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Storie: com'è nata la Fantic Chopper 50

Gli Anni 70, periodo di ribellione e anticonformismo che si respirava per strada, nella moda, nei comportamenti, nella musica, nella cultura... e anche in moto: il mito del chopper arriva dall'America e in Brianza si prova a italianizzarlo

Fantic Motor Chopper 50: la campagna pubblicitaria fu scattata anche in piazza Duomo, a Milano; le tante insegne ora non esistono più, ma davano un sapore americaneggiante 

All american boys

Io di questa roba ne venderò zero! Certo che se il tuo direttore commerciale, quello che deve piazzare le tue moto, ti gela sull’istante con queste parole, diciamo pure, un filo crude, un qualche dubbio sulla tua splendida idea ti dovrebbe venire.

Ma tu sei Henry Keppel, l’inventore del Caballero del 1970 (che in quegli anni nelle vendite va fortissimo tra i ragazzini) e sei sicuro che la nuova creazione, piena di lucide cromature e zeppa di riferimenti del mondo yankee, sarà un altro best seller: il Chopper 50 di Fantic Motor.

Da Daytona con furore

Keppel, olandese che arriva dalla Garelli e che crea con Mario Agrati il fenomeno Fantic Motor, ci vede lontano un chilometro e ne fiuta il potenziale verso i giovani. L’intuizione di questo strano veicolo che fa molto figli dei fiori si manifesta dopo un viaggio negli States. Siamo in Florida, a Daytona Beach, dove si corre la 200 miglia sull’anello di alta velocità e dove pure si radunano migliaia di chopperisti con le loro moto dalla lunga forcella.

Così Henry Keppel racconta quel momento magico: “Daytona è il cuore pulsante dell’America motociclistica. Una delle cose che più mi colpirono era la sterminata marea di chopper che da noi non si vedevano se non sulle pagine delle riviste. Ce ne erano a migliaia parcheggiati nella Main Street di Daytona, uno spettacolo eccezionale. I chopper erano i veicoli più ammirati, quelli che trasmettevano maggiore senso di libertà ed anticonformismo. Ma come replicare queste moto dalle nostre parti? Abbiamo dovuto farci tutto in casa perché non c’era un telaio pronto, una forcella così lunga e neppure il gommone posteriore. Anzi, quando lo abbiamo commissionato alla Pirelli, questi hanno pensato a un nostro errore, né credevano che lo volessimo veramente. Il nostro Chopper non era affatto un veicolo improvvisato, ma era studiato nei minimi particolari. Per esempio, le pedane sono state realizzate utilizzando delle molle che annullavano le vibrazioni, oltre a essere assolutamente originali nel disegno. Certo ci siamo ispirati ai chopper ‘veri’ che vedevamo sulle riviste americane o a quelli che avevo fotografato a Daytona. Abbiamo ricavato una quantità di dati, di idee, poi le abbiamo distillate e messe in pratica, devo dire senza eccessi o varie pacchianerie. Il Chopper della Fantic esprimeva prima di tutto una gran simpatia, era, direi, ‘italianizzato’. Un po’ come i western di Sergio Leone che si ispirano alle migliaia di film americani, ma sono inconfondibilmente italiani”.

L’audace idea di Keppel non è stata del tutto apprezzata in Italia, mentre ha avuto largo seguito in altri Paesi: in Francia in un mese si sono venduti 1.000 esemplari. “Le moto – ricorda Keppel – non facevano in tempo a entrare in concessionaria che uscivano dalla vetrina”. Il Chopper resta in listino dal 1972 sino al 1975 e ne vengono costruiti 15.000 esemplari di 50 cc e 7.000 pezzi del modello 125.

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