Introduzione
L’arrivo della Piaggio alla fine del
1969 rivoluziona completamente le strategie commerciali e la gamma Gilera.
E finalmente vengono creati dei 50 cc capaci di conquistare il cuore dei
ragazzini e di imporsi sul mercato. L’ambiente in fabbrica cambia
profondamente
e, anche se non sono tutte rose e fiori, l’antica Marca lombarda si
assicura
un futuro.
La Gilera riesce a sopravvivere alla grave
crisi del mercato motociclistico dei primi anni 60 grazie alle sue
solide
basi economiche, alla tradizione di serietà dei suoi prodotti, alla fedeltà
della clientela e, non ultimo, all’attaccamento delle maestranze
che
vedono la fabbrica e lo stesso Giuseppe Gilera come una grande famiglia.
Un durissimo colpo è la prematura morte di Ferruccio, il primogenito ed
unico figlio maschio del Commendatore, il quale proprio nella sua Azienda
e nell’affetto dimostrato dai suoi operai trova il coraggio di tirare
avanti. Ma purtroppo non bastano a salvare i bilanci le pur ottime 124
5V e le Regolarità Casa/Competizione. La gamma è incompleta e
soprattutto
esclude i ciclomotori, che sono il fenomeno commerciale del momento.
In più le esportazioni subiscono una brusca
flessione, anche sul ricco mercato americano. Sul finire del decennio
la situazione ad Arcore si fa sempre più preoccupante. Nessuno vuole
però che la Gilera chiuda i battenti, tanto che intervengono prima lo Stato,
con un aiuto finanziario di 800 milioni di lire, e poi lo stesso Giuseppe
Gilera che mette in gioco tutti i suoi averi, stimati in 500 milioni, al
fine di bloccare i buchi di bilancio ed i debiti che si sono accumulati.
Così però non si può continuare a lungo ed appare chiaro che solo
appoggiandosi
ad un’altra Azienda: vengono quindi presi contatti e vagliate alcune
proposte, ma alla fine l’offerta migliore è quella della Piaggio
la quale, il 29 novembre 1969, annuncia che la Gilera viene acquistata
in blocco con l’intento
di rilanciare il glorioso Marchio grazie a nuove idee e nuovi modelli.
Il futuro viene quindi garantito.
E proprio il Trial rappresenta la voglia
e la necessità di rinnovamento della Gilera in quei primi anni 70. Pur
senza ottenere lo straordinario successo del Fantic Caballero, il
“Gilerino”
si conquista un posto al sole come dimostrano i 20.000 Trial prodotti.
A ciò si aggiunga un altro fatto. La Gilera, che per tutti gli anni 60
è stata praticamente fuori dal segmento dei ciclomotori, diventa di colpo
protagonista, prendendo il posto della sua rivale storica, la Moto Guzzi.
Quest’ultima, dopo i successi ottenuti col Dingo, tenta
anch’essa
di rinnovarsi con i nuovi Cross e Nibbio a 5 marce che non solo non ottengono
particolari consensi, ma segnano anche l’ultimo capitolo della Casa di
Mandello tra i 50 cc. Per tutti questi motivi i piccoli nati ad Arcore
meritano oggi considerazione e un posto nella storia e nelle vicende industriali
della motocicletta.
Il debutto
All’inizio degli anni 70 il fuoristrada, inteso sia come Regolarità sia
come Moto-cross, è in gran voga. Indovinatissima quindi la decisione di
debuttare con un ciclomotore di questo tipo nell’effervescente segmento
dei 50. Il 5V Trial viene presentato a sorpresa alla metà del 1971 al prezzo
di 184.000 lire franco fabbrica.
Si tratta di una cifra allineata alla principale concorrenza: ad esempio
il Garelli Tiger costa 177.000, il Fantic TX9 Caballero P6 tocca le 198.000
lire, la Guazzoni Matacross S addirittura le 240.000. Restano più economici
i 50 cc derivati da progetti degli anni 60, come il Benelli Trial (155.000
lire) o il Moto Guzzi Dingo Cross (149.500). Poco dopo il 5V Trial viene
affiancato da 2 versioni da strada che montano lo stesso motore, con però
il cambio a 4 rapporti, chiamate 4V e 4V Super a seconda
dell’allestimento,
ed in vendita rispettivamente a 156.000 e 172.000 lire. Una novità è
pure la vivace campagna pubblicitaria (in questo la Piaggio si dimostra
insuperabile) dove si sottolinea il carattere dinamico e libero delle nuove
moto, sempre circondate da ragazzi spigliati ed allegri, che ne
rappresentano
il “target” principale.
Lo slogan, azzeccatissimo, è “falli impazzire col tuo arrivo
Gilera!”
Difficile resistere. Non si perde però di vista neppure la descrizione
tecnica, con le pagine di Motociclismo occupate da immagini particolareggiate
degli elementi costruttivi e non facendo segreto delle prerogative del
motore e della ciclistica, fatto nuovo soprattutto per la Gilera da sempre
riservata ed “avara” di informazioni. Sono anni però dove non si
possono
più presentare le prestazioni vere, accreditate alle cosiddette versioni
Export, e la Piaggio, come tutte le grandi Case, è ligia al Codice. Così
ai ragazzini fa sorridere leggere di una compressione di appena 5,5:1 e
di una potenza inferiore a 1,5 CV. Ma tanto si sa come tirar fuori la
vera potenza e la stessa Gilera recupera credibilità presso i più giovani
rendendo disponibile dai concessionari il ben noto kit
7HP.
Look moderno
La linea del nuovo Trial è svelta ed elegante. Vi si ritrovano vari punti
di contatto con le 125/150 Arcore, il che anticipa l’attuale concetto
di “family feeling” e permette di identificare rapidamente la Marca.
Nei primi 2 anni di produzione è offerto solo nella tinta
“caffelatte”
abbinata al bronzo del telaio.
Dal ’73 lo si può avere, con un supplemento di prezzo, anche tutto in
rosso metallizzato, mentre il costo sale a 199.000 lire. Al Salone di Milano
del novembre 1973 viene presentato l’erede del Trial, il 50 Enduro,
valorizzato
da una linea più moderna che ricorda da vicino quella grintosa e vincente
dei contemporanei modelli ufficiali da Regolarità di cilindrata superiore.
Interessante la nuova sistemazione della marmitta che passa sopra la
testa del motore fuoriuscendo sulla destra senza interferire con la gamba
del pilota. Per il resto l’Enduro non si discosta dal Trial,
riprendendone
il motore e la ciclistica. Mentre le versioni da fuoristrada saranno
contrassegnate
da un ottimo successo di vendita, quelle da strada non otterranno analogo
gradimento, non per intrinseci difetti meccanici o estetici, ma per la
tipologia stessa della moto in quanto la stragrande maggioranza degli
acquirenti,
costituita in quei primi anni 70 dai quattordicenni, preferisce di gran
lunga l’anticonformista “motorino da cross” che
offre la possibilità
di praticare uno sport nuovo e dona un maggior senso di libertà.
La Gilera è la prima fra le grandi Case a proporre un 50 cc di nuova
generazione,
in grado di rivaleggiare, almeno a livello di immagine, con le
vivaci
proposte dei costruttori più piccoli che montano i motori Minarelli o Franco
Morini. Il motore 2 tempi dei nuovi “Gilerini” colpisce
dunque nel
segno grazie ad una linea moderna e sobria. Il progetto si deve
all’ingegner
Luigi Piazza e risale all’era pre-Piaggio, anche se poi i tecnici della
Casa di Pontedera lo rimaneggiano per farlo rientrare nella categoria dei
ciclomotori. Il gruppo testa-cilindro, inclinato in avanti di 15°, ha
l’alettatura
molto estesa con forma definita “a ventaglio”, simile a quella del
prototipo
di 50 cc da Regolarità che ha corso nella stagione 1971 con Fausto Oldrati.
La camera di scoppio ha una nicchia per consentire la più rapida combustione.
Il cilindro ha la canna cromata e le misure di alesaggio per corsa sono
leggermente lunghe, 38,4x43 mm per 49,8 cc effettivi, compressione 5,5:1
per il Trial, 6,35:1 per l’Enduro, e potenza massima 1,4 CV (DIN)
a
4.500 giri nel pieno rispetto del Codice della strada.
Le modifiche
All’inizio del 1973 vengono apportate al motore del Trial una serie di
modifiche che saranno mantenute sulla produzione futura: infatti viene
adottato un nuovo volano magnete di maggiori dimensioni, che comporta una
nuova forma esterna del coperchio sinistro del carter con la bombatura
rotonda del volano, le alette della testa sono unite da ponticelli a funzione
antivibrante che diminuiscono le risonanze, le sedi dei cuscinetti di banco
sono rinforzate con nervature e, infine, si sposta in posizione arretrata
e più agevole da raggiungere il tappo d’immissione dell’olio.
Il carburatore è uno striminzito Dell’Orto SHA 14/9 per cambio e
trasmissione
sul coperchiodestro del carter con filtro a cartuccia di carta contenuto
nella scatola d’aspirazione sotto la sella. Sul carburatore si
trova
il dispositivo a levetta a scatto per lo starter che agisce su un diaframma
che riduce il diametro dell’aspirazione.
Come da tradizione, finito il rodaggio il piccolo SHA veniva regolarmente
sostituito... e così si metteva fine all’agonia di viaggiare a 40 km/h.
Il telaio è un classico doppia culla chiusa con triangolatura centrale
razionalmente sfruttata come cassetta d’aspirazione del carburatore e
come vano porta attrezzi. Il telaio, di nitido disegno, non si distingue
per la presenza di estesi fazzoletti di rinforzo nei punti critici, a parte
l’attacco del forcellone e degli ammortizzatori posteriori, risultando
così un po’ debole, se sottoposto agli stress del fuoristrada, in
corrispondenza del cannotto di sterzo, dove si attaccano i tubi della doppia
culla. Una piccola differenza tra il telaio del Trial e quello
dell’Enduro
è riscontrabile a livello dell’attacco alla culla, presso il
cannotto
di sterzo, dei due tubi che sorreggono sella e serbatoio: mentre nel Trial
seguono il profilo inferiore arcuato del serbatoio, nell’Enduro i due
tubi sono rettilinei fino alla saldatura alla culla.
Altro piccolo “deficit” del Trial sono le pedane fisse per cui più
vulnerabili
in caso di caduta, mentre sull’Enduro sono ribaltabili obliquamente e
dotate di mollette di ritorno.
È previsto il solo cavalletto centrale ma, dato il peso contenuto in circa
73 kg a vuoto per entrambi i modelli, non è difficile azionarlo. Una
bella forcella Ceriani caratterizza l’avantreno, mentre al posteriore
sono montati, piuttosto verticalmente, gli ammortizzatori Ceriani regolabili
su 3 posizioni. Si tratta di componenti di medio livello, però per il solo
fatto che hanno il nome Ceriani in bella evidenza acquistano una valenza
in più e per i giovani motociclisti questo può anche fare la differenza.
La culla rialzata del telaio e l’escursione molleggiante conferiscono
al Trial e all’Enduro un’ottima luce a terra che, unitamente
alla
marmitta rialzata, consente anche i più difficili passaggi fuoristrada
senza pericolo di dannose toccate al suolo.
In più sull’Enduro è montata una piastra paramotore simile a quella del
50 6V Competizione. I cerchi, in acciaio cromato, sono da 19” anteriore
e 17” posteriore calzati da pneumatici 2.50-19” e
3.00-17”. Sul
Trial la gomma davanti è solamente scolpita, mentre la posteriore è artigliata;
sull’Enduro sono entrambe artigliate. I mozzi sono in lega leggera con
tamburi centrali di buona funzionalità e sono forniti di alettatura centrale
per il raffreddamento.
La 7 Hp
Difficile comprendere, oggi come allora, la scelta della Gilera di offrire
in Italia un modello di soli 50 cc, quindi in pratica un ciclomotore, targato
e per di più di potenza relativamente bassa. Prodotto in 2 versioni denominate
7HP 5V Trial, venduto a 190.000 lire, e 7HP 5V Touring, rispettivamente
da fuoristrada e da strada, compare nei listini già nel 1971, per uscirne
8 anni dopo, anche se la produzione si conclude nel 1974.
Le uniche modifiche apportate sono quelle già descritte per il Trial Codice
ed introdotte all’inizio del 1973, anno in cui i prezzi sono di 205.000
(Trial) e 193.000 lire (Touring). L’unico colore disponibile per
il
Trial è il giallo acceso con telaio blu, mentre per il Touring è previsto
l’azzurro metallizzato, sempre con il telaio blu. I 50 cc targati
e con potenza libera godono però di un discreto successo all’estero e
quindi l’operazione 7HP viene probabilmente giustificata dal tentativo
di ottenere lusinghiere vendite in Paesi come la Francia e la Germania.
D’altronde la Garelli, ai tempi solido ed affermato produttore di ottimi
ciclomotori di tutti i tipi, ha in catalogo nello stesso periodo una moto
simile: è il KL 80 E, che monta il motore da 80 cc derivato dal 50;
dà le stesse prestazioni del Trial 7HP, ma con la “soddisfazione
psicologica”
di quei 30 cc in più.
Ci prova anche la Benelli con i 90 Trial e Turismo, ma nessuno di questi
Costruttori ottiene in Italia un particolare successo abbandonando ben
presto questa strada. Tornando alla Gilera targata, non ci sono
differenze
di rilievo con le versioni Codice. Il motore è lo stesso con però una
maggiore compressione (11:1 contro 5,5:1), ottenuta grazie alla testa abbassata
e al carburatore Dell’Orto SHB 18/18; differenti sono anche rapporti della
trasmissione finale. Le modifiche alzano la potenza a 6,25 CV a 7.500
giri e la velocità a 75 km/h per il Trial e 83 km/h per il Touring.
Telaio,
sospensioni e freni sono quelli dei modelli Codice. Solo le ruote del Touring
sono differenti, con gomme da 2.50-17” e 2.75-17”.
Ma il 50 codice diventava facilmente un 7HP..
Nel complesso, quindi, niente di più delle prestazioni offerte da un 50
con una buona elaborazione. C’è infine da ricordare che presso i
concessionari
Gilera era disponibile il kit con tutti i particolari per trasformare
il 50 Codice in 7HP (testa compressa, guarnizione, collettore e carburatore
da 18/18, pignone da 14 anziché da 12, nonché le indicazioni per le modifiche
da apportare al tubo di scarico ed alla scatola del filtro dell’aria),
senz’altro un “best seller” per i gileristi in erba.
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