Per notare le differenze tra i due motori, e il vantaggio in termini di ciclistica, Energica ci ha preparato due Eva Ribelle: la versione equipaggiata con il vecchio motore, e quella nuova, con l’EMCE. Conosciamo bene la “vecchia” Eva, ma ogni volta riesce a stupirci: è impossibile spuntare uno stacco da fermo senza che intervenga il controllo di trazione, pur impostato sul livello meno invasivo. Nei primi cinquanta metri si attiva per sedare qualche pattinamento, anche se il grip viene assicurato dalle Pirelli Diablo Rosso III; in seguito, grandissima libidine, modera i tentativi di decollo (davvero, se non chiudi il gas te la metti per cappello), facendola galleggiare con la ruota anteriore che sembra sfiorare l’asfalto, roba da MotoGP all’uscita di una secca variante. L’erogazione è particolare: l’effetto più sorprendente è la coppia, che a una partenza bruciante associa dei medi strepitosi, lasciano senza fiato lanciandoti da 50 km/h a velocità autostradale in pochi secondi. Ora passiamo alla nuova Eva Ribelle. È calata di peso ma resta sempre una solida Energica: sono 260 kg e te ne accorgi quando la tiri su dalla stampella. La posizione di guida è la stessa: bella sportiva, con le pedane arretrate, l’impugnatura comoda; mancano un po’ di comandi, la frizione, il cambio, ma ci si fa l’abitudine molto presto, anzi prestissimo. Un click sul pulsante che arma il motore elettrico e si va. Per scoprire la differenza tra i due motori occorre staccare il controllo di trazione perché anche qui, come sulla vecchia Eva, entra in azione sempre, anche sul meno invasivo livello 1, e la prestazione è limitata dai tagli alla coppia. Quindi togliamo tutto e mappa Sport: così la Eva Ribelle RS offre in pieno il suo potenziale, e vi possiamo assicurare che è un’esperienza da provare. I primi tre metri sembra sgranchirsi le gambe, poi parte con una progressione da far paura, come se fossi in prima marcia in sella a una delle più potenti streetfigther con il motore fisso a 9.000 giri/min. Solo che sulla Eva da zero a cento, velocità in cui arrivi in 2,6 secondi, non cala nulla, né ci sono passaggi di rapporto che seppur velocizzati dal miglior quick-shift fanno respirare. Qua si va da zero al massimo in totale apnea. Difficile raccontare la differenza di prestazioni tra i due motori perché entrambi regalano un’accelerazione mozzafiato lanciandoti in pochi secondi a velocità che non ti aspetti. Ci sono però due differenze, e sono importanti. La prima è nell’erogazione e nel controllo: la nuova Eva ha una spinta perfettamente lineare e il collegamento cervello-acceleratore[1]motore è immediato e preciso, tanto che le immancabili impennate (che senza il traction si innescano anche raggiunti i 100 km/h…) si gestiscono con grande facilità, giocando con l’acceleratore. Anche il controllo della precedente versione è da manuale, ma l’erogazione è meno omogenea, più prudente (ma di un’inezia) fino a circa 50 km/h, poi brutale. Non si può parlare di un’entrata in coppia, ma di una curva di accelerazione con qualche leggera ondulazione. L’altro vantaggio è nella guida. Come detto la Eva ha sempre una massa notevole, ma la nuova distribuzione dei pesi la rende più agile, effetto che noti subito quando imposti la prima curva: l’ingresso è più agevole perché scende in piega con facilità, richiedendo un minore impegno fisico e mentale. Poi la ciclistica resta sempre gustosa nel misto, dove la compatta distribuzione delle masse fa presto dimenticare il peso, sia nell’affrontare la singola curva, sia nelle variazioni di traiettoria. E tra una curva e l’altra si vola.