frenata è fin troppo esuberante alle basse velocità mentre la prima lunga nel traffico impone di usare la frizione più del normale. E’ tutto? Quasi perchè per i “bambini viziati” la Ducati Performance ha preparato un kit con vari componenti di carrozzeria in carbonio, centralina modificata, scarichi racing anch’essi nella leggerissima lega nera, frizione antisaltellamento e diverse altre prelibatezze che aumentano di circa 10 CV la potenza con un incremento della coppia che in Ducati definiscono “quasi imbarazzante”. Venendo alle conclusioni ed analizzando un possibile acquisto usato, ci teniamo a sottolineare come si tratti di moto esaltanti nelle prestazioni e nella guida, e per questo da maneggiare con attenzione perchè è facile trovarsi a viaggiare molto più rapidamente di quanto si creda o convenga per quelle particolari condizioni stradali.
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