Comparativa classiche: Ducati GT1000, Moto Guzzi V7 Classic, Triumph Scrambler
GT1000, V7 Classic e Scrambler sono tre moto ispirate al passato, quasi per amatori. Hanno in comune le linee derivate dagli Anni Sessanta/Settanta, ruote a raggi, telai e motori bicilindrici raffreddati ad aria in vista. Le abbiamo provate su un percorso di 1.200 km fra Milano e Dignone (Francia). Ecco come vanno.
Le protagoniste
LE PROTAGONISTE Sono caratterizzate
da elementi stilistici propri degli anni Sessanta/Settanta. Moto Guzzi
riveste la sua Breva 750 con un mix di sovrastrutture derivate dalla celeberrima
V7 nelle versioni Sport e Special. Triumph è l’unica Casa al mondo che
riesce ad avere successo con modelli ispirati al passato, tipologie di
moto in cui tutte le altre Case costruttrici hanno fatto fiasco. Così nasce
la Scrambler. Infine Ducati, un po’ a sorpresa, riesplora il segmento
turistico classico. La definiamo una sorpresa per due ragioni: la prima
è che la 750 GT degli anni 70, cui s’ispira la 1000 d’oggi, non ha
avuto
un grande successo. La seconda è che questa moto contrasta con l’immagine
sportiva Ducati. In comune le tre le moto hanno telai e motori a vista,
raffreddati ad aria e bicilindrici. I propulsori mantengono le architetture
come da tradizioni delle Case costruttrici: a “L” la Ducati, in
linea
frontemarcia la Triumph e a “V” trasversale la Guzzi. Hanno in
comune
anche la parte ciclistica con ruote a raggi e doppi ammortizzatori al
posteriore.
Ducati GT1000
DUCATI GT1000 La GT emiliana
è la più “moderna” del trio: il suo bicilindrico è infatti di gran
lunga
il più performante, con una potenza di 76 CV alla ruota, valore notevolmente
migliore di quelli rilevati sulla Scrambler e sulla V7. La dotazione è
adeguata: Ducati è infatti la sola a montare un doppio freno a disco
all’anteriore,
cambio a 6 marce e “scarpe” di tutto rispetto su cerchi da
17”: al posteriore
c’è infatti una gomma da 180/55, mentre all’anteriore una 120/70 con
la ruota guidata da una forcella a steli rovesciati. La GT primeggia per
velocità massima e accelerazione. La frenata è potente e modulabile. Il
comportamento in piega è rotondo e prevedibile, nonostante le sospensioni
abbiano una risposta un po’ troppo secca.
Moto Guzzi V7 Classic
MOTO GUZZI V7 CLASSIC
La moto di Mandello, complici le ruote di sezione oggi quasi dimenticata
(18-17), ispira subito confidenza dando una sensazione di lestezza e agilità
che si conferma in movimento: ciclistica sana, motore poco potente ma elastico,
invitano a una guida in scioltezza, badando più allo scorrere dei panorami
che del tempo, soprattutto in gite fuori porta. Purtroppo ha qualche vibrazione
di troppo, il cambio è abbastanza preciso, ma la corsa della leva è
eccessivamente
lunga. Gli ammortizzatori hanno una risposta secca e la moto V7 ha qualche
problema di elettronica (a freddo il motore tende a spegnersi al minimo,
mentre le spie vanno spesso in tilt). I 40 CV alla ruota della Guzzi fanno
quel che possono: cioè non molto, col metro odierno. D’altra parte la
V7 non ha velleità sportive.
Triumph Scrambler
TRIUMPH SCRAMBLER L’inglese è molto ben
rifinita. In sella
si ha un buon controllo, facilitato dal largo manubrio con tanto di traversino,
guardando il quale si viene colpiti dalla strumentazione, priva del contagiri
(optional). I pneumatici, moderatamente scolpiti, e i soffietti sulla forcella
contribuiscono a dare un’immagine di “cattiveria old style”
che però
svanisce appena si spalanca la manopola del gas, quando la Scrambler reagisce
in modo fin troppo pacifico. L’inglese ha un difetto: lo scarico.
Viaggiando
non dà fastidio ma quando ci si ferma al semaforo, scalda parecchio la
gamba destra. La Scrambler è spinta dal medesimo motore della Bonneville,
depotenziato di 8 CV per essere ancor più facile da gestire. È il più elastico
dei tre, gira con regolarità sin dai bassi regimi e ha una buona progressione.
La Scrambler è piacevolissima da guidare su qualsiasi terreno.
Il servizio completo su Motociclismo di ottobre.
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