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Ciao, Nagio

È scomparso ieri in un tragico incidente in moto Luca Nagini, storico collaboratore di Motociclismo. Lo ricordiamo attraverso le parole di Mario Ciaccia, suo grande amico e compagno di tante avventure

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Sono all'Italian Challenge. Ho l'onore di farla insieme a Beppe Gualini, uno dei dakariani più famosi degli eroici tempi che furono. Per un'assurda coincidenza, è proprio a lui che arriva l'orrenda telefonata da parte di una persona che ha bisogno di contattare i familiari di Luca Nagini, il mio amico Nagio, perché gli è successo qualcosa di grave. Cosa? Quanto grave? Non si sa.

Caso vuole che io e Beppe si sia proprio sulle piste da sci di Campo Felice, sede di arrivo di una mitica tappa del Giro d'Italia, dove Nagio, tra le altre cose, faceva parte dello staff dei motociclisti al seguito. Stavo facendo una foto che intendevo mandargli seduta stante, "guarda dove sono" , invece è arrivata quella notizia, tanto vaga quanto terribile. Io e Gualini abbiamo ripreso la nostra marcia, ma la testa era là, da Luca.

Ed ecco un agghiacciante messaggio dalla redazione: "Purtroppo Mario è come temevamo". L'ho saputo così, in mezzo alle montagne, mentre guidavo la moto. Lui se n'è andato mentre guidava la moto e l'ho saputo mentre stavo facendo le stessa cosa. Non poteva che essere così.

Eravamo grandi amici, ci eravamo conosciuti 12 anni fa e, insieme, avevamo condiviso tantissimi servizi per Motociclismo: cavalcate in fuoristrada, notturne, tendate invernali, comparative maxienduro, tutto ciò che più amavamo fare. Il viaggio più bello: Altes Elefantentreffen con due 125 cc. Ci dividevamo sempre i compiti: io rompevo la moto, lui la riparava. Eravamo diversissimi, eravamo amicissimi. Lui era quello preciso che provava borse e GPS per Motociclismo, trovando qualsiasi genere di pelo nell'uovo, io ero quello che gli diceva che era un rompipalle. Adesso non potrò più dirlo.

È appena successo e io odio i discorsi retorici che accompagnano sempre queste cose. No, non voglio essere retorico. Voglio solo tornare indietro di 24 ore. Oppure restare sulle montagne con Gualini, senza 'sti orrendi smartphone che ci raggiungono anche in mezzo al Borneo per dirci cose orrende. Tra l'altro, io e Nagio ci dovevamo ancora andare, in Borneo.

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