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Moto dimenticate: Ariel Leader 250

Il periodo post bellico fu un momento di forte fermento: c'era da ricostruire un mondo devastato dai bombardamenti. E c'era tanta voglia di muoversi in libertà e in praticità. Le due ruote erano la risposta ideale, e gli incroci (oggi diremmo crossover) delle chimere che non sempre funzionarono. Come la Ariel Leader 250, la "moto vestita"

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Ariel Leader 250 del 1958

La matematica non è un’opinione, ma la Storia insegna che non sempre due più due fa 4, e nel piccolo mondo della moto a volte è accaduto che il risultato fosse 3… Un tipico esempio viene dalla Ariel Leader 250, bicilindrica 2 tempi presentata nel 1958 come “la più straordinaria moto prodotta dall’industria inglese”.

In tempi di declino dell’Impero, mentre il ricordo della seconda guerra mondiale ancora non era sbiadito e la richiesta di mobilità si faceva sempre più ampia anche nelle classi meno abbienti, si tentò la strada della moto “vestita”. Una sorta di animale mitologico mezzo moto e mezzo scooter (ma un po’ anche automobile…) che avrebbe dovuto unire i pregi delle due (tre?) tipologie. A volte però accade che l’entusiasmo per un’idea porti a non considerare il rischio che, oltre ai pregi, delle due categorie si possano unire anche i difetti. E quando la cosa si fa lampante, è troppo tardi.

Nel 1958 l’Ariel, gloriosa Casa inglese, fa ormai parte del gruppo BSA, secondo la logica di concentrazione di marchi che è comune ai mondi auto e moto di Sua Maestà. Una concentrazione che dovrebbe aiutare a farli vivere tutti nel nuovo mondo uscito dalla seconda guerra mondiale, invece contribuirà al loro declino definitivo. Alla dirigenza Ariel viene l’idea, ripresa dagli anni Venti, di creare una moto che abbia la tipica economia di gestione unita alla praticità della carrozzeria dell’automobile, che ripara dagli agenti atmosferici e dallo sporco.

“Gira come una turbina”

Così la nuova Leader è quasi completamente chiusa, con motore e telaio invisibili alla vista e un riparo aerodinamico pressoché totale. E non è tutto: dove di solito c’è il serbatoio della benzina, qui troviamo un capiente bagagliaio! La benzina è sotto la sella, insieme agli attrezzi e alla batteria. Dietro i pannelli della carrozzeria, facilmente staccabili, si nasconde il bicilindrico a 2 tempi di 250 cc che, secondo la stessa Ariel “gira come una turbina, silenzioso, dolce e potente tanto da portarvi fino a 112 km/h consumando poco carburante”, come recita il comunicato stampa dell’epoca.

Tutto bello, insomma. E dunque, perché l’Ariel Leader non ebbe il successo sperato? Forse perché… non sembrava una moto! Riparava dall’aria e dall’acqua, è vero; aveva un’ottima capacità di carico, è altrettanto vero. Però non aveva l’abitabilità né la comodità di un’automobile, e nemmeno l’agilità e la bellezza di una motocicletta normale.

Pesava tanto e i pregi sotto il profilo della praticità erano di gran lunga compensati in negativo dai difetti sotto lo stesso profilo: la manutenzione, anche quella ordinaria era ben più complicata del solito. Ed erano tempi, quelli, in cui i motociclisti si prendevano cura del proprio mezzo nel garage di casa. Così quella che doveva essere una Leader divenne… una Arrow (freccia) spuntata: così chiamarono in Ariel la versione scarenata della stessa moto. Un rapido ripiegamento pensato per cercare almeno di ammortizzare i costi di produzione elevati causati dai macchinari realizzati appositamente per la produzione delle Leader. Che non condussero l’Ariel dove la sua dirigenza sperava.

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