Le protagoniste
Sul circuito più veloce del mondiale SBK, abbiamo messo a confronto le
nuove 1000 giapponesi a 4 cilindri. Il salto generazionale compiuto dai
rinnovati modelli di Honda, Kawasaki e Yamaha ridimensiona le prestazioni
della GSX-R, ex-regina di categoria. Il giudice? Solo uno: il
cronometro.
In condizioni climatiche non certo favorevoli (un freddo pomeriggio di
febbraio) ci siamo infilati il completo da pista per una full immersion
di adrenalina e cavalli. Protagoniste della prova, le nuove
superbike
delle Case giapponesi.
Con questi modelli, Honda, Kawasaki, Suzuki e
Yamaha
si giocano una bella fetta di mercato, non solo in Italia.
Da anni ormai si dice che le prestazioni delle maxisupersportive, per un
utilizzo stradale, sono totalmente fuori di ogni logica e puntualmente,
ogni due anni, escono modelli sempre più raffinati e, soprattutto,
sempre più potenti. I dati dichiarati parlano chiaro: dai 164 CV
della GSX-R ai 175 della ZX-10R, passando per i 172 di CBR-RR e YZF-R1,
si tratta di “missili” che poco hanno a che fare con la strada; per
sfruttarle
a fondo e soprattutto per divertirsi veramente, oggi più che mai
bisogna andare in circuito.
Ora però, vorrete sapere come vanno. Partiamo dai freddi numeri della potenza
massima alla ruota. Il banco dinamometrico ha sancito la sua
verità: 150,76 CV per la Yamaha, 150,19 per la
Kawasaki,
146,29 per la Suzuki e 145,39 per la Honda.
Classifica quasi invertita per la coppia massima: 10,38 kgm per
la GSX-R, 10,25 per la CBR-RR, 10 per la ZX-10R e
9,90 kgm per l’R1.
Diverso quindi il carattere dell’erogazione; la GSX-R si dimostra
ancora una volta una vera “belva”, con nessun timore
reverenziale
in termini di prestazioni assolute: è la più rapida in accelerazione
e ripresa (sulla base dei 400 metri) grazie alle curve di coppia
e potenza molto sostenute su tutto l’arco di erogazione, facendo
valere
in questo anche il peso contenuto, il più basso (poco più di 185
kg sulla nostra bilancia) insieme a quello della ZX-10R. Poco meno
di 190 kg per la Yamaha R1 e quasi due quintali (197,2
kg) il peso della CBR-RR.
Questo per quanto riguarda i rettilinei. Ma in pista? Beh, la freschezza
dei progetti più recenti si fa valere, lo dice il tempo sul giro
che ribalta ancora una volta la classifica: 1’57”7 per
la
Yamaha a cui è incollata la Kawasaki con 1’57”9
mentre prendono quasi 2” Honda e Suzuki che come miglior
crono hanno fatto registrare rispettivamente 1’59”6 e
1’59”7.
Questi i fatti, ora le sensazioni a bordo.
In pista
Le moto della comparativa, di serie montano invariabilmente
coperture
nelle misure 120/70-17 all’anteriore e
190/50-17 al posteriore
(con canale del cerchio da 6 pollici). Per la prova in circuito
abbiamo montato la stessa marca e tipo di pneumatici su tutte le moto:
Pirelli Supercorsa nella mescola SC2 (intermedia
tra
la morbida SC1 e la dura SC3) con il posteriore nella misura 190/55-17,
quindi con diametro di rotolamento maggiore, cosa che comporta un allungamento
del rapporto della trasmissione finale. La
scelta è caduta su questi pneumatici perché sono quelli adottati
nel campionato Superstock, vera vetrina per le maxisportive
1000, dato che le moto devono davvero essere molto simili al modello di
produzione.
Eccoci finalmente ai box a scaldare i motori, si parte!
L’asfalto è freddo, il clima pure ma l’adrenalina corre
veloce
nelle vene e dietro la visiera del casco lo sguardo tradisce la massima
concentrazione: bisogna capire quale di queste mostruose superbike
è la più veloce in circuito.
Per fugare ogni dubbio e lasciare alle impressioni personali solo la descrizione
delle sensazioni di guida, un cronometro digitale è posizionato
in prossimità della strumentazione e ad ogni passaggio sulla linea
del traguardo mette il “sigillo” sul tempo di ogni giro.
Chilometro dopo chilometro aumenta la confidenza, la sicurezza e si
cerca la prestazione. I tester si alternano alla guida scambiandosi
le moto ma non prima di aver preso le “misure” ad ognuna. I tempi
scendono, scendono, scendono ancora, finché il più veloce tra noi trasecola
quando sul display montato sulla R1 vede 1’57”7.
Nessuna
moto di serie era mai arrivata a tanto nelle nostre mani. Le altre sono
tutte lì, sotto i due minuti, incollata la Kawasaki, un po’
più indietro Honda e Suzuki.
Ecco il nostro “giro perfetto” a Monza. In fondo al rettilineo
dei
box la prima tremenda staccata: da 299 km/h indicati
(nessuno dei tachimetri segna 300 km/h) a circa 50 km/h. Con la
R1 il retrotreno si alleggerisce senza saltellare mentre dalla sesta
scaliamo fino alla seconda assecondati dalla solida forcella e dal potente
impianto frenante. Sulla Kawasaki il sistema antisaltellamento aiuta
il pilota perché la ZX-10R alleggerisce molto il posteriore. La
frenata della CBR-RR è potente ma dolce, non ci piace invece la
forcella troppo cedevole. Qualche saltellamento di troppo sulla GSX-R,
peraltro non ravvisato dai tester con lo stile di guida più
“pulito”.
Prima variante, destra/sinistra secco. Con la R1 il manubrio
largo, la rapportatura ravvicinata e l’erogazione fluida della potenza,
agevolano questo lento “pif-paf”. Quando si riapre il gas in uscita
di
curva, la potenza non manca ma notiamo che per trovare i cavalli agli alti
regimi i tecnici di Iwata hanno sacrificato qualcosa in termini di coppia
ai medio-bassi.
Simile la maneggevolezza della ZX-10R che in uscita di curva paga
la scelta di una rapportatura un po’ lunga e di una coppia meno sostenuta
ai medi regimi rispetto a CBR-RR e GSX-R. Honda e Suzuki
schizzano via dalla Prima Variante con grande fluidità.
Via verso la Curva Grande. Dentro la terza, poi la quarta, lottando
per tenere la ruota anteriore attaccata al suolo. Appoggiamo la quinta
ed in apnea entriamo nel mitico curvone di Monza con la saponetta
che striscia sull’asfalto a 250 km/h. Le moto si comportano benissimo,
grande rigore direzionale e notevole solidità in appoggio, poi si
apre progressivamente il gas per vedere ancora i 280 km/h indicati prima
della staccata della Seconda Variante. Si scende di tre marce e
si entra nel sinistra/destra con l’anteriore ancora
“pinzato”. L’effetto
auto-raddrizzante è nullo con Yamaha, Honda e Suzuki,
si percepisce invece sulla Kawasaki. Riapriamo il gas e qui abbiamo
modo di verificare comportamenti diversi del retrotreno: il monoammortizzatore
della Yamaha “pompa” innescato dal veloce cambio di direzione
ma la trazione non manca mai, tanto che l’R1 tende ad impennarsi
leggermente.
Un po’ più scorbutica ma comunque molto efficace la Kawasaki che
paga solo l’assenza dell’ammortizzatore di sterzo. Sulla
CBR-RR,
dopo qualche giro tirato il monoammortizzatore manifesta un certo calo
di rendimento, innescando qualche serpeggiamento spalancando il gas nella
violenta accelerazione in uscita di curva. Equilibrata la Suzuki
che scarica tutti i cavalli a terra con grande omogeneità di comportamento.
In terza marcia ci lanciamo verso la prima curva di Lesmo, qui la
fiducia nell’avantreno è fondamentale. L’R1 entra fluida, svolta in
un
lampo ed accelera rabbiosa. Facciamo in tempo a vedere i 200 km/h indicati
nel breve rettilineo che separa le due curve di Lesmo, affrontiamo
la seconda scalando una marcia e ci lanciamo in carena verso la discesa
del Serraglio.
Promossa a pieni voti la Suzuki nelle due curve di Lesmo, il suo
solidissimo avantreno ha messo tutti i tester a proprio agio. La Honda
è la più progressiva nelle reazioni, scende fluida in piega ed il motore
ha una risposta sempre prevedibile. Galvanizzante la Kawasaki, in
appoggio è solidissima e molto efficace in percorrenza di curva.
Alla staccata della Variante Ascari si arriva dopo il leggero
dosso che caratterizza la discesa del Serraglio; qui tra quarta
e quinta l’avantreno della R1 si alleggerisce e quello della
Kawasaki
dà l’impressione di alzarsi da terra.
Giusto il tempo di appoggiare la sesta e ci si aggrappa ai freni, scalando
fino alla terza per inserirsi nella prima piega a sinistra.
C’è un’incognita: la temperatura sulla spalla sinistra delle
gomme;
a Monza si gira in senso orario e le curve a sinistra sono solo quelle
delle “esse”. L’R1 si scompone un po’ in
ingresso e quando ridiamo
gas a 190 km/h indicati, la spalla sinistra non abbastanza calda porta
ad allargare la traiettoria, costringendo ad usare tutto il cordolo
ed il successivo tratto di asfalto della pista “junior”.
Teniamo spalancato ed accucciati in carena “strappiamo” il
comando
del gas in direzione Parabolica, con la ZX-10R minacciosa alle calcagna.
In percorrenza della variante Ascari la Yamaha ha manifestato un
leggero ritardo di risposta “pelando” il gas, quando si ha bisogno
solo
del primo tratto di apertura. A posto anche qui la GSX-R che spicca
per maneggevolezza e reattività, mentre la CBR-RR in questo veloce
cambio di direzione fa sentire il peso più elevato delle concorrenti. Secondo
noi questa sensazione è dovuta anche al funzionamento alle alte velocità
dell’ammortizzatore di sterzo elettronico.
Direzione Parabolica. Sul rettilineo di ritorno constatiamo la buona
aerodinamica delle quattro superbike, in particolare la Kawasaki
che accoglie egregiamente il pilota accucciato dietro al cupolino. I motori
urlano ed impressiona in particolare l’allungo ed il sound di aspirazione
e scarico della R1, un misto tra il sibilo di una seicento ed il
suono rauco da “1000”.
Con lei ci attacchiamo ancora una volta ai freni scalando fino alla terza,
marcia con cui si entra in Parabolica. Si percorre in costante
accelerazione
passando al rapporto superiore. Il ginocchio striscia sull’asfalto ed
il gomito quasi lo imita; in uscita, con il cuore in gola, una rapida
occhiata al tachimetro dà come risposta 234 km/h, un record per
noi! Passiamo sul traguardo ed il display dice 1’57”7. Per
tutta
la prova, con nessun’altra moto scendiamo sotto quel limite. La pista
ha dato il suo responso.
La tecnica
Tutti i motori sono a corsa corta. E’ la Yamaha
R1 ad avere
il rapporto più superquadro (anche per alloggiare al meglio le 5 valvole
per cilindro) ed infatti è quella con il regime di potenza
massima
più alto (12.250 giri/min) ma il risultato delle misure di
alesaggio
e corsa non cambia: è per tutte 998 cc.
L’architettura del propulsore prevede in ogni caso l’albero
motore
e i due alberi del cambio su piani diversi: Honda e Yamaha hanno la
frizione “alta”, Kawasaki e Suzuki “bassa”.
L’elettronica la fa da padrona sia per l’alimentazione
sia per lo scarico, con potenti centraline elettroniche che comandano
iniettori, farfalle e valvole parzializzatrici. La CBR-RR ha scelto
la soluzione dei doppi iniettori, un set sopra le trombette di
aspirazione,
altri quattro alloggiati direttamente nei corpi farfallati: questi ultimi
funzionano sempre, quelli soprafarfalla intervengono dai 5.000 giri in
poi per massimizzare il riempimento delle camere di combustione.
Kawasaki,
Suzuki e Yamaha hanno scelto invece la soluzione
mono-iniettore
con doppia farfalla, quella a valle comandata dalla manopola del
gas, quella a monte gestita dalla centralina (che comanda anche le valvole
allo scarico).
Per favorire scorrevolezza e scambio termico i pistoni in alluminio
forgiato sono soggetti a complesse lavorazioni che vanno ben oltre
il riporto, dato che i materiali utilizzati vengono praticamente
“incorporati”
nella superficie di scorrimento.
C’è una differenza importante per quanto riguarda il blocco
cilindri:
pur essendo di tipo closed-deck per tutte, su Honda,
Kawasaki
e Suzuki è in pezzo unico con i carter mentre su Yamaha è
separato. La prima soluzione va a vantaggio della rigidità del motore,
essenziale quando esso contribuisce alla rigidità complessiva della ciclistica.
Sulla Yamaha evidentemente hanno preferito privilegiare la facilità
costruttiva e la rapidità della manutenzione. La CBR-RR è l’unica
delle quattro con il cambio estraibile, soluzione vantaggiosa per
chi la userà nelle competizioni, del tutto ininfluente per l’utente
normale.
Sulla R1 sono stati rivisti gli innesti del cambio per ovviare
ai pochi difetti di quello della precedente versione: rumorosità e precisione.
La ZX-10R è l’unica con sistema antisaltellamento sulla
frizione.
Passiamo ai telai. Sono ovviamente tutti in alluminio.
La GSX-R adotta un classico perimetrale, cioè due grosse
travi che scendono dal cannotto verso il perno del forcellone passando
ai lati della testata. Honda ha scelto una struttura con due
grosse bretelle che abbracciano il motore. Sulla Kawasaki due
imponenti travi collegano cannotto e attacco forcellone passando
sopra al motore. Quello della Yamaha è invece un vero telaio
bitrave superiore per la realizzazione del quale è stato necessario
inclinare maggiormente in avanti il blocco cilindri. Come su una moto da
GP si ricorre sempre più spesso alla co-progettazione tra motoristi
e telaisti; non si spiega altrimenti, ad esempio, l’integrazione tra
una parte della cassa filtro e la porzione del telaio che sta sopra al
motore come avviene su ZX-10R e R1. Al contrario la GSX-R pare invece
frutto di una progettazione più tradizionale, seppur molto avanzata, come
testimoniato dalla larghezza del serbatoio che deve coprire i bracci del
telaio esterni ai lati della testata.
Alla ricerca della massima trazione, tutti i forcelloni sono molto lunghi
e per questo ampiamente rinforzati: capriata inferiore per Yamaha,
capriata superiore per Suzuki, struttura scatolata per Kawasaki e scatolata
con parti fuse ed estruse per Honda.
Caratteristica della CBR-RR è la sospensione posteriore con sistema
Pro-link che prevede il monoammortizzatore svincolato dal telaio.
Sulle altre il perno superiore è invece vincolato al telaio.
La forcella è su tutte una upside-down con steli da 43 mm
e riporto superficiale per migliorare la scorrevolezza. La Honda
ha ammortizzatore di sterzo elettronico, tradizionale invece quello
di Yamaha e Suzuki, assente sulla Kawasaki.
I potenti impianti frenanti contano tutti su pinze ad attacco radiale
e dischi di generoso diametro: 310 mm per Honda, 300 (a
margherita)
per Kawasaki e Suzuki, 320 mm per Yamaha.
Quanto costa portarsi a casa una di queste meravigliose sportive? Honda
CBR1000RR, 13.380 euro; Kawasaki ZX-10R 13.290 euro; Suzuki
GSX-R 1000 13.402 euro; Yamaha YZF-R1 13.790 euro
Prestazioni
Le prestazioni rilevate strumentalmente:
| HONDA
| KAWASAKI
| SUZUKI
| YAMAHA
|
Potenza max
alla ruota - giri
| 145,39 CV - 11.000
| 150,19 CV - 11.750
| 146,29 CV - 10.750
| 150,76 CV - 12.250
|
Coppia max
alla ruota - giri
| 10,25 kgm (100,51 Nm) -
8.500
| 10,00 kgm (98,13 Nm) -
9.500
| 10,38 kgm (101,87 Nm) -
8.500
| 9,90 kgm - 10.250
|
Velocità massima:
| 282,4 km/h a 11.400 giri
| 289,8 km/h a 12.150 giri
| 286,4 km/h a 11.700 giri
| 290,4 km/h a 12.600 giri
|
Peso senza
carburante:
| 197,2 kg (103,0 ant, 94,2
post)
| 185,2 kg (95,0 ant, 90,2
post)
|
185,4 kg (93,8 ant, 91,6
post)
|
189,7 kg (96,2 ant, 93,5
post)
|
accelerazione
400 metri (sec.)
| 10.255
| 10.184
| 10.041
| 10.271
|
ripresa 400
metri (sec.)
| 13.268
| 12.521
| 12.16
| 12.603 |
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