Quando si comincia a guidare a buon ritmo tra le curve, la CB650R convince per la buona maneggevolezza: le sospensioni sono piuttosto sostenute nella taratura, limitando i trasferimenti di carico, ma riuscendo comunque a copiare molto bene le imperfezioni dell’asfalto. Il feeling in entrata di curva è buono, con solo una leggera tendenza a “prendere sotto” nei tornanti se si arriva un po’ impiccati, forse anche per via delle Metzeler Roadtec di serie, ottime gomme destinate più all’uso turistico che a levare i pruriti sportivi. Il vero valore aggiunto della Honda però è il motore: il quattro cilindri è disponibile alla piena apertura del gas fin dai 1000 giri/min, garantisce una spinta discreta fino ai 6000, per poi cominciare a scatenarsi, dando il meglio di sé dagli 8.000 ai 10.000 giri/min. È una vera goduria spalancare il gas agli alti, anche perché la voce del quattro in linea, fin lì educata, si trasforma in un urlo roco che mette i brividi, e scatena anche qualche vibrazione avvertibile su sella e pedane. Poco o per nulla invasivo l’intervento del traction control (regolabile), anche ad andature piuttosto allegre. Quando ci si deve affidare ai freni, le pinze radiali aggrediscono i dischi con buona modulabilità, anche se l’attacco è un po’ brusco e la corsa alla leva davvero ridotta, mentre il freno posteriore fa il suo onesto lavoro di complemento senza sbavature. Da segnalare il fatto che, nelle frenate più aggressive, si innesta automaticamente il sistema di lampeggio delle quattro frecce: una sicurezza in più per noi e per chi ci segue. Scrivendo del comportamento dinamico di una moto si possono prendere in considerazione molti fattori, ma alla fine, quello che conta davvero è il feeling che riesce ad instaurare con il pilota. Ed è esattamente questo il maggior pregio della Monster: entra subito in confidenza con chi ne è ai comandi. Parte di questa magia è merito della posizione di guida non affaticante, con il manubrione a fare da comoda interfaccia alla coordinazione occhiomano-asfalto. Alle basse velocità sei rassicurato anche dalla sensazione di leggerezza e dall’amichevole rombo del motore. Il pompone garantisce una spinta sempre sostenuta ma “facile”, e ti porta fuori dalle curve anche se innesti una marcia troppo alta. Il terreno di gioco preferito dalla 797 è il misto, lì si potrebbe stare per ore a farla correre tra una curva e l›altra, sfruttando la perfetta armonia tra ciclistica, motore e gomme, le sempre ottime Pirelli Diablo Rosso III che garantiscono, tra le altre cose, un ottimo feeling anche nelle pieghe più accentuate. La grande stabilità non viene meno quando si affrontano i curvoni veloci, dove l’avantreno rimane piantato e pre ciso. Da sottolineare il fatto che questa bontà di guida non pregiudica il comfort: le sospensioni hanno una taratura di compromesso ma assorbono bene le asperità, pur garantendo sostegno nella guida sportiva, con solo la forcella che affonda un po’ nelle staccate più lunghe. I grossi dischi dotati di pinze radiali Brembo sono una garanzia, anche se è necessario un minimo di assuefazione per abituarsi all’attacco piuttosto aggressivo già nella prima fase di escursione della leva. Insomma, l’avete capito: CB650R e Monster 797 hanno passato l’esame con ottimi voti, nonostante le aspettative che gravavano sulle loro spalle: l’evoluzione dalla giovinezza alla maturità non ha minimamente scalfito le caratteristiche che hanno fatto innamorare un’intera generazione di motociclisti, ma le ha addirittura esaltate. Quale è la migliore? Ci sentiamo di dire che Honda e Ducati si equivalgono pur con caratteristiche diverse: se volete una moto ricercata, elegante e dal motore prestazionale rivolgetevi alla giapponese, mentre se il vostro DNA è sportivo e sanguigno la Monster è la scelta giusta, a patto di essere disposti a sborsare più di 1.000 euro di differenza rispetto alla CB650R.