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20 February 2003

CCM R30 650

“My supermotard, please!”

Com'è fatta


Una supermotard inglese con motore giapponese. Estetica originale, componentistica di qualità, meccanica affidabile. Maneggevole e ben frenata non è potentissima ma permette di divertirsi in sicurezza nei percorsi collinari e di montagna. In città poi, guizza come uno scooter. Il prezzo è elevato.

La maggior parte delle supermotard proposte dalle Case motociclistiche consistono nei modelli da enduro, modificati con ruote da 17 pollici, pneumatici stradali e freno a disco anteriore maggiorato.
La CCM R30 650, inglese con cuore giapponese, si discosta in parte da questa operazione di “trapianto” e propone un mezzo originale, nato direttamente in configurazione supermotard. Lo testimoniano le sovrastrutture dedicate: un mix abbastanza armonioso tra un codone da moto stradale, il parafango anteriore alto e la mascherina porta-faro dalla forma inconsueta. In questa colorazione verde ‘acido’ non passa certo inosservata.
Contribuiscono all’aggressività dell’estetica, il bel silenziatore sul lato destro ed i cerchi in lega leggera a tre razze.
La spartana strumentazione prevede contagiri e tachimetro montati su una piastra in fibra di carbonio che ospita anche il blocchetto per la chiave di contatto e le poche spie raggruppate all’interno del contagiri.
Lasciano a desiderare le finiture e qualche elemento della componentistica. Il tappo del serbatoio, bello da vedere, non è perfettamente a filo della carrozzeria, il rubinetto della benzina è vetusto, il bloccasterzo non è integrato nel blocchetto accensione e le pedane pilota sono fissate con soli rivetti. Inoltre l’accoppiamento sella-serbatoio è rumoroso. Bellissimo il manubrio Renthal a sezione variabile senza traversino e d’effetto anche il forcellone lucidato.
Il telaio è una solida struttura monotrave in acciaio sdoppiata a livello del basamento. I freni sono della Brembo: all’anteriore sul disco da 320 mm flottante agisce una pinza a due pistoncini, al posteriore c’è una pinza a pistoncino singolo per il disco da 220 mm.

Come va



La posizione di guida è raccolta, le dimensioni generali sono decisamente snelle e la triangolazione manubrio-sella-pedane è corretta e affatto costrittiva, solo la sella è un po’ troppo sottile e dura.
All’accensione notiamo una tonalità di scarico civile, in sintonia con lo spirito eclettico della moto.
I primi metri rivelano subito la grande agilità e maneggevolezza che mettono a proprio agio anche i piloti non abituati a mezzi di impostazione fuoristradistica.

Efficaci i freni; hanno mostrato buona potenza e modulabilità, soprattutto all’anteriore, mentre il posteriore può innescare qualche saltellamento se azionato con decisione.
La ciclistica è a punto per divertirsi sui percorsi medio-lenti, solo l’assetto ha mostrato qualche limite: il retrotreno è troppo alto e nelle staccate più decise la forcella affonda troppo. La conformazione del serbatoio poi, non consente una corretta presa delle ginocchia e nella guida aggressiva, la necessità di opporsi con le braccia alla forza frenante, “sporca” la migliore posizione per l’inserimento in curva.

Le sospensioni (forcella upside-down e monoammortizzatore sono WP) hanno i registri esterni per compressione ed estensione. A nostro avviso occorrerebbe una forcella più progressiva nell’affondamento ed un ammortizzatore più morbido ma i limiti riscontrati sono emersi nella guida al limite che non è la prerogativa di questa R30.

CCM story



Il papà delle CCM si chiama Alan Clews, è un inglese classe 1930 che, dopo gli studi tecnici, cominciò a lavorare aggiustando bilance. La sua grande passione erano le moto e così decise di partecipare alle competizioni di Trial e Regolarità. Il desiderio di guidare moto sempre più competitive lo portò a realizzare (grazie al sostegno di un suocero abbiente) due special con motore BSA. Erano talmente ben fatte che riuscì a venderle prima ancora di usarle!
Questo exploit gli permise di entrare in contatto con la BSA ottenendo materiali e motori per le sue realizzazioni. Nacque così, nell’aprile del 1971, il marchio CCM (Clews Competition Machines). Realizzò molte moto da fuoristrada con i motori BSA ma anche con i 2 tempi dell’italiana Hiro. La 500 Cross 4 tempi con motore BSA (nella foto in azione con John Banks) divenne con il tempo poco performante e troppo costosa rispetto alle nuove 2 tempi. La CCM venne così ceduta alla Armstrong che non ottenne però alcun risultato di rilievo, né tecnico né commerciale.
La passione e l’amore per il marchio da parte del fondatore e di suo figlio Austin hanno fatto sì che nel 1995 la produzione riprendesse utilizzando motori Rotax. Nel 1998 venne acquisita dal gruppo MBO e venduta al Fermec Holdings Ltd.
A fianco della dirigenza ci sono ancora Alan ed Austin Clews ai quali si sono recentemente aggiunti Carl Fogarty (in azione nella foto) e sua moglie.
Le CCM vengono ora importate in Italia dalla UK Garage di Milano che da circa sei anni commercializza le vetture inglesi supersportive prodotte in piccola serie.
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