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Tutti giù per terra!

Nel GP di Le Mans, in top class, sono caduti ben 8 piloti. Si allunga così la clamorosa striscia di gare di questa MotoGP 2023 in cui basta arrivare ultimi… per prendere punti. Come mai assistiamo a un numero di cadute e incidenti mai visto prima?

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La maggior parte dei GP 2023 si sono chiusi con meno di 15 piloti al traguardo della gara (domenicale) della MotoGP. Il risultato è che Jonas Folger, ultimo a 50 secondi da un super Bezzecchi, si è portato a casa 3 punti. Sono successe cose simili nei precedenti GP in Spagna e in Texas, ovvero tantissime cadute e piloti in grado di portare a casa punti nonostante distacchi superiori al minuto. Abbiamo detto tante volte che, con l’introduzione della Sprint Race, da quest’anno sono raddoppiate le gare e quindi anche i rischi per i piloti. Di fatto però il discorso non regge, almeno in questi termini, perché le gare risultano più pericolose che in passato anche esaminando solo i GP della domenica. Quindi a parità di giri, di partenze, di moto e piloti in griglia, come mai ci troviamo in questa situazione? I Motivi potrebbero essere tre.

SI LAVORA POCO E MALE SULLA MOTO?

Abbiamo visto che le due sessioni FP1 e FP2 del venerdì non rappresentano più il momento topico per la sgrossatura del lavoro in vista della gara della domenica. Anzi, le prove libere della prima giornata in pista sono come delle qualifiche anticipate in vista della nuova gara, la neonata Sprint Race. Al sabato, poi, le già note FP3 della mattina non sono più seguite dalla “famosa” FP4, quella in cui, complice l’orario simile a quello del GP della domenica, si lavorava sui passi e sulla distanza di gara. La FP4, infatti, è stata cancellata per dare spazio alle qualifiche Q1 e Q2, dove la ricerca della prestazione pura sul giro secco è doppiamente importante: assicura una buona postazione di partenza sia nella Sprint Race del sabato sia nel GP della domenica. Quale pilota e quale team ha dunque il tempo di lavorare sui set up bene come in passato?

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ALLA DOMENICA I PILOTI SONO PIÙ STANCHI?

Sappiamo bene che tutti i piloti MotoGP, seguiti senza alcuna eccezione da fior fior di preparatori, sono professionisti e non lasciano nulla al caso. Per questo hanno modificato la preparazione fisica con l’obiettivo di combinare la resistenza (GP della domenica) all’esplosività (Sprint Race del sabato). Tuttavia quest’anno i piloti MotoGP sono sottoposti a uno sforzo enorme, che li espone inevitabilmente a un rischio maggiore, dato che hanno meno tempo di recuperare energie fisiche e nervose, complice anche un’agenda di appuntamenti ancor più fitta, come per esempio il Rider Fan Show della domenica. È possibile quindi che arrivino al GP leggermente più stanchi e, magari, anche un po’ meno lucidi per affrontare le fasi più pericolose di un GP: partenza, duelli, sorpassi, volata finale. Paradossalmente, la Sprint Race del sabato, che da questo punto di vista ci preoccupava tutti, ha generato meno cadute e ritiri.

QUANTO È COLPA DEL REGOLAMENTO?

La gestione del nuovo format da parte di Dorna e FIM non ci pare convincente per due ragioni. La prima è che le gomme morbide, allocate ai team in ugual misura rispetto al passato, sono troppo poche rispetto alle nuove esigenze imposte dalla Sprint Race. Tutto è gestibile, è vero, e a parità di gomme vince il team che adotta la strategia migliore. Ma ha senso lesinare sulla fornitura di pneumatici quando in ballo c’è anche la sicurezza dei piloti? L’altro tema regolamentare molto dibattuto è la disomogeneità del FIM MotoGP Stewards Panel nell’applicazione del regolamento. Visti i clamorosi precedenti di Jerez, che si sono riproposti peraltro a Le Mans col contatto Marquez-Bagnaia, non è dato sapere con certezza se e quando si incappa in una sanzione. L’effetto di questa mancanza di regole certe è che molti piloti sono disorientati (o almeno così hanno dichiarato di essere) perché non sanno più cosa possono fare e cosa no quando si affrontano in duello.

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