Gianfranco era il più vecchio, Claudio il più giovane; Gianfranco era un ariete, non si fermava davanti a nulla, Claudio aveva le moto nel sangue e sapeva realizzare vere opere d’arte. Insieme a tecnici dalla straordinaria esperienza, a talenti unici nella meccanica e nello stile (uno per tutti Massimo Tamburini), hanno costruito vere icone.
Anche il maggiore dei due fratelli - Gianfranco - ci ha lasciati, dopo lunga malattia, lo scorso 10 novembre, mentre Claudio non è più tra noi dal 2011. Li dividevano cinque anni di età, ma avevano in comune una straordinaria passione per la moto e ancora di più per le competizioni. Venivano da un mondo che aveva la meccanica sulla pelle: l’industria di famiglia che si occupava di minuterie metalliche, la Cagiva ovvero CAstiglioni GIovanni VArese.
I fratelli lombardi entrano nel Motomondiale nel 1977 sponsorizzando il team Life di Alberto Pagani, figlio di Nello, iridato della 125 nel 1949 con la Mondial. Il pilota è Marco Lucchinelli, la moto è una Suzuki 500 quattro cilindri. Nel 1978 Pagani decide di non andare oltre con le gare e l’intero materiale della squadra viene rilevato dai Castiglioni. Si organizza una struttura, dove si ritrovano un gruppo di tecnici ex Aermacchi e MV Agusta. Lucchinelli si piazzerà al nono posto, con il miglior risultato di un terzo gradino del podio al Nazioni al Mugello. Il 1978 è pure l’anno che segna la svolta di Cagiva: il 2 ottobre dalle ceneri di Aermacchi (che poi erano sempre quelle raccolte da Harley-Davidson nel 1972 dallo scorporo dall’azienda aeronautica), nasce una nuovo Marchio delle due ruote.
Sarebbe meglio dire che i Castiglioni più che subentrare alla Harley, “salvano” letteralmente la fabbrica della Schiranna – e i suoi lavoratori (circa 150 dipendenti) - da una irreversibile chiusura. La produzione spinge inizialmente sul fuoristrada e viene costruita una 250 2T da Regolarità (102 kg, 34 CV) che presenta sul serbatoio entrambi i marchi H-D e Cagiva, ma alla fine del 1979 il logo americano scompare del tutto. I Castiglioni investono nell’ammodernamento delle strutture della fabbrica e nello sviluppo di nuovi modelli.
L’aggiornamento di gamma si basa su motori 2T monocilindrici, da 125 e 350 cc, ma ai fratelloni di occuparsi di moto da cross e stradali 125 non basta. Si vuole andare a competere direttamente con i giapponesi, così viene siglato nel 1983 un accordo settennale con la Ducati per la fornitura dei motori bicilindrici ad L da 350 a 1.000 cc, con un potenziale di 14.000 propulsori per il 1986. Contemporaneamente a Bologna si cessa la produzione delle moto (circa 5.000 pezzi all’anno), ma solo due anni dopo il pacchetto di maggioranza dell’azienda di Borgo Panigale passa dalla Finmeccanica a Cagiva: siamo al via di una nuova stagione di grandi moto bolognesi. Nuovamente si può dire che l’intervento dei Castiglioni è stato fondamentale per la sopravvivenza di una fabbrica, perché la Ducati sarebbe cessata di esistere.