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Ducati: la storia del Motore Desmoquattro (prima parte)

Il Desmoquattro è stato il primo motore Ducati con testa Desmo a quattro valvole per cilindro, iniezione elettronica e raffreddamento a liquido. Ripercorriamo la storia di questo propulsore che ha aperto la strada alle moto che per oltre vent’anni hanno dominato la SBK
1/28 Momento storico il 30 agosto 1986: il motore quattro valvole va al banco per la prima volta. I valori sono “prudenziali”: 79,38 e 82,18 CV, ma con la messa a punto la curva sale in modo deciso. Dopo un giorno di lavoro si arriva quasi a 93 CV (contro gli 88-90 della versione 851 cc del vecchio due valvole, usata in gara nel marzo 1986)

Grazie, Desmoquattro

Con la 1299 Panigale R Final Edition Ducati ha voluto celebrare un capitolo molto importante della propria storia, quello del bicilindrico a quattro valvole. Un motore che ha fatto la storia della Casa di Borgo Panigale e ha scritto pagine indelebili del Campionato Mondiale Superbike. Dalla prima vittoria di Marco Lucchinelli del 3 aprile 1988 con la 851 nella prima gara della storia del mondiale delle derivate dalla serie, al 2017 con le vittorie di Chaz Davies e Marco Melandri con la Panigale R, il bicilindrico di Borgo Panigale è sempre stato protagonista della SBK. Desmoquattro, Testastretta, Superquadro. In tre decadi il due cilindri Ducati quattro valvole con comando Desmodromico si è evoluto, equipaggiando moto che hanno sempre lasciato un segno nel segmento delle Supersportive conquistando 333 vittorie, 17 Titoli Costruttori e 14 Titoli Piloti. Dalla 851 alla Panigale R passando per la 888, 916, 996, 998, 999, 1098, 1198 e 1199.

Ora in Ducati si aprono le porte per il nuovo motore V4 (la moto probabilmente verrà presentata al GP di Misano, 7-10 settembre), ma prima di fare questo passo nel futuro ci sembra giusto omaggiare il bicilindrico Desmoquattro ripercorrendo insieme la storia di questo propulsore.
La Ducati 748 IE preparata per il Bol d’Or del 1986

Gli ultimi successi della Ducati 750 F1

Scrivetelo pure voi giornalisti: per vincere bastano ancora due valvole e due cilindri!”. È un Fabio Taglioni raggiante quello che il 6 aprile 1986 festeggia ai piedi del podio il successo di Marco Lucchinelli con la Ducati 750 F1 alla 200 Miglia di Misano, prova inaugurale del Mondiale F1. Grazie alla bicilindrica di Borgo Panigale l’ex Campione del mondo della 500 sta vivendo una seconda giovinezza, dopo le ultime deludenti stagioni passate in sella alla Cagiva che lo avevano portato ad un passo dal ritiro. A marzo si è imposto alla Battle of the Twins di Daytona, davanti agli idoli locali Jim Adamo (Ducati) e Gene Church (H-D “Lucifer Hammer”) e dopo aver piegato la resistenza dell’australiano Paul Lewis con l’esotica Norton-Quantel Cosworth. Passo deciso, guida pulita come ai bei tempi, Marco fa il vuoto alle sue spalle incoraggiato anche dai tifosi americani e con la sua vittoria suggella la rinascita sportiva della Ducati sotto le insegne della Cagiva dei fratelli Castiglioni. Dopo la gara di Misano, “Lucky” torna ancora negli States aggiudicandosi a Laguna Seca, nel mese di luglio, una prova del Campionato Americano AMA Pro-Twins e - per finire - in coppia con lo spagnolo Juan Garriga, a fine estate termina al secondo posto la 8 Ore di Jerez de la Frontera valida per il Mondiale Endurance, cedendo solo alla Honda RVF ufficiale di Igoa e Vieira, ma dopo aver sorpreso tutti in prova facendo segnare la pole position. Nelle mani di Lucchinelli la 750 F1 sembra volare e nessuno, almeno in apparenza, osa contraddire le affermazioni di un Taglioni ormai prossimo alla pensione, ma sempre presente nell’Ufficio tecnico Ducati con il ruolo di consulente nonché supervisore di tutti i progetti.
Marco Lucchinelli seguito da Jimmy Adamo, entrambi su Ducati 750 F1

Il bicilindrico a L della serie Pantah arriva al capolinea

Gianluigi Mengoli, insieme a Massimo Bordi, è uno degli autori del Desmoquattro. Mengoli è ancora in Ducati, dove ricopre il ruolo di Direttore tecnico Motore
In realtà le cose non stanno proprio così: la 750 F1, sia nella versione corsa che stradale, è ormai arrivata al capolinea. L’estrema evoluzione del bicilindrico a L raffreddato ad aria della serie Pantah ha bisogno di un valido erede per dare nuova vitalità alla produzione motociclistica dopo gli anni bui della gestione Finmeccanica, ma anche per tornare protagonisti nelle corse come richiede il blasone della Ducati. All’insediamento della Cagiva a Borgo Panigale, l’azienda può contare su un piccolo gruppo di ingegneri con tante idee nel cassetto, ma ancora senza le risorse necessarie per avviare un programma di sviluppo nel lungo periodo. Oltretutto, la voglia di rinnovamento è vista di cattivo occhio dallo stesso Taglioni, caratterialmente restio agli stravolgimenti – ma anche segnato dagli anni vissuti a contatto con la gestione statale - per accettare a cuor leggero grandi rivoluzioni, nonostante la nuova proprietà dei Castiglioni spinga in quella direzione. Ma è proprio in questo clima contraddittorio che avviene un vero e proprio miracolo, frutto del genio e dell’incoscienza di quei tecnici guidati da Massimo Bordi e Gianluigi Mengoli, capaci di progettare ed industrializzare in poco meno di due anni un rivoluzionario bicilindrico a V di 90° - il Desmoquattro, primo motore Ducati ad impiegare il raffreddamento a liquido, ad avere la testa Desmo a quattro valvole e a montare l’iniezione elettronica – alla base di tutte le fortune commerciali e sportive della Casa di Borgo Panigale degli anni Novanta e le cui soluzioni tecniche si possono ritrovare ancora oggi, a trent’anni di distanza, sui modelli più sportivi in produzione.

Ecco come ebbe inizio la storia del Desmoquattro

Massimo Bordi, insiema a Gianluigi Mengoli, è l'autore del Desmo quattro. Bordi ha lasciato Ducati nel 2000 con la carica di Direttore generale.
Le tappe di avvicinamento al Desmoquattro iniziano nell’ottobre del 1985 pochi mesi dopo l’arrivo della Cagiva, quando Mengoli e Bordi – che era entrato nell’Ufficio tecnico Ducati proprio grazie alla sua tesi di laurea sull’applicazione della distribuzione desmodromica ai motori con 4 valvole per cilindro - si mettono a studiare un nuovo bicilindrico ad alte prestazioni che, pur mantenendo il DNA Ducati, ovvero la V di 90° longitudinale e la distribuzione Desmo, ha il chiaro intento di rompere con la tradizione. I primi disegni sono realizzati da Mengoli a casa sua nelle ore serali e durante i week-end, perché in azienda è impegnato a tempo pieno nel progetto di un bicilindrico di piccola cilindrata (350 cc, eventualmente da maggiorare a 400), raffreddato ad aria, destinato a una nuova Cagiva da proporre ai diciottenni, che però non vedrà mai la luce. Di carne al fuoco ne viene messa subito tantissima, studiando anche soluzioni di derivazione automobilistica a livello di distribuzione ed alimentazione, ma in breve tempo il lavoro prende una direzione precisa: testa Desmo a quattro valvole e raffreddamento a liquido. Per accelerare i tempi di realizzazione viene anche consultata la Cosworth e nell’inverno 1985-1986 Massimo Bordi visita il reparto Ricerca e Sviluppo dell’azienda a Northampton, dove a quei tempi nascono i motori V8 utilizzati da alcune scuderie nella F1 automobilistica. Ma quando gli inglesi chiedono un miliardo e mezzo di lire per avviare lo studio di una testa rigorosamente con comando tradizionale e non Desmo, l’ingegnere raccoglie le sue carte e torna in Italia chiudendo sul nascere la collaborazione. L’aspetto economico nella realizzazione del nuovo motore è tutt’altro che trascurabile ed influenza le scelte di Bordi e Mengoli ancor più dello scetticismo di Taglioni che, venuto a conoscenza dello studio per il quattro valvole, non lo ostacola apertamente, ma nemmeno lo incoraggia quando i due escono allo scoperto. “Non si può mettere il comando Desmo in una testa a quattro valvole, soprattutto in un motore raffreddato a liquido come il vostro perché manca lo spazio necessario per farlo lavorare bene”, ripete sovente controllando a distanza quello che stanno facendo. E ai giornalisti che nella primavera del 1986 gli chiedono cosa bolle in pentola nell’Ufficio progetti sotto la nuova gestione, Taglioni risponde deciso: “Esistono vari tipi di propulsore allo studio, anche se i nostri sforzi si concentrano nel migliorare quello che già abbiamo. Se proprio dovessimo cambiare, il mio motore ideale ce l’ho nella testa da molti anni. È un quattro cilindri a V di grossa cilindrata, 750-1.000 cc, chiaramente a quattro tempi”. Queste affermazioni, unite alla dichiarazione fatta a Misano dopo la vittoria di Lucchinelli che abbiamo riportato all’inizio, confermano il “conservatorismo” del vecchio ingegnere a favore dell’amato due valvole, ma anche la sua scarsa attenzione ai bilanci dell’azienda, assieme ad una poco lungimirante visione industriale, dato che i costi di realizzazione di un V4 sarebbero ben superiori a quelli del nuovo bicilindrico pensato da Bordi e Mengoli.

Restate connessi perché nei prossimi giorni pubblicheremo la continuazione della storia.
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