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25 November 2008

Gerald Kiska, proprietario di Kiska Design e “stilista” delle moto austriache, spiega i perché di KTM

Abbiamo intervistato Gerald Kiska, autore dello stile delle più famose KTM, che ci ha raccontato come sono nati alcuni dei progetti della Casa austriaca e la sua visione di designer: “Il motto del mio primo maestro: ‘Tutto quello che non puoi schizzare in 3 righe non è design’”. “Il design non ha a che vedere col nostro gusto personale, ma è un’arma strategica per comunicare messaggi”.

Piccoli studi crescono






Milano 25 novembre 2008
PICCOLI STUDI CRESCONO In occasione del DDay di settembre, l’incontro con tutti i designer di moto più famosi del mondo abbiamo avuto modo di intervistare Gerald Kiska, proprietario dello studio Kiska Design e a autore, insieme con il suo staff, dello stile delle più famose moto KTM. Kiska ci ha raccontato come è nato il suo studio, come lavora un designer, quali sono le maggiori difficoltà da affrontare e ci ha rivelato tutti i segreti che hanno fatto delle moto austriache un elemento di rottura con i canoni classici del design. La Kiska Design è nata in sordina nel 1990, inizialmente era invisa e persino irrisa per la sua scelta delle linee squadrate. È identificata con KTM, ma ha lavorato anche per gente come Piaggio, Aprilia e Guzzi, ed è arrivata nel 2008 alla bellezza di 110 dipendenti.


Bella grande, no?

“Altroché. Non pensavo nemmeno che fosse possibile, solo due anni fa”.


E poi cos’è successo?

“Beh, nuovi clienti, nuove commesse. Soprattutto, le ruote si sono moltiplicate: da due a quattro. Abbiamo già lavorato in passato per Hyundai e Honda auto, ora abbiamo nuovi clienti, in Germania: ma non posso ancora dire chi sono. Proprio in questi giorni ci stiamo spostando nella nuova sede, 5.000 metri quadrati. Davvero non pensavo fosse possibile”.


Kiska viaggia come un siluro in moto, ha girato con noi su un itinerario verso il Lago di Come, è una persona sorridente ed modesto in tutto, salvo quando si parla di design. Allora diventa deciso e tagliente come le sue KTM.

“Ma io non mi identifico con lo stile affilato. Quella è una scelta pensata apposta per KTM, per rendere in qualche modo visibili l’anima e il cuore del marchio. La trovo perfetta per una Casa così ‘hard’, e continueremo a sviluppare questo linguaggio. Del resto pare che questa idea abbia avuto successo: Honda, Yamaha e soprattutto Kawasaki e Aprilia sono diventate negli anni un po’ più spigolose. Basta guardare come è cambiata la RSV dalla prima alla seconda serie…”

Pionieri del design






PIONIERI DEL DESIGN Lei come trova le Case giapponesi, che all’opposto di quelle europee non hanno designer né tecnici riconoscibili, e tengono tutto nascosto dietro una tenda nera?


“Dietro quella tenda ci sono persone, però. Certo, lavorano in gruppo; ma anche da me si lavora molto in gruppo: sulle KTM hanno lavorato almeno 15 ragazzi diversi, tuttavia i risultati sono coerenti. Comunque è vero che la consapevolezza dell’importanza del design nella moto è un fatto piuttosto recente, e forse nemmeno del tutto acquisito. Castiglioni è stato il primo ad assumere designer professionisti – Galluzzi e Terblanche – e a portare il design all’interno della sua azienda. Prima ci si affidava solo a società di consulenza, come la mia”.


Come si spiega le ragioni del vostro successo?

“Le persone. Tutti sanno fare uno schizzo al PC, ma la qualità non è da tutti, e i miei ragazzi sono selezionati e lavorano duro. Il design è un ambiente difficile, è un po’ come essere in Formula Uno: tutti vogliono vincere, e per emergere oltre ad essere bravo devi anche capitare sulla vettura giusta al momento giusto”.


Si direbbe che con KTM anche lei sia salito sulla vettura giusta al momento giusto…

“Mentirei se dicessi di no. Ma non è stato comunque facile: loro sono stati i miei primi clienti del settore moto e un anno dopo, nel 1991, hanno fatto bancarotta. Quando sono ripartiti erano 160 in tutto, noi solo in 4: ora siamo 2.000 e 110 rispettivamente. Per loro abbiamo sempre fatto tutto: lo stile delle moto, l’abbigliamento, le campagne pubblicitarie. La svolta è venuta con la SuperDuke, la prima moto in cui ci hanno riconosciuto per il design, per il diverso approccio: e si è cominciato a parlare di noi. Ma abbiamo lavorato per molti clienti diversi, perfino per Vespa”.

Le regole ed i gusti di Kiska






LE REGOLE E I GUSTI DI KISKA Lavorate anche in modo diverso dagli altri?

“Non direi, anche se ho fatto mio il motto del mio primo maestro: ‘Tutto quello che non puoi schizzare in 3 righe non è design’. Anche la RC8 sta tutta nelle 3 linee che definiscono il fianco… Poi guardiamo molto le altre moto, ne studiamo le superfici, l’ergonomia, le guidiamo. Sono un fan del modo tradizionale di fare, col clay: la moto io la voglio toccare, sedermici sopra dopo che l’ho scolpita”.


Quali sono le sue moto preferite al di fuori di KTM?

“La Ducati 916 resta un capolavoro irripetibile, fuori dal tempo. Poi mi piace la Benelli TnT”.


Ducati?

“Finita l’era Terblanche, anche Ducati sta recuperando coerenza. È interessante il fatto che i tre designer di casa crearono all’inizio tre moto diverse, ma coerenti fra loro: la Monster (Galluzzi), la 916 (Tamburini) e la Supermono (Terblanche). Poi Terblanche prese in mano tutto, e supportato dalla dirigenza
(Bordi e poi Minoli, ndr) portò l’azienda da un’altra parte, dalla parte che aveva in mente lui. Ma la prima regola dell’industrial design è che è l’azienda che deve contare, non tu. Se c’è una forte continuità storica, la devi rispettare. Terblanche è stato troppo egocentrico”.

Futuro KTM






FUTURO KTM Ora però dovrebbe arrivare una nuova nuda su base 1098. Immaginiamo che la Venom sia la vostra risposta.

“Ci stiamo ancora riflettendo. Non siamo sicuri che una nuda da 160 CV sia la cosa giusta da fare. Credo comunque che il mercato si dividerà in due: uno per i mezzi di trasporto più o meno utilitario, e il terzo superiore per chi vorrà guidare davvero, e chiederà qualcosa di speciale a questo scopo. Lì bisognerà vedere quale sarà la soluzione migliore per i clienti: per esempio personalmente non amo le 4 cilindri 600: alla fine sono divertenti solo in pista, e per andare dal panettiere ti obbligano a fare 14.000 giri”.

Frontiere del design






FRONTIERE DEL DESIGN La RC8 è il tentativo di fare una sportiva diversa, più facile da guidare e originale anche stilisticamente.


“Ci siamo ispirati al caccia Stealth, lo strumento tecnico più avanzato del mondo, che si muove ad altezze e velocità diverse da quelle degli altri aerei. Siamo partiti da linee molto pure nella parte centrale, la parte superiore era molto meno importante e la coda è verniciata in nero per farla ‘scomparire’. Questa moto, come la vedo io, potrebbe finire col serbatoio!”


Qualcuno ha espresso il dubbio che, come tutte le provocazioni, possa stancare presto.

“Posso solo rispondere che noi crediamo nel progresso. E in KTM ci va di lusso: facciamo un prodotto di nicchia, non è necessario piacere a tutti e si può osare, anche a costo di dividere le opinioni. E poi si fa sempre l’esempio della MV F4, che non è cambiata negli anni: è vero, ma è vero anche che le sue vendite sono calate costantemente”.


In effetti la RC8 ci sembra meno di rottura, per esempio, della 690 Supermoto.

“Che voleva infatti esserlo: era il primo nuovo monocilindrico KTM da anni, ed era pensata per clienti nuovi, del tutto diversi da quelli tradizionali. A due anni di distanza, penso che sia successo proprio quello che avevamo previsto per questa moto”.

Dei Cinesi






DEI CINESI Avete la stessa libertà con i cinesi? Voi siete coinvolti nel progetto Generic (R&D a Taiwan, stile in Austria e produzione in Cina) e disegnate scooter per QianJiang, i proprietari della Benelli.


“QianJiang è una delle poche aziende cinesi a voler far bene il suo mestiere, lavorando con loro da 6 anni abbiamo imparato a conoscerci a vicenda e ad evitare errori, lentezza. C’è coerenza anche nelle nostre relazioni. Ma in Cina al momento non vedo alcuno stile né alcun marchio emergenti. È vero che anche i giapponesi sono partiti copiando e ci hanno messo un decennio per tirar fuori la CB 750, ma la cultura cinese è completamente diversa: non si pensa a migliorare la produzione europea, ma a vendere e far soldi.”


In Cina ci sono meno preconcetti, diverse aspettative e diverse esigenze, che sembrano favorire la moto elettrica. Lei cosa pensa in proposito?

“Che questo tipo di propulsione aprirà nuove possibilità. Ma credo che l’ergonomia della moto, la sua struttura, sia già molto evoluta, quindi cambierà poco.”
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