Nel 2010 abbiamo organizzato la comparativa delle supersportive ad Alcaniz, in Spagna, al Motorland Aragon. Avevamo fatto le cose in grande, come sempre. Pista opzionata in esclusiva per tre giorni, un’ottantina di persone coinvolte tra meccanici delle Case, gommisti, tester, fotografi e cameraman, e chi più ne ha più metta. Peccato che la fortuna si era girata dall’altre parte, in quei giorni. E su di noi aveva messo gli occhi la sua socia, quella che inizia con “sf” e finisce con “a”. In sostanza, nevica. Nevica, sì. È tutto pronto, box allestiti, moto sotto termocoperte, piloti intutati, meccanici coi cacciaviti in mano. Per niente. Il primo giorno lo passiamo così: guardandoci negli occhi, e poi guardando fuori dal box, verso il cielo. Che continua a scaricarci addosso bei fiocchi natalizi. Il giorno successivo, stessa scena. Lunghe ore a far nulla - a parte prendere freddo - confidando in una schiarita. Che non arriva. Il terzo e ultimo giorno le previsioni promettono cielo sereno, così all’alba ci facciamo trovare in pista per fare le foto “ambientate”, quelle con le moto schierate. È un’operazione lunga. Il problema è che molti di noi (per fortuna non il nostro tester di riferimento) non conoscono la pista, quindi dobbiamo iniziare a girare al più presto. Ce la facciamo. Un po’ al limite ma ce la facciamo. Abbiamo giusto il tempo di familiarizzare con la pista, fare le foto dinamiche e rilevare i tempi. Un istante prima di iniziare a girare, Fede Aliverti si raccomanda. “Ragazzi, abbiamo i secondi contati. Una sola caduta e siamo nei guai.” Nessun problema, penso tra me e me. Starò attento. Niente cavolate.
Entro in pista. Che meraviglia. Si sale, si scende, curvoni veloci, traiettorie difficili. A un certo punto mi trovo di fronte a un rettilineo colossale, lunghissimo, largo, assolato. Il tamarro che c’è in me prende il sopravvento: un colpo di gas e la KTM RC8 che guido punta il cielo con la ruota anteriore. Wow. Seconda. Terza. Spettac...
WHAM. Una ventata di vento improvvisa mi prende in pieno di lato, inclinando la moto in modo pericolosissimo. Chiudo il gas, ma nel momento in cui atterro la Kappa è tutta storta, col muso che guarda l’esterno della pista. Lo sterzo prende sotto, sento il fischio della gomma anteriore che striscia sull’asfalto. È un istante che dura un’ora. L’ho distrutta dopo 2,5 km, penso. Fede mi attaccherà con una corda alla Ducati e mi trascinerà per tutta la pista. Oppure mi fracasso e basta. Non so come, e ripeto, non ho idea di quale fortuito fenomeno fisico intervenga, l’anteriore riprende aderenza, sbalzandomi dalla sella. Atterro sul serbatoio a gambe aperte, ricevendo l’equivalente di un calcio alle parti basse. Mi si mozza il fiato. Ma sono in piedi.
E nessuno si è accorto di nulla.
(PRESTO LA SECONDA PARTE)