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Goddhammer: senti come martella!

Pulsa intensamente il bicilindrico Sportster sotto una avvolgente carena realizzata a mano; lunga, bassa e bella stabile, questa special nata a Genova sembra fatta apposta per correre sul circuito del Mountain, sull'Isola di Man
1/17 Greaser Garage Goddhammer

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Gravano nubi basse e minacciose sulle strade deserte, adagiate tra pascoli e pendii. La città è lontana e non incrociamo nessuno, ma ci sembra di sentire il rombo dei motori di decine di altre moto lanciate a cannone giù verso la staccata di Creg-ny-Baa. Forse è solo la suggestione del luogo, dove l'aria di bosco e montagna si mescola a quella salmastra del mare, portata dal vento che corre veloce su per il crinale, trascinando con sé una nebbia che - per qualche interminabile istante - quasi ci azzera la visibilità. Finché l'asfalto è buono, pennelliamo traiettorie pulite e precise. Su buche e sconnessioni però, le sospensioni rigide ci trasmettono nei polsi e su per la schiena colpi secchi. La guida è fisica, se si alza il ritmo, e la parte più guidata del percorso, con "esse" aperte e curve ampie, è quella che ci godiamo di più, perché la moto è stabile e precisa, in questi frangenti. Ma senza un manubrio largo, c'è meno leva per agire sullo sterzo nei tornanti stretti. E i cerchi di generoso diametro con gomme sottili e dal profilo un po' squadrato, accentuano la sensazione di poca agilità. Chissenefrega, pensiamo dietro la visiera a bolla del casco: stiamo vivendo un'esperienza senza prezzo e senza tempo. Non dobbiamo fare una prova di comfort o praticità di uno scooter qualsiasi in mezzo al traffico di una città qualsiasi: stiamo tirando al massimo una special unica. Come le emozioni che trasmette. Si chiama Goddhammer - martello di Dio - che suona però come un'imprecazione: God damn it! Ma sono gli altri ad inveire perché invidiosi di noi che viaggiamo veloci come proiettili. O almeno così ci pare.
Pum! Pum! Pum! Gli scoppi del bicilindrico si altenano con cadenza variabile, in base all'apertura del gas. Mezzo nascosto dalla carena, si scorge appena il cilindro posteriore di un V-Twin americano, quello della Sportster 1200. La base di questa special è infatti una Harley-Davidson Forty-Eight, una paciosa bobber che tutto ispira fuorché sparate sul circuito del Mountain. L'ha realizzata - seguendo e sviluppando l'idea del committente, Federico Aliani - l'officina genovese Greaser Garage. Chi ci sia dietro questo nome lo spieghiamo nel box a pag. 246. Qui vi basti sapere che ci è voluto un anno di lavoro e un budget consistente per trasformare un'idea nella moto che stiamo guidando ora. Accucciati dietro il cupolino ci rendiamo conto di quanto sia protettiva questa carena, plasmata in fibra di vetro senza copiare nulla, ma semplicemente seguendo le linee di vecchie fotografie di moto da gara anni Sessanta. La sella è piccola e bassa, ma ben sagomata: ad ogni accelerata non scivoliamo indietro perché il supporto lombare è rialzato parecchio. I mezzi manubri si stringono con facilità, senza doversi sdraiare per agguantarli, perché sono vicini alla seduta. Nel mezzo: un panciuto serbatoio in alluminio (realizzato artigianalmente, come il codino, che si allunga sulla ruota posteriore fino ad abbracciarla) nei cui svasi si incastrano alla perfezione le gambe. Solo le pedane, alte e arretrate, affaticano presto le ginocchia - esageratamente piegate - e non lasciano possibilità di spostamenti, soprattutto quella destra, con il tacco appoggiato all'ingombrante silenziatore. Proprio lui, così evidentemente sproporzionato nei volumi, chiaro di alluminio naturale (anche lui è stato battuto a mano), sembra una nota stonata - ma suona una musica da paradiso! - e invece diventa caratteristica peculiare che distingue la moto da qualunque altra. Piaccia o no, certo non è banale. E poi c'è cultura, dietro ogni modifica. La forma di carena e serbatoio, i colori che li ricoprono, la sagoma della sella e quella dello scarico: tutto fa riferimento alle Harley-Davidson da gara - pista e flat track mischiati armoniosamente insieme - tanto che il nome della Casa americana è scritto piccolo piccolo sul serbatoio, che tanto lo riconosci lontano un miglio che arriva da Milwaukee.
Ma come nasce questa moto? Federico Aliani, genovese di origini, ma con una azienda di design a Monte Carlo, approda un bel giorno da Greaser Garage con l'idea di una special: l'ha chiara in mente e mette sotto il naso del team dell'officina il suo progetto. Che viene leggermente rivisto, perché non sempre il design trova immediata applicazione nella complessa dinamica di una moto... Per non alterare l'equilibrio della moto standard, sono mantenute le quote originali della Forty-Eight. Le nuove sospensioni, firmate Öhlins, sono solo un po' abbassate e le panciute ruote da 16" sono sostituite con più leggeri cerchi Akront a raggi da 19", che calzano pneumatici Avon da 3,5" con intaglio d'antan. Moderno invece l'impianto frenante: se al posteriore rimane quello - più che buono - di serie, davanti spicca invece un gigantesco disco da 340 mm prelevato dal catalogo Arlen Ness che - con una apposita staffa - lavora con la pinza a due pistoncini originale. Niente ABS, ma così bassa e lunga è difficile far sollevare la ruota posteriore in staccata. La Goddhammer rimane ben salda alla traiettoria, ma non bisogna entrare in curva con l'anteriore pinzato, pena dover faticare più del dovuto in inserimento: l'effetto autoraddrizzante del grosso disco è sensibile. Poco male: stacchiamo prima e la lasciamo correre in piega. E poi ancora gas aperto, prima che la curva si ridistenda in rettilineo, assaporando il coinvolgente sound che il V-Twin soffia attraverso quella stufa bianca che è il silenziatore, per nulla fastidioso, potremmo girare tranquillamente nel traffico senza generare rimproveri da parte dei passanti. La coppia è tanta e la gomma sottile, ma non servono controlli elettronici per tenere a bada l'esuberanza del bicilindrico: l'erogazione è dolce e progressiva - e noi abbastanza cauti, trattandosi di una special costosa e non nostra... - motivo per cui non ci troviamo a dover gestire incaute perdite di aderenza al posteriore. Il motore, quasi di serie, non è stato aperto per incrementare la cilindrata o accrescere il rapporto di compressione. Ha semplicemente guadagnato un filtro aria Roland Sands Design e, ovviamente, una rimappatura della centralina elettronica, per accordarsi al silenziatore artigianale (privo di catalizzatore) e alla aspirazione più aperta.
La nostra prova giunge al termine. La strada è ancora deserta. L'adrenalina invece è alle stelle, mentre il motore, ticchettando sonoramente, si raffredda. Proprio bella questa Goddhammer, pensiamo a voce alta, da guidare quanto da guardare. Ma Federico, il proprietario, vuole già modificarla. Cambierà il colore e lo scarico così caratteristico sarà tutto coperto dalla carena, da cui sbucherà solo la bocca di fuoco del terminale. Come una vera moto da corsa, è in continuo aggiornamento. E forse la prossima volta la guideremo davvero sul Mountain. Oggi ci siamo limitati ad immaginare come sarebbe potuto essere, scorrazzando su una strada chiusa al traffico nell'entroterra genovese...
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