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Comparativa Maxi Enduro 2004

Si chiamano ancora maxi-enduro, ma più passano gli anni più aumentano pesi e prestazioni su strada. La maggior parte hanno anche perso i cerchi a raggi lasciando il posto a quelli in lega. Sono moto senza limiti né confini, veloci e protettive in viaggio, comode in coppia e divertenti tra le curve.



Si chiamano ancora maxi-enduro, ma più passano gli anni più aumentano pesi e prestazioni su strada. La maggior parte hanno anche perso i cerchi a raggi lasciando il posto a quelli in lega. Sono moto senza limiti né confini, veloci e protettive in viaggio, comode in coppia e divertenti tra le curve. Ecco nove proposte per soddisfare tutti i gusti.


State comodi. Girate la chiave nel quadro, attendete il check, poi premete il tasto di avviamento e godetevela. Queste maxi dal manubrio alto piacciono soprattutto perché sono comode. Ne abbiamo scelte 9, 7 da enduro e 2 stradali pure. Tutte dotate di borse originali e, dove non erano disponibili, delle Gi.Vi. universali.

Per chi ama viaggiare queste moto sono la scelta giusta, perché si lasciano caricare come muli senza che la guida ne risenta troppo. Il passeggero, inoltre, è realmente comodo e ben protetto dall’aria. Scegliere una di queste moto al posto di una tourer pura è una questione legata alla praticità: il manubrio largo e la sella bassa da terra rendono agevoli anche i piccoli spostamenti e l’utilizzo cittadino. Senza contare che se vogliamo scoprire cosa c’è al di là della collina, basta lasciare la strada asfaltata e buttarsi su quella sterrata, a patto di non esagerare perché peso e dimensioni, che su strada non preoccupano, sulla terra si fanno sentire. Basta poco, infatti, per rendersi conto che si tratta di moto in fin dei conti stradali al 90%, con le dovute eccezioni. Ducati Multistrada e KTM LC8 Adventure sono agli antipodi per scelta filosofica: la prima è prettamente stradale, quasi una motard bicilindrica, la seconda invece trasmette su strada il DNA delle off-road austriache e anche dove finisce l’asfalto sa regalare emozioni. Le altre hanno un’impostazione più tradizionale e, diciamolo subito, un livello di comfort superiore in ogni situazione. Andiamo allora a scoprire come sono fatte.

Ben fatte





Le nove “maxi” sono parcheggiate in fila: le osserviamo bene anche nei particolari e subito ci viene spontanea una distinzione, prettamente visiva. Tra le “ciccione” ci mettiamo la Caponord, la Varadero e, pur se meno gonfie, la V-Strom e la KLV. Tra le “compatte”, Multistrada, TDM, Tiger e KTM LC8. Rimane fuori la BMW GS, perché nonostante la cilindrata maggiore del lotto (1.170 cc) ha un serbatoio piacevolmente stretto tra le gambe e un cupolino protettivo, ma non mastodontico.

Ad accomunare quasi tutte le moto è anche la scelta della ruota anteriore da 19”, ottima su strada e non completamente inadatta al fuoristrada. Le eccezioni si trovano sulla Yamaha TDM che ha un cerchio da 18” e sulle due moto più radicali di questa comparativa. La Ducati Multistrada ha una ruota anteriore da 17”  (insieme alla TDM è anche l’unica a utilizzare pneumatici prettamente stradali), mentre la KTM LC8 Adventure tradisce fin dal primo sguardo la sua discendenza per la ruota da 21” davanti e da 18” dietro, nonché per i pneumatici con camera d’aria e discretamente tassellati.
Un’annotazione anche per i propulsori, tutti bicilindrici a V, a parte il 2 cilindri boxer di BMW, quello parallelo frontemarcia che equipaggia la TDM (che con 897,4 cc è la più piccola tra le maxi) e il tre cilindri in linea della Triumph Tiger.


L’Aprilia ETV Caponord, in versione con ABS dal 2004, non delude per qualità generale e forme spigolose, ha una strumentazione analogico/digitale molto completa e il telaio più bello del lotto, un doppio trave in alluminio che non sfigurerebbe nemmeno se montato su una supersportiva. In sella la posizione è simile a quella di Honda, Suzuki e Kawasaki, ci si sente un po’ infossati nella sella, con il manubrio piuttosto lontano dall’asse di seduta e il largo serbatoio che fa capire di trovarsi su una maxi.
Aprilia e KTM sono le sole ad avere i cerchi a raggi (sulla GS sono disponibili come optional), a sottolineare la vocazione di tuttoterreno, con tutte le dovute differenze che vedremo emergere nella guida.

La palma di più originale spetta alla BMW R1200GS che fa della meccanica a vista un punto forte del suo design, quasi a ostentare con fierezza il grande lavoro di alleggerimento generale rispetto alla vecchia R 1150 GS (- 25 kg). Le sovrastrutture in plastica si riducono ai fianchetti anteriori, al “becco” e al gruppo portapacchi-maniglie passeggero. Bella e completa la strumentazione, così come tutta la dotazione di accessori utili per il turismo: manopole riscaldabili, cupolino regolabile senza attrezzi, manopola per agire sul precarico del “mono” posteriore e navigatore satellitare dedicato, anche se nasconde parte della strumentazione.

La Ducati Multistrada è l’unica ad avere un motore a 2 valvole per cilindro. Guardandola stupisce perché è piccolissima, stretta nella zona di congiunzione tra sella e serbatoio, bellissima nella parte posteriore per i due terminali di scarico proprio sotto il codino, meno accattivante invece davanti dove si sviluppa maggiormente in altezza. Il livello delle finiture è elevato, la strumentazione digitale è moderna e completa, ma si capisce immediatamente che non potrà avere le doti di macinachilometri delle altre, perché il manubrio e il cupolino molto vicini alla seduta lasciano maggiormente il corpo esposto all’aria. Il telaio, neanche a dirlo, è un traliccio di tubi in acciaio (stesso materiale per BMW, Honda, KTM e Triumph), la forcella è di tipo rovesciato, il forcellone monobraccio; tutte soluzioni mutuate dal mondo delle sportive di Borgo Panigale e nella guida su strada questa parentela si ritrova i pieno, creando un netto divario “caratteriale” rispetto a tutte le altre moto di questa comparativa. Per migliorare le doti turistiche della Multistrada abbiamo attinto dal catalogo Ducati Performance, montando la sella più imbottita e confortevole (comunque molto rigida rispetto alle altre, KTM a parte), il plexiglas rialzato e le valige laterali dedicate. Per tutte le moto si è deciso di adottare delle borse laterali e dei cupolini rialzati, originali dove disponibili, aftermarket Gi.Vi. negli altri casi.

La Honda Varadero ha forme opulente che sulle prime possono intimorire chi non ha confidenza con moto di questo tipo. Convogliatori, cupolino e serbatoio sono molto larghi, mentre la zona posteriore appare più equilibrata. Dal 2003 è passata all’iniezione elettronica (come tutte le altre, a parte la KTM che utilizza due carburatori Keihin a depressione da 43 mm), abbandonando i carburatori e migliorando nettamente sul piano dei consumi (suo precedente tallone d’Achille). Proprio in un’ottica turistica, continua a sentirsi la mancanza di un indicatore del livello di carburante, presente su tutte le concorrenti, lasciando al pilota la sola spia della riserva.

La KTM LC8 Adventure ha due tappi laterali per fare benzina e nonostante siano comunicanti, è necessario fare il pieno usandoli entrambi perché il travaso è lento. La LC8 rappresenta l’essenza della maxienduro: alta, stretta, con una posizione di guida perfetta per la guida in piedi, un motore bicilindrico a V di 75° estremamente compatto e leggero, sospensioni regolabili dalla lunga escursione e ruote adatte anche al fuoristrada. In un certo senso va controcorrente perché il concetto di maxienduro si è sbilanciato fortemente verso l’utilizzo stradale e le sue concorrenti lo dimostrano. La KTM ha comunque finiture curate e trasmette un piacevole senso si qualità e robustezza. Disponibile con due assetti diversi (alto o basso) sia di sospensioni che di sella, la LC8 adotta un telaio in acciaio a traliccio e un telaietto reggisella in alluminio, i doppi scarichi e una strumentazione compatta ma completa.

Suzuki V-Strom
e Kawasaki KLV sono la stessa moto, grazie alla joint-venture tra i due marchi giapponesi. Le forme sono abbondanti all’anteriore, mentre la zona del codino fa discutere. Il bel telaio a doppio trave in alluminio (grigio sulla Suzuki e nero sulla Kawasaki) abbraccia il conosciuto e apprezzato bicilindrico di Hamamatsu. Si tratta di un V longitudinale di 90°, con 4 valvole comandate da un doppio albero a camme in testa e il raffreddamento a liquido (solo BMW e Ducati sono ad aria). Anche qui la strumentazione è completa e fornisce indicazioni precise, ma non ci è parsa intonata al tipo di moto la cornice cromata degli strumenti. Non manca la comoda manopola per precaricare il “mono” (solo Triumph e TDM ne sono sprovviste) e la possibilità di avere le manopole riscaldabili, anche se il risultato estetico è perlomeno discutibile (grosse di diametro, hanno il collegamento elettrico a vista).

La Triumph Tiger, unica 3 cilindri del gruppo, si presenta con dimensioni e volumi piacevolmente contenuti - serbatoio a parte -, ma la linea meriterebbe una rinfrescata. Anche se il peso è a livello delle altre, si avverte maggiormente a causa dell’altezza del baricentro. Completa la dotazione di accessori dedicati, come le manopole riscaldabili (di buona fattura), le valigie laterali in tinta e il plexiglass rialzato. Anche la Tiger segue l’ultima tendenza e abbandona i cerchi a raggi del precedente modello per più tradizionali cerchi in lega.

Per finire la Yamaha TDM 900, un mondo un po’ a sè perché è una stradale pura -telaio perimetrale, cerchi e pneumatici stradali, scarichi bassi e twin parallelo frontemarcia - ma con posizione di guida a busto eretto. Per queste sue caratteristiche e per le dimensioni molto più contenute rispetto a quelle di tutte le altre concorrenti (Multistrada esclusa), è quella che desta meno timori reverenziali da parte dei neofiti, sensazione confermata anche dalle caratteristiche di guida. E’ un prodotto maturo –la prima TDM, allora 850, è del 1991- e anche ben rifinito oltre che esteticamente piacevole. Non ci è piaciuta la sella, troppo morbida e rivestita di una finta pelle come sulle moto di 15 anni fa.

In autostrada





Fermi al casello, prendiamo il biglietto dell’autostrada e cerchiamo un posto dove metterlo… Sorpresa, la KTM è l’unica ad avere un comodo cassettino proprio sotto il naso. Si parte, dentro le marce fino alla sesta e subito scopriamo che la strumentazione della GS ha l’indicatore della marcia inserita, mentre la V-Strom segnala solo la sesta marcia con una scritta OD (Over- Drive). Il viaggio è iniziato, da Milano a Imola, per poi lasciarsi cullare dalle morbide colline della Romagna fino a raggiungere il mare a Riccione.
L’autostrada è noiosa, e non c’è moto, cupolino, gadget che tenga. La noia, già dopo pochi chilometri la fa da padrone, ma le buone medie di cui sono capaci queste moto permettono di ridurre un po’ i tempi.

Riparo dall’aria, vortici e vibrazioni: sono questi tre gli elementi chiave per viaggiare nel massimo comfort.
A livello di vibrazioni l’unica realmente fastidiosa è la KTM, (manubrio, pedane e serbatoio), ma anche Kawasaki e Suzuki infastidiscono un po’ mani e piedi. Tutte le altre si equivalgono abbastanza, anche se dalla GS ci saremmo aspettati un isolamento migliore soprattutto sul manubrio.

Il riparo dall’aria consente di tenere medie molto elevate e di fermarsi solo quando la benzina è agli sgoccioli. Discretamente precisi gli indicatori del livello del carburante (la Varadero ne è priva), con la sola eccezione del serbatoio della Multistrada (20 litri) che viene “dichiarato secco” con largo anticipo: all’accendersi della spia ci sono ancora almeno 8 litri utili. Misurando i consumi non sono mancate le sorprese, perché, tolta l’assetata LC8 (unica a carburatori, fa 13,3 km/l), la migliore è stata la più grande: il 1200 bavarese si mette dietro la concorrenza con la bellezza di 15,6 km/l, seguita a breve distanza dalla Ducati (14,9 km/l) e, a seguire tutte le altre con consumi compresi tra i 13,8 dell’Aprilia e i 14,5 di Suzuki e Kawasaki. Questi consumi, del tutto naturali per moto dalla sezione frontale ampia (per di più misurati con le valige laterali montate), uniti a dei maxi-serbatoi (dai 20 ai 25 litri) determinano un’elevata autonomia: 360 km per il Varadero, sempre più di 310 km per tutte le avversarie e poco meno di 300 per la KTM. A 130 km/h indicati, il regime di rotazione è attorno ai 4.500 giri per Ducati, BMW e TDM, 4.800 per Aprilia e KTM, 5.400 per il 3 cilindri inglese e solo 4.300 per Suzuki e Kawasaki (che hanno l’overdrive) e Varadero.

La stabilità sul veloce è uno dei punti di forza di queste moto, perché sono lunghe, pesanti e con quote ciclistiche piuttosto aperte. L’unico neo che abbiamo rilevato sono dei fastidiosi serpeggiamenti da parte di Ducati, Suzuki, Kawasaki e, pur se meno, Varadero. La cosa si avverte soprattutto in presenza di malformazioni longitudinali. La causa è principalmente imputabile alle borse, poiché senza la situazione migliora e il fenomeno si presenta in misura inferiore e a velocità più elevata.

In & Out





Abbandoniamo l’autostrada e cominciano le domande. Qual è l’approccio a dei bestioni del genere? Qual è quella più adatta a un neofita? Gestire oltre 200 kg di moto, con un baricentro sempre piuttosto alto, non è uno scherzo.

L’unica realmente adatta a chi ha poca esperienza con le moto è la Yamaha TDM 900, perché è piccola, facile, impressiona meno per le dimensioni ed è più manovrabile in parcheggio. Si poggiano bene i piedi a terra, la frizione è morbida e il suo motore è quasi elettrico, salvo poi tirar fuori tutto il suo carattere se si spremono le marce. Stabile sul veloce, ha una ciclistica neutra e tendenzialmente morbida che mette a proprio agio già dai primi metri in sella e assorbe a dovere anche l’asfalto dissestato. Il motore, poi, è il più fluido del lotto, addirittura più facile del boxer BMW. E poi, la TDM ha ottimi freni e prestazioni di tutto rispetto, anche se l’utilizzo sportiveggiante, certamente alla sua portata, non gratifica più di tanto: allarga sempre un pochino e ai palmi non si ha una piacevole sensazione della linea impostata.

Le due outsider, Multistrada e KTM, per la prima volta comparate, non lasciano indifferenti. La Ducati è quella con la posizione di guida più “attiva”, va guidata e bisogna aver voglia di farlo. Non ti porta in giro senza pensieri, richiede una sorta di “coinvolgimento” perché il manubrio vicino, la ruota anteriore è da 17” e le quote ciclistiche più sportive, unite a sospensioni dalla taratura rigida, creano un mezzo esplosivo, che va domato. Ci si sente a un cancelletto di partenza di una gara Supermotard. Se a questo aggiungiamo un motore tra i più pronti e pieni ai medio-bassi regimi, ecco servito un cocktail che tra le curve non può non far innamorare. Unico problema: gli altri vanno al tuo stesso passo, o quasi, e quando scendono dalla moto sono pure riposati. Tu no. Però tu ti sei divertito. Ecco, in due parole dove sta la differenza. Peccato per la sella troppo dura, nonostante sia il modello “comfort”, per le sospensioni fin troppo rigide quando l’asfalto non è un biliardo e per il motore che scalda un po’ troppo, soprattutto alle basse andature.

La LC8 Adventure è una KTM. Punto. Quindi vi sentirete su una moto da cross in grado però di fare i 200 km/h. E salire sulla “Kappa” dopo essere scesi da una qualunque delle altre mostra chiaramente cosa comporta la ruota anteriore da 21”. Gli ingressi in curva sono più lenti, ma anche estremamente progressivi. La sensazione di appoggio, per via del battistrada, è leggermente inferiore. Però si “sente” la moto, si percepisce il livello di aderenza, specie dove è malformato, mentre con tutte le altre si corre veloci fidandosi ciecamente di ciò che avviene sotto le ruote. Con la LC8 questo non avviene e si impara ben presto a giocare con il gas e il pneumatico posteriore, ad anticipare l’inserimento in curva e arrotondare tutte le traiettorie. Ci si diverte un mondo e ci si sente sicuri. Il motore spinge bene ai bassi, poi sembra avere una leggera flessione, prima di tornare a spingere come un forsennato fino al cambio marcia. Molto potenti e modulabili i freni, con il posteriore che tende a far bloccare fin troppo facilmente la ruota e l’anteriore che, se strizzato come si deve, può mettere in crisi l’aderenza sulla stretta ruota da 21”. La KTM è piaciuta da matti a tutti perché è “maschia”, profuma di Enduro fin dai primi metri, trasmette solidità e poi perché è l’unica che può veramente mettere le ruote fuori dall’asfalto.

La nuova BMW R 1200 GS, nonostante la cilindrata extra-large, è una moto stretta, compatta. Inoltre ha il baricentro più basso della categoria (miracoli del boxer), fatto che regala una manovrabilità e una maneggevolezza sconosciuta alle altre (Multistrada a parte). I cambi di direzione sono naturali e veloci. La posizione di guida è comoda, il manubrio molto largo e le pedane strette formano una triangolazione che risulta azzeccata anche per la guida in piedi nell’offroad. Il motore è incredibilmente fluido e pieno, tanto che nelle riprese in sesta da 100 a 130 km/h, tipiche di un sorpasso autostradale, è stata seconda solo alla potente Tiger, mentre Honda, Suzuki/Kawasaki, KTM e Yamaha rimangono al palo. Peccato per i 13.300 euro necessari all’acquisto perché se dovessimo giudicare solo le doti di guida avrebbe già messo una seria ipoteca sulla vittoria della comparativa.

La Honda Varadero, risolti i problemi di “sete”, si è dimostrata una splendida tuttofare. Neutra in ogni situazione e anche discretamente maneggevole per la mole che possiede, scende in piega sicura e in modo molto progressivo, ti porta in giro senza preoccupazioni e con un livello di confidenza invidiabile. E’ l’unica con la frenata ripartita: il suo effetto non disturba e la resa è davvero encomiabile. Il motore è estremamente fluido e trattabile, certamente più del Suzuki, e ha una valida spinta ai regimi medio-bassi. La posizione di guida un po’ infossata scarica completamente i polsi e, come avviene anche su V-Strom e KLV, non consente di “sentire” la ruota davanti.

Suzuki V-Strom
e Kawasaki KLV hanno un serbatoio leggermente più stretto della Varadero e prestazioni assolute superiori, ma non consentono una guida altrettanto fluida e disimpegnata a causa di un motore meno “burroso” ai bassi. Di contro, quando il ritmo sale viene fuori una moto estremamente precisa nelle traiettorie, ben frenata, sicura in appoggio (le pedane, come avviene anche sulla Caponord, toccano presto terra in curva) e sportiva nell’indole del propulsore.

L’Aprilia Caponord, oltre a toccare le pedane gratta le borse, perché sono larghe e montate un po’ in basso. Quello che non ci è piaciuto della Caponord è la sensazione di peso da fermo (specie col pieno), il rumore del motore (davvero impersonale) e il manubrio un po’ lontano, oltre che afflitto da qualche vibrazione di troppo. Per il resto è una moto piuttosto facile e neutra, che spinge forte e lineare e dotata di freni potenti. Il cambio non è un mostro di velocità e la frizione, come anche quella di Suzuki/Kawasaki, è un filo dura (la più dura, però, e quella di Ducati mentre la più morbida è di KTM).

La Triumph Tiger sarebbe perfetta anche per chi è alle prime armi, ma la sensazione di peso alle basse andature e l’anteriore leggermente sottosterzante la fanno consigliare soprattutto a chi ha un minimo di esperienza. Stupendo il motore, che permette di tenere un passo svelto senza troppo sforzo. Duro negli innesti il cambio e precisa la frizione, la Tiger ha conquistato un po’ tutti.

Inutile fare le classifiche, perché mai come in questo caso è giusto dire “a ognuno la sua”. Su strada, GS e Varadero si guidano col pensiero, la Multistrada impegna, ma eccita, “fuori” la risposta è una: “Kappa”. V-Strom, KLV e Caponord attirano il vacanziero vero. La Tiger è particolare perché è inglese, è l’unica tre cilindri ed ha un’erogazione fantastica. La TDM è la risposta giusta - ed economica -per chi si avvicina al mondo delle maxi.

Schede tecniche



Aprilia
BMW
Ducati
Honda
Kawasaki
KTM
Suzuki
Triumph
Yamaha
Motore bicilind.
V60
longitud.
bicilind.
boxer
trasvers.
bicilind.
L90
longitud.
bicilind.
V90
longitud.
bicilind.
V90
longitud.
bicilind.
V75
longitud.
bicilind.
V90
longitud.
tre cilindri
in linea
frontem.
bicilind.
in linea
frontem.
Cilindrata 997 cc 1170 cc 992 cc 996 cc 996 cc 942 cc 996 cc 955 cc 989 cc
Raffreddam a liquido ad aria ad aria a liquido a liquido a liquido a liquido a liquido a liquido
Num.valv. 4/cilindro 4/cilindro 2/cilindro 4/cilindro 4/cilindro 4/cilindro 4/cilindro 4/cilindro 4/cilindro
Alimentaz. iniez. elettr. iniez. elettr. iniez. elettr. iniez. elettr. iniez. elettr. carburatori iniez. elettr. iniez. elettr. iniez. elettr.
Cambio 6 rapporti 6 rapporti 6 rapporti 6 rapporti 6 rapporti 6 rapporti 6 rapporti 6 rapporti 6 rapporti
Frizione multi
disco
in bagno
d'olio
mono
disco
a secco
multi
disco
a secco
multi
disco
in bagno
d'olio
multi
disco
in bagno
d'olio
multi
disco
in bagno
d'olio
multi
disco
in bagno
d'olio
multi
disco
in bagno
d'olio
multi
disco
in bagno
d'olio
Trasmiss.
finale
a catena a cardano a catena a catena a catena a catena a catena a catena a catena
Telaio doppio trave
alluminio
traliccio
in alluminio
traliccio
in acciaio
perimetr.
in acciaio
doppio trave
alluminio
traliccio
in acciaio
doppio trave
alluminio
perimetr.
in acciaio
doppio trave
alluminio
Forcella tradizion.
steli da
50 mm
Telelever
steli da
41 mm
rovesciata
steli da
43 mm
tradizion.
steli da
43 mm
tradizion.
steli da
43 mm
rovesciata
steli da
48 mm
tradizion.
steli da
43 mm
tradizion.
steli da
43 mm
tradizion.
steli da
43 mm
Sosp. post. monoam. monoam.
con Paralever
monoam. monoam. monoam. monoam. monoam. monoam. monoam.
freno ant. dischi da
300 mm
dischi da
305 mm
dischi da
320 mm
dischi da
296 mm
dischi da
310 mm
dischi da
300 mm
dischi da
310 mm
dischi da
310 mm
dischi da
298 mm
freno post. disco da
270 mm
disco da
265 mm
disco da
245 mm
disco da
256 mm
disco da
260 mm
disco da
240 mm
disco da
260 mm
disco da
285 mm
disco da
245 mm
Pneumatico
ant.
110/80
-19
110/80
-19
120/70
-17
110/80
-19
110/80
-19
90/90
-21
110/80
-19
110/80
-19
120/70
-18
Pneumatico
post.
150/70
-17
150/70
-17
180/55
-17
150/70
-17
150/70
-17
150/70
-18
150/70
-17
150/70
-17
160/60
-17
Altezza
sella
820 mm 840-860 mm 850 mm 838 mm 840 880 840 840-860 825 mm
DATI
RILEVATI
Potenza max
alla ruota
89,15 CV
a 8.250 giri
88,26 CV
a 7.750 giri
78,12 CV
a 8.000 giri
84,16 CV
a 8.000 giri
92,75 CV
a 7.750 giri
91,10 CV
a 8.250 giri
92,75 CV
a 7.750 giri
89,85 CV
a 9.250 giri
75,80 CV
a 7.250 giri
Coppia max
alla ruota
8,38
kgm
a 6.500
giri
10.06
kgm
a 5.500
giri
7,94
kgm
a 6.000
giri
9,10
kgm
a 6.000
giri
9,36
kgm
a 6.250
giri
8,65
kgm
a 6.250
giri
9,36
kgm
a 6.250
giri
7,96
kgm
a 6.000
giri
8,28
kgm
a 5.750
giri
Peso
senza benzina
249,8 kg 226 kg 206,2 kg 248,8 kg 225,2 kg 207,8 kg 225,2 kg 242,4 kg 210 kg




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