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I segreti della catena: come nasce e come farla durare di più

La catena della trasmissione finale è un componente fondamentale della moto e può incidere su prestazioni e consumi. Alla Regina Catene abbiamo scoperto come nasce la catena e vi diamo i consigli di manutenzione per farla vivere più a lungo
1/21 Catene... a riposo alla fine del processo produttivo in Regina

Una maglia tira l'altra

Oggi la Regina è guidata da Paolo (34 anni) e Francesco (35 anni) Garbagnati
Se in ogni momento della vostra vita foste esposti al sole, all'acqua, al fango e allo sporco; sbattacchiati, tirati e mollati per 30 o 50.000 chilometri; spesso dimenticati e protetti solo da un velo quasi invisibile di lubrificante… Beh, vi sentireste come una catena! Per tutte le componenti di telaio, motore, sospensioni e pneumatici ci sono varie alternative e configurazioni, ma se si guarda alla trasmissione della coppia motrice dal motore alla ruota posteriore, la catena appare quasi insostituibile. Con la cinghia dentata che lavora pur sempre come una catena e non riesce a trasmettere potenze elevate, di fatto il solo “concorrente” è la trasmissione ad albero cardanico. Spesso però più per tradizione di un Marchio che per reale necessità. Non esiste moto con trasmissione ad albero sulla quale non possa essere installata efficacemente una catena, mentre non è sempre vero il contrario. Per capire al meglio come è fatta una catena e per conoscere lo "stato dell'arte" di questo componente, siamo andati a visitare una delle aziende storiche del settore (qui le foto): la Regina Catene Calibrate di Cernusco Lombardone (LC). Costruttore leader, inizia ad occuparsi delle trasmissioni per le moto nel 1939 (ma già nel 1919 ne fabbricava per biciclette), vanta un fatturato vicino ai 70 milioni di euro, ha sei fabbriche (tre in Italia, poi in Spagna, Cina e Brasile) e un palmares nelle competizioni da oltre 300 titoli Mondiali.

Concatenazione di ragioni

I componenti della trasmissione della Yamaha Tracer 900 dopo i 50.000 km del nostro long test
Uno dei motivi principali per cui i progettisti optano per la catena di trasmissione finale è la semplicità: servono solo pignone, catena e corona. Sul pignone ingrana la catena, che a sua volta calza sulla corona, montata sulla ruota motrice con interposizione di parastrappi di gomma, necessari per evitare che i picchi di coppia del motore e gli strappi violenti (come cambi marcia e buche) sollecitino troppo il motore e il cambio. La catena in sé non ne avrebbe bisogno, dato che ha limiti di resistenza ben superiori a quelli raggiungibili in qualsiasi condizione di funzionamento di una moto stradale o da corsa. Il peso complessivo è inoltre contenuto (circa 4-6 kg in totale), a vantaggio delle inerzie che si generano e delle forze che si scaricano sul telaio della moto, con conseguenze sulla guidabilità. Una catena usurata e mal lubrificata non incide sulle prestazioni massime del motore, quanto sulla risposta ai bassi regimi e in accelerazione (lo abbiamo verificato strumentalmente nei Long Test, le nostre prove di durata di 50.000 km). Inoltre, i consumi di carburante aumentano anche del 5% (sempre strumentale). Altro punto a favore del sistema "catena" è la risposta della sospensione posteriore alle variazioni di carico dell’acceleratore. Il cardano necessita di complicati sistemi di compensazione del sollevamento del retrotreno in accelerazione (esempio, il Paralever di BMW). Con la catena, invece, la sospensione posteriore tende a “chiudersi” (effetto “Squat”), provocando un aumento del carico sul pneumatico posteriore, incrementando il grip proprio quando la potenza scaricata a terra aumenta. Per contro, questo comporta alleggerimento dell’avantreno e tendenza all’impennata, ma intervenendo con opportuni set-up delle sospensioni è possibile limitare questo effetto. Tassativo, però, il “gioco” del ramo inferiore della catena: durante la compressione della sospensione posteriore, quest’ultimo va infatti in tensione e, senza gioco sufficiente, potrebbe addirittura provocare il bloccaggio della sospensione e la deformazione dei perni della catena.

600 pezzi

A) piastra esterna con finitura ottonata, B) guarnizione O-Ring, C) perno, D) piastra interna, E) bussola, F) rullo che scorrendo sulla bussola va a contatto con corona e pignone, riducendo gli attriti.
Una catena di media lunghezza è composta da 112 a 120 “passi” (ovvero la distanza tra un perno e l'altro: per le moto più potenti è generalmente di 15,875 mm), quindi è lunga tra 1.780 e 1.900 mm, mentre i pezzi che la compongono sono oltre 600. Nel dettaglio: le piastre interne ed esterne (i “biscottini" visibili dall’esterno della catena), le bussole che collegano le piastre interne (possono essere estruse, per le catene “sigillate” oppure avvolte per quelle prive di O-Ring - in Regina si chiamano Z-Ring) e che una volta montate compongono la maglia interna o “blocco”. I perni collegano invece le piastre esterne e sono alloggiati dentro alle bussole: gli schemi visibili in questo articolo e nella gallery spiegano al meglio la struttura di una catena.

Con un filo fai tutto

La vergella, la materia prima da dove nasce la catena. Dal filo d’acciaio si ricavano tutti i componenti
Tutto nasce dai rotoli di filo d’acciaio che la Regina acquista in grandi quantità dalle acciaierie, materiale che deve rispettare le severe specifiche dettate dal Reparto Corse: il materiale utilizzato in Regina per le catene delle MotoGP è infatti lo stesso che si usa per la le catene destinate alle moto in commercio. Una volta che il “filo” supera i controlli, prende diverse direzioni: se destinato alla costruzione dei perni, è avviato a una macchina che riduce il suo diametro tramite trafilatura e successivamente taglia il filo alla lunghezza desiderata, dotandolo di “smussi” sulle estremità che serviranno come invito al momento del montaggio nelle piastre esterne. Se invece il materiale sarà destinato alla costruzione delle piastre (esterne e interne, ottenute per troncatura a freddo) o delle bussole avvolte (destinate alle catene senza O-Ring) un laminatoio lo ridurrà a un nastro piatto, detto “piattina”.

Storie di bussole

I componenti di una catena Regina del tipo “sigillato”, con le guarnizioni Z-Ring
Una macchina avvolgitrice provvederà poi a realizzare i “tubicini” che costituiranno le bussole, il cui interno è sagomato in modo da risultare perfettamente rettilineo (e quindi offrire maggiore superficie di appoggio sul perno) una volta “piantate” nelle piastre interne. Le bussole per catene “sigillate” (che mantengono il grasso al loro interno grazie all’applicazione di guarnizioni Z-Ring) devono invece essere estruse, per non presentare il taglio tipico delle bussole avvolte, dal quale il grasso potrebbe fuoriuscire. Una macchina apposita con diversi colpi trasforma il filo in una bussola, un tubicino molto resistente. Tutti i componenti sono poi indirizzati verso i trattamenti termici, dalla bonifica (tempra più successivo rinvenimento o distensione), alla cementazione (per rendere la superficie durissima mantenendo un “cuore tenace e relativamente flessibile).

Cosa cambia tra una “O” e una “Z”?

Maglia di chiusura con molletta, per catene non sigillate
Una volta ottenuti i singoli componenti, questi vengono avviati verso macchine automatiche di assemblaggio, che montano le catene aggiungendo gli Z-Ring. A proposito, gli O-Ring classici sono stati da tempo sostituiti dai cosiddetti Z-Ring che usa la Regina: questi, una volta assemblati, garantiscono la tenuta del grasso e quindi la lunga vita della catena, ma riducono drasticamente l’attrito durante il funzionamento, aumentando l’efficienza della catena nel “trasportare” la potenza dal motore alla ruota posteriore. Una volta ingrassate, le catene Z-Ring vengono “chiuse” da una macchina che calibra perfettamente la distanza tra le piastrine esterne in modo da comprimere le guarnizioni senza schiacciarle tra le piastre esterne e interne, garantendo la tenuta stagna e impedendo che il grasso fuoriesca dall’accoppiamento bussola-perno.

Il rodaggio

Infine, la catena viene rodata a circa la metà del suo carico di rottura, il che comporta il perfetto assestamento di tutte le componenti. A questo punto la catena è pronta per essere spedita alle Case costruttrici oppure per essere venduta in kit destinati ai vari modelli di moto.
Banco prova catene alla Regina Catene, dove si collaudano i prodotti simulando le diverse sollecitazioni in condizioni d’uso

Manutenzione della catena: come controllare e quando cambiare

Esempio di corretta lubrificazione della catena: il prodotto va applicato sul lato della catena rivolto verso le ruote dentate così che, durante la rotazione attorno agli ingranaggi, sia facilitata la lubrificazione delle articolazioni
La catena va lubrificata ogni 600-800 km, a seconda del tipo di percorso, più o meno polveroso. Esistono molti lubrificanti spray in commercio: i migliori contengono bisolfuro di molibdeno, composto che riesce ad insinuarsi nei punti più nascosti. Il prodotto va applicato sul lato della catena rivolto verso le ruote dentate così che, durante la rotazione attorno agli ingranaggi, sia facilitata la lubrificazione delle articolazioni. Dopo circa 15 minuti i solventi contenuti nello spray evaporano e il lubrificante aderisce alla catena. Controllate ad ogni lubrificazione il tensionamento: il gioco del ramo inferiore della catena dovrebbe essere almeno di 20 mm. Pignone e corona devono essere perfettamente allineati tra loro. È una verifica non semplice da fare, ma un “trucco” aiuta: osservate la corona, se in un fianco la zona di appoggio con la catena risulta lucida significa che gli ingranaggi non sono allineati. Agendo sui registri del perno ruota si ripristina l’allineamento.
Non esiste un preciso chilometraggio per la sostituzione della catena: nei recenti Long Test di 50.000 km effettuati con la Yamaha Tracer 900 e la Honda Africa Twin abbiamo cambiato la catena, rispettivamente, a 30.000 e 48.000 km. A parte un allungamento eccessivo che impedisce una corretta tensione, un altro indizio di "fine carriera" è quando le maglie assumono una posizione angolata, perché i perni si grippano nelle bussole, limitando la scorrevolezza. Altra verifica di usura: tirate verso l’esterno una maglia posta circa a metà del tratto in cui appoggia sulla corona. Se si intravede una “luce” tra catena e corona è il momento di cambiare l'intero gruppo di trasmissione.
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