di Mario Ciaccia e Alberto Motti
Prima che arrivasse la tecnologia GPS, l'umanità era divisa tra chi adorava orientarsi con le mappe (arrivando persino a leggersele in bagno, al posto di un buon libro) e chi su quelle cose vedeva solo delle macchie colorate e, di conseguenza, per andare in giro ricorreva all’interrogazione dei passanti: "Scusi, per andare dove devo andare, dove devo andare?".
La divisione resta anche oggi che s'è imposta la navigazione satellitare. I fanatici delle cartine si disegnano i percorsi sui tracciatori, che si possono considerare le estensioni delle mappe: adesso sono elettroniche e c'è su un puntino che si muove sopra, che sei tu.
Invece l'Uomo Che Chiede usa il navigatore, che equivale a una persona che, con voce suadente, gli dice dove andare. Quindi chi usa i tracciatori ha un’elevata percezione di dove si sta muovendo, chi usa i navigatori no, sa solo che deve svoltare a destra o a sinistra.
Il volo del condor
Ma il problema dei tracciatori è che non permettono di avere grandi visioni a volo d’uccello di una regione. Se "zoommi" aumentando la scala, perdi i dettagli. Per questo le cartine sono sempre utili, specie per quando studi gli itinerari (quanto è bello pianificare un viaggio con gli amici stendendo quasi due metri quadrati di mappa su un tavolone?).
Di norma, sono quelle al 200.000 il miglior compromesso per chi va in giro su asfalto. Molte strade sono semplificate, specie quelle con i tornanti vicini, ma vanno benissimo lo stesso.
In fuoristrada la faccenda è ben diversa, perché la scala giusta è quella al 25.000. Per girare l'Italia abbiamo sempre usato mappe al 200.000. Invece in Marocco, prima di arrivare a possedere un GPS, l'unica mappa possibile era la Michelin a 1.000.000. C'era poi un riquadro che mostrava l'Atlante al 600.000. Un disastro eppure, con quella roba, siamo riusciti ad affrontare 300 km di piste di montagna piene di bivi, lanciando la monetina ogni volta.
Oggi siamo messi bene. Con la 200.000 decidi l’itinerario a grandi linee, con la comodità, appunto, della visione generale. Poi sta a te decidere se tracciare un percorso col computer, navigare con il TomTom o usare Google Maps.
Confessiamo che, fin dalla notte dei tempi, noi siamo fan delle mappe del Touring Club Italiano (TCI), perché hanno una resa grafica straordinaria, quasi 3D, che ti fa capire dove sono le montagne, le valli, le pianure e i fiumi.
La usavamo anche per fare fuoristrada non perché riportasse gli sterrati (o almeno, ne riportava solo qualcuno), ma perché si capiva quali zone potessero averne parecchi.
Da giovani, sognando sulla TCI al 200.000, abbiamo scoperto l’esistenza di strade pazzesche, asfaltate e non, come il Colle della Valcavera, la Via del Sale, il Monte Chaberton, il Pitzhaler Joch, la Kaunertaler Strasse, il Blockhaus, la Forcella del Fargno e tante altre. E che libidine era segnare col pennarello le strade fatte, come tacche sul fucile?
La Michelin al 200.000 riportava più strade secondarie, ma era meno efficace graficamente e poi dava il massimo solo in territorio francese. Per quella funzione, ovvero studiare una zona sconosciuta, la cartina batte 300 a 1 il navigatore. Questo è utile solo se sai già dove devi andare.
Pro e contro della cartina
Vengono in mente altri utilizzi pratici delle cartine. Ricordiamo l’episodio di un collega che deve andare a prendere una moto in Val Seriana (BG), parte spavaldo con lo smartphone navigando con Google Maps, finisce la batteria e non è neanche in grado di telefonare per sapere dove deve andare. Avesse una mappa con sé…
Beh, certo, dovrebbe saperla leggere. Bisogna capire dove ci si trova, orientare la mappa verso nord, cercare riferimenti che ci facciano intuire che direzione prendere. Non è così facile, per lo meno non per tutti.
In ogni caso, abituati da anni a maneggiare la TCI e la Michelin, ci siamo chiesti: com’è la situazione nel 2022? Queste due ci sono ancora e sono sostanzialmente identiche al tempo che fu (del resto è dura farle meglio). Ma in libreria ce ne sono altre. In tutto ne abbiamo analizzate cinque. Obbediscono a diverse filosofie, a iniziare dalla pesantezza o meno della carta impiegata.
Tre di queste (Kümmerly+Frey, Libreria Geografica e Marco Polo) sono più alte che larghe (sviluppo verticale), quindi si estendono maggiormente tra sud e nord piuttosto che da est e ovest e la loro piegatura comporta la divisione in 40 rettangoli, quattro lungo la base e dieci in altezza. Si ripiegano con 7 mosse e, quando le usi aprendole parzialmente, sono orizzontali.
TCI e Michelin invece sono a sviluppo orizzontale. 48 rettangoli, 12 di base e 4 in altezza. Sono leggermente più piccole da chiuse, ma sviluppano un’area maggiore da aperte, perché si ripiegano in 8 mosse. E i riquadri sono verticali, cosa pratica se devi usare le mappe dentro le borse da serbatoio, cosa utile anche quando stai orientandoti con il navigatore, per avere una visione allargata.