Intervista a Fausto Gresini - team manager Gresini Racing
Il suo team ha festeggiato a Misano i 20 anni dalla fondazione, ma l'avventura in Moto3 è iniziata nel 2012.
Eravamo partiti con un solo pilota, poi lo abbiamo ampliato a due. Il progetto dedicato ai ragazzi mi piace molto, mi affascina lavorare con i più giovani, farli crescere e offrire loro un po' della mia esperienza.
Perché ha deciso di ampliare il team anche con la Moto3?
Lo faccio per passione. Ricordo il mio passato da pilota, ho avuto tanto dal motociclismo e sono riuscito a ottenere certi risultati in carriera perché avevo trovato persone che credevano in me e volevo fare lo stesso con i giovani, dare loro un'opportunità. In un certo senso, competere in tre classi è una follia, ma in questo modo si riesce a creare un percorso di crescita.
Non è quindi solo un team manager per loro, ma anche un maestro.
Spero di potere essere un riferimento per loro. L'impegno è alto e la Moto3 è una categoria difficile. È ovvio che senza l'impegno non si ottengono risultati.
Il debutto di Gresini Racing in Moto3 è stato nel 2012 con Antonelli. L'Italia era in un momento buio per quanto riguardava il proprio vivaio; è questo ciò che l'ha spinta a impegnarsi in prima persona?
Avevo già iniziato ad occuparmi dei più giovani con un progetto appoggiato da Honda Italia e FMI e dedicato ai ragazzi dai 9 a 13 anni: avevamo avuto fino a 64 piloti in pista in un fine settimana. Da lì è nato questo progetto, poi ho continuato a crederci in prima persona, penso di avere contribuito al futuro del motociclismo italiano.
Come si lavora con piloti così giovani?
Vanno seguiti e indirizzati, il bello è che sono come delle spugne e, se dai loro le indicazioni giuste, vedi i miglioramenti in poco tempo. Fondamentale è che questi piloti abbiano tenacia e siano in grado di seguirti in questo percorso.
Perché per un certo periodo non abbiamo più avuto giovani piloti italiani di alto livello e ora sì?
Alcuni team hanno incominciato a investire e hanno creato un vivaio. Ragazzi bravi ce ne sono sempre, ma a volte non vengono valorizzati, non viene data loro un'opportunità.
In questo processo sembra mancare la Federazione Motociclistica Italiana in un ruolo importante. Cosa ne pensa?
Non mi sento minimamente rappresentato dalla FMI, non ha fatto nulla nei confronti di quei team che hanno contribuito alla crescita di un nuovo vivaio. È una cosa che mi dispiace perché credo che la Federazione debba essere presente e viva. Io non ho mai avuto nulla da loro, se non piccole cose.
Servirebbe un maggiore aiuto?
Sono abituato a essere solo (ride). Ogni giorno apro la mia piccola azienda, che dà lavoro a più di 60 persone in Italia e che cerca di fare rimanere il nostro motociclismo ad alti livelli. Devo ammettere che non mi sento considerato dalla nostra Federazione. Credo che, senza il nostro impegno, molti piloti che abbiamo fatto correre avrebbero fatto molta più fatica ad arrivare nel Mondiale.