Quale concetto sta alla base della Diavel?
"Tutto parte da un progetto iniziato nel 2008 e concretizzato nel 2011 con la prima Diavel: era una moto strana allora e lo è ancora oggi. Difficile persino trovare una competitor. A suo tempo pensammo alla Yamaha V-Max, la prima 1200. Oggi vediamo la Triumph Rocket III e le nuove Harley- Davidson Softail… Ma per dinamica e ciclistica, la Diavel è tutta un'altra roba".
Certo è una moto estremamente di nicchia...
"Vero, eppure in questi anni ha portato 35.000 clienti: quindi è una nicchia che si è rivelata vincente. Per questo abbiamo deciso di continuare su questa strada. La Diavel ha avuto un ciclo di vita strano: di solito, quando presentiamo un modello nuovo, si fa il boom il primo anno e poi c’è un calo fisiologico nelle vendite negli anni successivi. La Diavel invece ha generato volumi costanti per sei anni di fila: 6.000 moto l’anno. Cosa stranissima per noi e per il mondo automotive in generale".
Come ve lo spiegate questo andamento?
"Il cliente della prima ora si è innamorato dell’estetica. Poi ha scoperto che è pure divertente e comoda. Il passaparola positivo ha sostenuto le vendite negli anni. Una moto nata solo come bellissimo oggetto d’arte, è diventato qualcosa di nuovo e vincente".
Quale è il target della Diavel?
“È un motociclista non giovanissimo, con possibilità economica, che vuole una moto originale, ma anche agilità e prestazioni, senza scordare il comfort. L'ergonomia è uno degli elementi chiave del successo di questa moto”.