Le sfidanti
E’ il vigoroso 3 cilindri Triumph la sorpresa dell’anno: coppia da
record
e voce da pelle d’oca. Le giapponesi replicano con la ciclistica da GP
della Yamaha, il perfetto equilibrio della Suzuki, la forza esplosiva della
Kawasaki e la disarmante facilità della Honda. Tutte, però, sono
costrette
a inseguire, anche se la moto inglese (nonostante 76 cc in più) sente
il fiato sul collo...
Le abbiamo provate su strada per 1.300 km e sulla pista di Calafat, in
Spagna. Acquisizione dati, tempi sul giro e per la prima volta il reale
angolo di piega...
Honda CBR600RR
Le concorrenti sono agguerrite ma lei replica con un’aggressiva politica
dei prezzi: chi acquista la CBR entro il 31 marzo 2006 avrà un kit
racing
DPM del valore di 1.100 euro.
Da sola vale quasi la metà del mercato 2005 supersport di 600 cc (4.421
CBR600RR e 1.182 CBR600F)
Il motore è lineare nell’erogazione, ma penalizzato da rapporti
lunghi.
Ottimo il consumo di gomme, solo discreto quello di carburante. La potenza
massima è la più bassa ma la CBR supera i 260 km/h.
La ciclistica è tra le più bilanciate, ma la maneggevolezza è solo discreta.
Posizione in sella e comfort sono apprezzati da piloti di tutte le taglie.
La frizione dura non penalizza il cambio, ma la sella scivolosa pregiudica
in parte la grande intuitività in pista e in strada.
Kawasaki ZX-6R
Nel 2005 la ZX-6R (3.767 unità) ha venduto più di Yamaha, Triumph e Suzuki
messe insieme.
Il motore di 636 cc resta un riferimento assoluto e detiene ancora il record
di potenza massima.
Le sospensioni sono molto efficienti su strada, ma in pista occorre
un set-up ben più rigido.
La protezione aerodinamica è buona e la sella morbida, ma le vibrazioni
sono molto elevate. La posizione di guida non sempre convince, soprattutto
per il manubrio aperto. A dispetto della mole, la ZX-6R è maneggevole
e in pista si lascia apprezzare in tutte le fasi di guida, tranne che in
accelerazione, dove è marcata la tendenza a sbacchettare.
Sempre poderosa la frenata (unica con dischi a margherita) e molto
corti i rapporti.
Suzuki GSX-R 600Dopo la delusione
del 2005 sia nelle vendite (1.282 moto in Italia) sia nelle prestazioni
(meno di 100 CV alla ruota), la GSX-R 600 rialza la testa con orgoglio
grazie a un’estetica accattivante, a finiture di ottimo livello e a
prestazioni complessive strada/pista al top della categoria.
Il motore ha un sound galvanizzante, ma un leggero on/off disturba
l’uso
in pista e su strada.
La posizione in sella confortevole, l’assenza di vibrazioni e la
visibilità
offerta dagli specchietti retrovisori sono i plus dell’uso su strada.
Le sospensioni rigide sono invece molto più efficaci in pista, dove
la solo discreta velocità di punta pregiudica i tempi sul giro.
Nonostante
il peso più alto della categoria, la Suzuki sfodera un’ottima
maneggevolezza.
Triumph Daytona 675
Esaltano i contenuti tecnici e le prestazioni complessive. Il 3 cilindri
di 675 cc sfrutta la sua struttura e la maggior cubatura per portare la
moto al successo (in volata) di questa comparativa. Non sarà così anche
in gara, perché il regolamento del Mondiale SS non accetta la Daytona.
Ovviamente senza un telaio ben bilanciato il risultato non sarebbe mai
stato raggiunto, ma a livello di ciclistica alcune giapponesi sono ancora
avanti.
Non è maneggevolissima, è rigida di ammortizzatore e ha il baricentro (a
nostra sensazione) piuttosto alto. La sella vibra, lo scarico scalda,
la protezione aerodinamica è scarsa e la folle non si trova facilmente.
Però la posizione di guida è ottima, la frenata eccellente e la trazione
fuori dalle curve non teme confronti.
Yamaha YZF-R6
E’ la 600 dai maggiori contenuti tecnici: frizione antisaltellamento,
acceleratore elettronico, sospensioni da GP. Ogni suo dettaglio sembra
studiato per le corse, ma la moto ha anche ottime finiture ed è conforme
alla normativa antinquinamento Euro 3. Bisogna fare i conti con un
motore pigro ai regimi medio/bassi e con un prezzo d’acquisto superiore
agli 11.000 euro. Però l’urlo del 4 cilindri a 17.000 giri e la
ciclistica
da 250 GP regalano sensazioni di guida impagabili. I principali
difetti riguardano la frizione brusca nello stacco al via, qualche vibrazione
al manubrio e la frenata poco modulabile nell’uso in pista.
L’eccellenza
del telaio si traduce nella massima maneggevolezza, con inserimenti
in curva sempre rapidi e in una posizione in sella decisamente ospitale.
Triumph vince in pista
La gara virtuale vi viene illustrata sovrapponendo i migliori giri di ogni
moto
La loro posizione in pista è “fotografata” dal GPS della
2D e
nel grafico a fianco è riportata fedelmente.
Le tabelle comparative delineano la situazione
“istantanea”, tenendo
conto cioè del tempo e non dello spazio. Per questo motivo ci sono dati
molto diversi da moto a moto (soprattutto tra la prima e l’ultima) per
quanto riguarda la velocità di percorrenza e la marcia inserita: capita
che una moto è in accelerazione già da un secondo, mentre l’altra è ancora
in percorrenza di curva. (Per confrontare le moto nei medesimi punti
della pista vi rimandiamo al servizio completo pubblicato sulla rivista).
Tutti i tempi
Dopo aver ingradito l'immagine in alto trovate anche (proprio sotto la
rappresentazione della pista) la tabella "Il verdetto del cronometro":
il riassunto dei tempi dei 5 tester.
Il miglior crono è stato rilevato con una metodologia rigorosa: moto
con pneumatici nuovi affidata al tester 1 e, a scalare, fino al tester
5, senza alcun cambio gomma. Ogni pilota ha 5 litri di carburante nel
serbatoio e 3 giri cronometrati a disposizione oltre a uno di lancio e
uno di rientro.
Per la prima volta abbiamo introdotto anche il giro ideale: somma tutti
i migliori intertempi a prescindere dal pilota che li ha ottenuti.
Ecco dove guadagna e perché vince la Triumph
I pallini colorati riferiti a ogni moto sono l’esatta fotografia del GPS
sulla loro effettiva posizione all’interno della pista.
In fondo al rettilineo si nota come la Triumph sia l’ultima in classifica,
confermando la minore velocità massima della categoria rilevata dal nostro
Centro Prove. E anche dopo il curvone a sinistra da 4° marcia, con
relativa staccatona, emerge la ciclistica di Yamaha e di Suzuki.
Dall'accelerazione
del primo tornante a destra, e anche dopo il successivo tornante a sinistra,
la Triumph balza in testa, confermando la straordinaria coppia del suo
tre cilindri.
I 3-4 decimi guadagnati “di motore” in questo punto sono quelli che
le
consentiranno di vincere la sfida. Nella parte più guidata della pista,
dove la Daytona fa segnare un intertempo di 19”70, tutte le giapponesi
(ad eccezione della Honda) le recuperano 2-3 decimi. La Suzuki, addirittura,
si appaia alla vincitrice in uscita dall’ultima curva, ma anche qui il
tre cilindri di Hinckley farà valere la sua forza portando al successo
la Triumph con 14 centesimi di secondo sulla GSX-R 600.
I banchi
Fin dai bassi regimi di rotazione il tre cilindri Triumph
allunga
sui concorrenti. Basti pensare che eroga ben 45,5 CV alla ruota a soli
6.000 giri. Da 7.000 giri a 11.000 giri la schiena di coppia è nettamente
superiore a quella delle concorrenti dirette e culmina in una buona potenza
massima e una discreta capacità di allungo. Anche la Kawasaki
sfrutta
il vantaggio di cubatura per ottenere ottimi valori parziali di coppia,
soprattutto a 7.000 giri, proprio in corrispondenza dell’unica incertezza
della Daytona. Ma la ZX-6R in alto non “mura”, raggiungendo quasi
110
CV alla ruota (record di categoria) a 13.750 giri.
Suzuki e Honda si equivalgono da 2.500 fino a 11.000 giri con curve
di coppia molto lineari. Da 11.500 giri in avanti, però, la GSX-R 600 prende
il sopravvento e tiene a debita distanza (3-4 CV) la CBR600RR.
Infine la Yamaha: è una furia in alto dove sfiora 108 CV a
14.000
giri, ma delude ai medi e bassi regimi per una curva di erogazione irregolare
e parziali di potenza insoddisfacenti: a 8.000 giri eroga 7 CV meno di
Honda e Suzuki, 14 CV meno di Kawasaki e 18 CV meno di Triumph.
Su Motociclismo di marzo sono pubblicate le schede tecniche e i risultati
completi del nostro Cenytro Prove.