Si chiamano ancora maxi-enduro, ma più passano gli anni più aumentano pesi e prestazioni su strada. La maggior parte hanno anche perso i cerchi a raggi lasciando il posto a quelli in lega. Sono moto senza limiti né confini, veloci e protettive in viaggio, comode in coppia e divertenti tra le curve.
Si chiamano ancora maxi-enduro, ma più passano gli anni più aumentano pesi
e prestazioni su strada. La maggior parte hanno anche perso i cerchi a
raggi lasciando il posto a quelli in lega. Sono moto senza limiti né confini,
veloci e protettive in viaggio, comode in coppia e divertenti tra le curve.
Ecco nove proposte per soddisfare tutti i gusti.
State comodi. Girate la chiave nel quadro, attendete il check, poi premete
il tasto di avviamento e godetevela. Queste maxi dal
manubrio
alto piacciono soprattutto perché sono comode. Ne
abbiamo scelte
9, 7 da enduro e 2 stradali pure. Tutte dotate di
borse
originali e, dove non erano disponibili, delle Gi.Vi. universali.
Per chi ama viaggiare queste moto sono la scelta giusta, perché
si lasciano caricare come muli senza che la guida ne risenta troppo.
Il passeggero, inoltre, è realmente comodo e ben protetto
dall’aria. Scegliere una di queste moto al posto di una tourer pura
è una questione legata alla praticità: il manubrio largo e la sella
bassa da terra rendono agevoli anche i piccoli spostamenti e
l’utilizzo
cittadino. Senza contare che se vogliamo scoprire cosa c’è al di là della
collina, basta lasciare la strada asfaltata e buttarsi su quella
sterrata,
a patto di non esagerare perché peso e dimensioni, che su strada non
preoccupano,
sulla terra si fanno sentire. Basta poco, infatti, per rendersi conto che
si tratta di moto in fin dei conti stradali al 90%, con le dovute
eccezioni. Ducati Multistrada e KTM LC8 Adventure sono agli antipodi per
scelta filosofica: la prima è prettamente stradale, quasi una motard
bicilindrica, la seconda invece trasmette su strada il DNA delle off-road
austriache e anche dove finisce l’asfalto sa regalare emozioni. Le altre
hanno un’impostazione più tradizionale e, diciamolo subito, un livello
di comfort superiore in ogni situazione. Andiamo allora a scoprire
come sono fatte.
Ben fatte
Le nove “maxi” sono parcheggiate in fila: le osserviamo bene anche
nei
particolari e subito ci viene spontanea una distinzione, prettamente visiva.
Tra le “ciccione” ci mettiamo la Caponord, la
Varadero
e, pur se meno gonfie, la V-Strom e la KLV.
Tra le “compatte”,
Multistrada, TDM, Tiger e KTM LC8. Rimane
fuori
la BMW GS, perché nonostante la cilindrata maggiore del lotto (1.170
cc) ha un serbatoio piacevolmente stretto tra le gambe e un
cupolino
protettivo, ma non mastodontico.
Ad accomunare quasi tutte le moto è anche la scelta della ruota anteriore
da 19”, ottima su strada e non completamente inadatta al fuoristrada.
Le eccezioni si trovano sulla Yamaha TDM che ha un cerchio da
18” e sulle due moto più radicali di questa comparativa. La Ducati
Multistrada ha una ruota anteriore da 17” (insieme
alla TDM è anche l’unica a utilizzare pneumatici prettamente stradali),
mentre la KTM LC8 Adventure tradisce fin dal primo sguardo la sua
discendenza per la ruota da 21” davanti e da 18”
dietro,
nonché per i pneumatici con camera d’aria e discretamente
tassellati.
Un’annotazione anche per i propulsori, tutti bicilindrici a
V, a parte il 2 cilindri boxer di BMW, quello parallelo
frontemarcia
che equipaggia la TDM (che con 897,4 cc è la più piccola tra le maxi) e
il tre cilindri in linea della Triumph Tiger.
L’Aprilia ETV Caponord, in versione con ABS dal 2004, non delude
per qualità generale e forme spigolose, ha una strumentazione analogico/digitale
molto completa e il telaio più bello del lotto, un doppio trave in alluminio
che non sfigurerebbe nemmeno se montato su una supersportiva. In sella
la posizione è simile a quella di Honda, Suzuki e Kawasaki, ci si sente
un po’ infossati nella sella, con il manubrio piuttosto lontano
dall’asse
di seduta e il largo serbatoio che fa capire di trovarsi su una maxi.
Aprilia e KTM sono le sole ad avere i cerchi a raggi (sulla GS sono disponibili
come optional), a sottolineare la vocazione di tuttoterreno, con tutte
le dovute differenze che vedremo emergere nella guida.
La palma di più originale spetta alla BMW R1200GS che fa della meccanica
a vista un punto forte del suo design, quasi a ostentare con fierezza il
grande lavoro di alleggerimento generale rispetto alla vecchia R 1150 GS
(- 25 kg). Le sovrastrutture in plastica si riducono ai fianchetti anteriori,
al “becco” e al gruppo portapacchi-maniglie passeggero. Bella e
completa
la strumentazione, così come tutta la dotazione di accessori utili per
il turismo: manopole riscaldabili, cupolino regolabile senza attrezzi,
manopola per agire sul precarico del “mono” posteriore e navigatore
satellitare
dedicato, anche se nasconde parte della strumentazione.
La Ducati Multistrada è l’unica ad avere un motore a 2 valvole
per cilindro. Guardandola stupisce perché è piccolissima, stretta nella
zona di congiunzione tra sella e serbatoio, bellissima nella parte posteriore
per i due terminali di scarico proprio sotto il codino, meno accattivante
invece davanti dove si sviluppa maggiormente in altezza. Il livello delle
finiture è elevato, la strumentazione digitale è moderna e completa, ma
si capisce immediatamente che non potrà avere le doti di macinachilometri
delle altre, perché il manubrio e il cupolino molto vicini alla seduta
lasciano maggiormente il corpo esposto all’aria. Il telaio, neanche a
dirlo, è un traliccio di tubi in acciaio (stesso materiale per BMW, Honda,
KTM e Triumph), la forcella è di tipo rovesciato, il forcellone monobraccio;
tutte soluzioni mutuate dal mondo delle sportive di Borgo Panigale e nella
guida su strada questa parentela si ritrova i pieno, creando un netto divario
“caratteriale” rispetto a tutte le altre moto di questa comparativa.
Per migliorare le doti turistiche della Multistrada abbiamo attinto dal
catalogo Ducati Performance, montando la sella più imbottita e confortevole
(comunque molto rigida rispetto alle altre, KTM a parte), il plexiglas
rialzato e le valige laterali dedicate. Per tutte le moto si è deciso di
adottare delle borse laterali e dei cupolini rialzati, originali dove
disponibili,
aftermarket Gi.Vi. negli altri casi.
La Honda Varadero ha forme opulente che sulle prime possono intimorire
chi non ha confidenza con moto di questo tipo. Convogliatori, cupolino
e serbatoio sono molto larghi, mentre la zona posteriore appare più equilibrata.
Dal 2003 è passata all’iniezione elettronica (come tutte le altre, a parte
la KTM che utilizza due carburatori Keihin a depressione da 43 mm), abbandonando
i carburatori e migliorando nettamente sul piano dei consumi (suo precedente
tallone d’Achille). Proprio in un’ottica turistica, continua a
sentirsi
la mancanza di un indicatore del livello di carburante, presente su tutte
le concorrenti, lasciando al pilota la sola spia della riserva.
La KTM LC8 Adventure ha due tappi laterali per fare benzina e nonostante
siano comunicanti, è necessario fare il pieno usandoli entrambi perché
il travaso è lento. La LC8 rappresenta l’essenza della maxienduro: alta,
stretta, con una posizione di guida perfetta per la guida in piedi, un
motore bicilindrico a V di 75° estremamente compatto e leggero, sospensioni
regolabili dalla lunga escursione e ruote adatte anche al fuoristrada.
In un certo senso va controcorrente perché il concetto di maxienduro si
è sbilanciato fortemente verso l’utilizzo stradale e le sue concorrenti
lo dimostrano. La KTM ha comunque finiture curate e trasmette un piacevole
senso si qualità e robustezza. Disponibile con due assetti diversi (alto
o basso) sia di sospensioni che di sella, la LC8 adotta un telaio in acciaio
a traliccio e un telaietto reggisella in alluminio, i doppi scarichi e
una strumentazione compatta ma completa.
Suzuki V-Strom e Kawasaki KLV sono la stessa moto, grazie alla
joint-venture tra i due marchi giapponesi. Le forme sono abbondanti
all’anteriore,
mentre la zona del codino fa discutere. Il bel telaio a doppio trave in
alluminio (grigio sulla Suzuki e nero sulla Kawasaki) abbraccia il conosciuto
e apprezzato bicilindrico di Hamamatsu. Si tratta di un V longitudinale
di 90°, con 4 valvole comandate da un doppio albero a camme in testa e
il raffreddamento a liquido (solo BMW e Ducati sono ad aria). Anche qui
la strumentazione è completa e fornisce indicazioni precise, ma non ci
è parsa intonata al tipo di moto la cornice cromata degli strumenti. Non
manca la comoda manopola per precaricare il “mono” (solo Triumph e
TDM
ne sono sprovviste) e la possibilità di avere le manopole riscaldabili,
anche se il risultato estetico è perlomeno discutibile (grosse di diametro,
hanno il collegamento elettrico a vista).
La Triumph Tiger, unica 3 cilindri del gruppo, si presenta con dimensioni
e volumi piacevolmente contenuti - serbatoio a parte -, ma la linea meriterebbe
una rinfrescata. Anche se il peso è a livello delle altre, si avverte
maggiormente
a causa dell’altezza del baricentro. Completa la dotazione di accessori
dedicati, come le manopole riscaldabili (di buona fattura), le valigie
laterali in tinta e il plexiglass rialzato. Anche la Tiger segue l’ultima
tendenza e abbandona i cerchi a raggi del precedente modello per più
tradizionali
cerchi in lega.
Per finire la Yamaha TDM 900, un mondo un po’ a sè perché è una
stradale pura -telaio perimetrale, cerchi e pneumatici stradali, scarichi
bassi e twin parallelo frontemarcia - ma con posizione di guida a busto
eretto. Per queste sue caratteristiche e per le dimensioni molto più contenute
rispetto a quelle di tutte le altre concorrenti (Multistrada esclusa),
è quella che desta meno timori reverenziali da parte dei neofiti, sensazione
confermata anche dalle caratteristiche di guida. E’ un prodotto maturo
–la prima TDM, allora 850, è del 1991- e anche ben rifinito oltre che
esteticamente piacevole. Non ci è piaciuta la sella, troppo morbida e rivestita
di una finta pelle come sulle moto di 15 anni fa.
In autostrada
Fermi al casello, prendiamo il biglietto dell’autostrada
e cerchiamo
un posto dove metterlo… Sorpresa, la KTM è l’unica
ad avere un
comodo cassettino proprio sotto il naso. Si parte, dentro le marce fino
alla sesta e subito scopriamo che la strumentazione della GS ha
l’indicatore della marcia inserita, mentre la V-Strom
segnala solo
la sesta marcia con una scritta OD (Over- Drive). Il viaggio è iniziato,
da Milano a Imola, per poi lasciarsi cullare dalle morbide
colline
della Romagna fino a raggiungere il mare a Riccione.
L’autostrada è noiosa, e non c’è moto, cupolino, gadget che tenga.
La
noia, già dopo pochi chilometri la fa da padrone, ma le buone medie
di cui sono capaci queste moto permettono di ridurre un po’ i tempi.
Riparo dall’aria, vortici e vibrazioni: sono questi tre gli elementi
chiave
per viaggiare nel massimo comfort.
A livello di vibrazioni l’unica realmente fastidiosa è la
KTM,
(manubrio, pedane e serbatoio), ma anche Kawasaki e Suzuki
infastidiscono un po’ mani e piedi. Tutte le altre si equivalgono
abbastanza,
anche se dalla GS ci saremmo aspettati un isolamento migliore soprattutto
sul manubrio.
Il riparo dall’aria consente di tenere medie molto elevate
e di fermarsi solo quando la benzina è agli sgoccioli. Discretamente precisi
gli indicatori del livello del carburante (la Varadero ne è priva),
con la sola eccezione del serbatoio della Multistrada (20 litri)
che viene “dichiarato secco” con largo anticipo:
all’accendersi della
spia ci sono ancora almeno 8 litri utili. Misurando i consumi non
sono mancate le sorprese, perché, tolta l’assetata LC8 (unica a
carburatori, fa 13,3 km/l), la migliore è stata la più grande: il 1200
bavarese si mette dietro la concorrenza con la bellezza di 15,6 km/l,
seguita a breve distanza dalla Ducati (14,9 km/l) e, a seguire tutte le
altre con consumi compresi tra i 13,8 dell’Aprilia e i 14,5 di
Suzuki e Kawasaki. Questi consumi, del tutto naturali per
moto dalla sezione frontale ampia (per di più misurati con le valige laterali
montate), uniti a dei maxi-serbatoi (dai 20 ai 25 litri) determinano
un’elevata autonomia: 360 km per il Varadero, sempre più di 310
km per tutte le avversarie e poco meno di 300 per la KTM. A 130 km/h
indicati, il regime di rotazione è attorno ai 4.500 giri per Ducati,
BMW e TDM, 4.800 per Aprilia e KTM, 5.400 per il 3 cilindri inglese e solo
4.300 per Suzuki e Kawasaki (che hanno l’overdrive) e Varadero.
La stabilità sul veloce è uno dei punti di forza di queste moto,
perché sono lunghe, pesanti e con quote ciclistiche piuttosto aperte.
L’unico
neo che abbiamo rilevato sono dei fastidiosi serpeggiamenti da parte
di Ducati, Suzuki, Kawasaki e, pur se meno, Varadero. La cosa si avverte
soprattutto in presenza di malformazioni longitudinali. La causa è
principalmente
imputabile alle borse, poiché senza la situazione migliora e il fenomeno
si presenta in misura inferiore e a velocità più elevata.
In & Out
Abbandoniamo l’autostrada e cominciano le domande. Qual è
l’approccio
a dei bestioni del genere? Qual è quella più adatta a un neofita? Gestire
oltre 200 kg di moto, con un baricentro sempre
piuttosto alto,
non è uno scherzo.
L’unica realmente adatta a chi ha poca esperienza con le moto è la Yamaha
TDM 900, perché è piccola, facile, impressiona meno per le
dimensioni
ed è più manovrabile in parcheggio. Si poggiano bene i piedi a terra, la
frizione è morbida e il suo motore è quasi elettrico, salvo poi tirar fuori
tutto il suo carattere se si spremono le marce. Stabile sul veloce, ha
una ciclistica neutra e tendenzialmente morbida che mette a proprio agio
già dai primi metri in sella e assorbe a dovere anche l’asfalto
dissestato.
Il motore, poi, è il più fluido del lotto, addirittura più facile del boxer
BMW. E poi, la TDM ha ottimi freni e prestazioni di tutto rispetto, anche
se l’utilizzo sportiveggiante, certamente alla sua portata, non gratifica
più di tanto: allarga sempre un pochino e ai palmi non si ha una piacevole
sensazione della linea impostata.
Le due outsider, Multistrada e KTM, per la prima volta
comparate,
non lasciano indifferenti. La Ducati è quella con la posizione
di
guida più “attiva”, va guidata e bisogna aver voglia di farlo. Non
ti
porta in giro senza pensieri, richiede una sorta di “coinvolgimento”
perché il manubrio vicino, la ruota anteriore è da 17” e le quote
ciclistiche
più sportive, unite a sospensioni dalla taratura rigida, creano un mezzo
esplosivo, che va domato. Ci si sente a un cancelletto di partenza di una
gara Supermotard. Se a questo aggiungiamo un motore tra i più pronti e
pieni ai medio-bassi regimi, ecco servito un cocktail che tra le curve
non può non far innamorare. Unico problema: gli altri vanno al tuo stesso
passo, o quasi, e quando scendono dalla moto sono pure riposati. Tu no.
Però tu ti sei divertito. Ecco, in due parole dove sta la differenza. Peccato
per la sella troppo dura, nonostante sia il modello “comfort”, per
le
sospensioni fin troppo rigide quando l’asfalto non è un biliardo e per
il motore che scalda un po’ troppo, soprattutto alle basse andature.
La LC8 Adventure è una KTM. Punto. Quindi vi sentirete su una moto
da cross in grado però di fare i 200 km/h. E salire sulla “Kappa”
dopo
essere scesi da una qualunque delle altre mostra chiaramente cosa comporta
la ruota anteriore da 21”. Gli ingressi in curva sono più lenti, ma anche
estremamente progressivi. La sensazione di appoggio, per via del battistrada,
è leggermente inferiore. Però si “sente” la moto, si percepisce il
livello
di aderenza, specie dove è malformato, mentre con tutte le altre si corre
veloci fidandosi ciecamente di ciò che avviene sotto le ruote. Con la LC8
questo non avviene e si impara ben presto a giocare con il gas e il pneumatico
posteriore, ad anticipare l’inserimento in curva e arrotondare tutte le
traiettorie. Ci si diverte un mondo e ci si sente sicuri. Il motore spinge
bene ai bassi, poi sembra avere una leggera flessione, prima di tornare
a spingere come un forsennato fino al cambio marcia. Molto potenti e modulabili
i freni, con il posteriore che tende a far bloccare fin troppo facilmente
la ruota e l’anteriore che, se strizzato come si deve, può mettere in
crisi l’aderenza sulla stretta ruota da 21”. La KTM è piaciuta da
matti
a tutti perché è “maschia”, profuma di Enduro fin dai primi metri,
trasmette
solidità e poi perché è l’unica che può veramente mettere le ruote fuori
dall’asfalto.
La nuova BMW R 1200 GS, nonostante la cilindrata extra-large, è
una moto stretta, compatta. Inoltre ha il baricentro più basso della categoria
(miracoli del boxer), fatto che regala una manovrabilità e una maneggevolezza
sconosciuta alle altre (Multistrada a parte). I cambi di direzione sono
naturali e veloci. La posizione di guida è comoda, il manubrio molto largo
e le pedane strette formano una triangolazione che risulta azzeccata anche
per la guida in piedi nell’offroad. Il motore è incredibilmente fluido
e pieno, tanto che nelle riprese in sesta da 100 a 130 km/h, tipiche di
un sorpasso autostradale, è stata seconda solo alla potente Tiger, mentre
Honda, Suzuki/Kawasaki, KTM e Yamaha rimangono al palo. Peccato per i 13.300
euro necessari all’acquisto perché se dovessimo giudicare solo le doti
di guida avrebbe già messo una seria ipoteca sulla vittoria della comparativa.
La Honda Varadero, risolti i problemi di “sete”, si è
dimostrata
una splendida tuttofare. Neutra in ogni situazione e anche discretamente
maneggevole per la mole che possiede, scende in piega sicura e in modo
molto progressivo, ti porta in giro senza preoccupazioni e con un livello
di confidenza invidiabile. E’ l’unica con la frenata ripartita: il
suo
effetto non disturba e la resa è davvero encomiabile. Il motore è estremamente
fluido e trattabile, certamente più del Suzuki, e ha una valida spinta
ai regimi medio-bassi. La posizione di guida un po’ infossata scarica
completamente i polsi e, come avviene anche su V-Strom e KLV, non consente
di “sentire” la ruota davanti.
Suzuki V-Strom e Kawasaki KLV hanno un serbatoio leggermente
più stretto della Varadero e prestazioni assolute superiori, ma non consentono
una guida altrettanto fluida e disimpegnata a causa di un motore meno
“burroso”
ai bassi. Di contro, quando il ritmo sale viene fuori una moto estremamente
precisa nelle traiettorie, ben frenata, sicura in appoggio (le pedane,
come avviene anche sulla Caponord, toccano presto terra in curva) e sportiva
nell’indole del propulsore.
L’Aprilia Caponord, oltre a toccare le pedane gratta le borse,
perché sono larghe e montate un po’ in basso. Quello che non ci è piaciuto
della Caponord è la sensazione di peso da fermo (specie col pieno), il
rumore del motore (davvero impersonale) e il manubrio un po’ lontano,
oltre che afflitto da qualche vibrazione di troppo. Per il resto è una
moto piuttosto facile e neutra, che spinge forte e lineare e dotata di
freni potenti. Il cambio non è un mostro di velocità e la frizione, come
anche quella di Suzuki/Kawasaki, è un filo dura (la più dura, però, e quella
di Ducati mentre la più morbida è di KTM).
La Triumph Tiger sarebbe perfetta anche per chi è alle prime armi,
ma la sensazione di peso alle basse andature e l’anteriore leggermente
sottosterzante la fanno consigliare soprattutto a chi ha un minimo di
esperienza.
Stupendo il motore, che permette di tenere un passo svelto senza troppo
sforzo. Duro negli innesti il cambio e precisa la frizione, la Tiger ha
conquistato un po’ tutti.
Inutile fare le classifiche, perché mai come in questo caso è giusto dire
“a ognuno la sua”. Su strada, GS e Varadero si guidano col pensiero,
la Multistrada impegna, ma eccita, “fuori” la risposta è una:
“Kappa”.
V-Strom, KLV e Caponord attirano il vacanziero vero. La Tiger è particolare
perché è inglese, è l’unica tre cilindri ed ha un’erogazione
fantastica.
La TDM è la risposta giusta - ed economica -per chi si avvicina al mondo
delle maxi.
Schede tecniche
|
Aprilia
|
BMW
|
Ducati
|
Honda
|
Kawasaki
|
KTM
|
Suzuki
|
Triumph
|
Yamaha
|
Motore
| bicilind.
V60
longitud.
| bicilind.
boxer
trasvers.
| bicilind.
L90
longitud.
| bicilind.
V90
longitud.
| bicilind.
V90
longitud.
| bicilind.
V75
longitud.
| bicilind.
V90
longitud.
| tre cilindri
in linea
frontem.
| bicilind.
in linea
frontem.
|
Cilindrata
| 997 cc
| 1170 cc
| 992 cc
| 996 cc
| 996 cc
| 942 cc
| 996 cc
| 955 cc
| 989 cc
|
Raffreddam
| a liquido
| ad aria
| ad aria
| a liquido
| a liquido
| a liquido
| a liquido
| a liquido
| a liquido
|
Num.valv.
| 4/cilindro
| 4/cilindro
| 2/cilindro
| 4/cilindro
| 4/cilindro
| 4/cilindro
| 4/cilindro
| 4/cilindro
| 4/cilindro
|
Alimentaz.
| iniez. elettr.
| iniez. elettr.
| iniez. elettr.
| iniez. elettr.
| iniez. elettr.
| carburatori
| iniez. elettr.
| iniez. elettr.
| iniez. elettr.
|
Cambio
| 6 rapporti
| 6 rapporti
| 6 rapporti
| 6 rapporti
| 6 rapporti
| 6 rapporti
| 6 rapporti
| 6 rapporti
| 6 rapporti
|
Frizione
| multi
disco
in bagno
d'olio
| mono
disco
a secco
| multi
disco
a secco
| multi
disco
in bagno
d'olio
| multi
disco
in bagno
d'olio
| multi
disco
in bagno
d'olio
| multi
disco
in bagno
d'olio
| multi
disco
in bagno
d'olio
| multi
disco
in bagno
d'olio
|
Trasmiss.
finale
| a catena
| a cardano
| a catena
| a catena
| a catena
| a catena
| a catena
| a catena
| a catena
|
Telaio
| doppio trave
alluminio
| traliccio
in alluminio
| traliccio
in acciaio
| perimetr.
in acciaio
| doppio trave
alluminio
| traliccio
in acciaio
| doppio trave
alluminio
| perimetr.
in acciaio
| doppio trave
alluminio
|
Forcella
| tradizion.
steli da
50 mm
| Telelever
steli da
41 mm
| rovesciata
steli da
43 mm
| tradizion.
steli da
43 mm
| tradizion.
steli da
43 mm
| rovesciata
steli da
48 mm
| tradizion.
steli da
43 mm
| tradizion.
steli da
43 mm
| tradizion.
steli da
43 mm
|
Sosp. post.
| monoam.
| monoam.
con Paralever
| monoam.
| monoam.
| monoam.
| monoam.
| monoam.
| monoam.
| monoam.
|
freno ant.
| dischi da
300 mm
| dischi da
305 mm
| dischi da
320 mm
| dischi da
296 mm
| dischi da
310 mm
| dischi da
300 mm
| dischi da
310 mm
| dischi da
310 mm
| dischi da
298 mm
|
freno post.
| disco da
270 mm
| disco da
265 mm
| disco da
245 mm
| disco da
256 mm
| disco da
260 mm
| disco da
240 mm
| disco da
260 mm
| disco da
285 mm
| disco da
245 mm
|
Pneumatico
ant.
| 110/80
-19
| 110/80
-19
| 120/70
-17
| 110/80
-19
| 110/80
-19
| 90/90
-21
| 110/80
-19
| 110/80
-19
| 120/70
-18
|
Pneumatico
post.
| 150/70
-17
| 150/70
-17
| 180/55
-17
| 150/70
-17
| 150/70
-17
| 150/70
-18
| 150/70
-17
| 150/70
-17
| 160/60
-17
|
Altezza
sella
| 820 mm
| 840-860 mm
| 850 mm
| 838 mm
| 840
| 880
| 840
| 840-860
| 825 mm
|
DATI
RILEVATI
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Potenza max
alla ruota
| 89,15 CV
a 8.250 giri
| 88,26 CV
a 7.750 giri
| 78,12 CV
a 8.000 giri
| 84,16 CV
a 8.000 giri
| 92,75 CV
a 7.750 giri
| 91,10 CV
a 8.250 giri
| 92,75 CV
a 7.750 giri
| 89,85 CV
a 9.250 giri
| 75,80 CV
a 7.250 giri
|
Coppia max
alla ruota
| 8,38
kgm
a 6.500
giri
| 10.06
kgm
a 5.500
giri
| 7,94
kgm
a 6.000
giri
| 9,10
kgm
a 6.000
giri
| 9,36
kgm
a 6.250
giri
| 8,65
kgm
a 6.250
giri
| 9,36
kgm
a 6.250
giri
| 7,96
kgm
a 6.000
giri
| 8,28
kgm
a 5.750
giri
|
Peso
senza benzina
| 249,8 kg
| 226 kg
| 206,2 kg
| 248,8 kg
| 225,2 kg
| 207,8 kg
| 225,2 kg
| 242,4 kg
| 210 kg |
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