Ma il dato che sorprende di più è quello dei traumi moderati: con l’open face riguarda il 25,2% dei casi, mentre se si indossa un integrale, la probabilità di finire sotto i ferri scende all’11,6%: meno della metà. Per ora questo studio scientifico classifica tutte le tipologie di casco solo in due macrofamiglie, dato che i soccorritori al momento dell’intervento sul luogo dell’indicente compilano una scheda che ha solo le due opzioni “casco aperto” o “casco chiuso”. Restano quindi in una terra di mezzo il casco modulare e il demi-jet, e per questo motivo abbiamo chiesto lumi al dottor Novelli:
“Posto che dal mio punto di vista è sempre meglio un casco integrale, è evidente che un prodotto come il demi-jet che arriva a proteggere anche parte della mandibola è meglio di uno, come il jet, che non lo fa”. Più tranchant il giudizio sui modulari: “Vanno bene, purché in movimento siano sempre chiusi. Il problema è che in troppi li utilizzano in configurazione jet, soprattutto in città, che è l’ambiente più a rischio incidenti. Da aperti, infatti, possono essere molto pericolosi, visto che la mentoniera sollevata potrebbe incastrarsi durante la caduta, aggravandone le conseguenze”.
All’opinione scientifica aggiungiamo il nostro piccolo contributo di esperienza sul campo. Premesso che nulla ci restituisce la sensazione di sicurezza di un casco integrale, cosa peraltro confermata dai dati medici e statistici, occorre dire che i demi-jet hanno un piccolo vantaggio in termini di sicurezza attiva grazie alla maggiore visibilità che offrono al pilota (più campo visivo, minore propensione ad appannarsi). Sono alle volte anche più comodi perché più leggeri e più aerati, cosa apprezzabile soprattutto d’estate. In fatto di praticità, anche i modulari hanno ottime carte da giocarsi, pur pagando dazio, spesso, in termini di peso. Ciò detto, viva il casco! (soprattutto quando è integrale).