Quando le inglesi facevano sognare.
Gli inizi
Nel dopoguerra la BSA era la più grande casa motociclistica del mondo.
Durante gli anni Cinquanta e Sessanta, mentre la Gold Star e più tardi
la Rocket Gold Star erano le più ammirate moto della casa di Birmingham,
fu la meno appariscente Golden Flash ad assicurare la tranquillità economica
dell’azienda.
Si sa, sono sempre i modelli più sportivi ed estremi a godere del
maggiore
interesse del pubblico e degli addetti ai lavori ma la realtà è che
poi, su strada, i motociclisti prediligono spesso modelli più
razionali.
Era così anche ai tempi della Golden Flash, uno dei modelli BSA di
maggior
successo commerciale. Forme classiche e proporzionate, verniciatura
metallizzata e un motore bicilindrico a corsa lunga di 650 cc
erano,
per il motociclista degli anni Cinquanta, proprio quello di cui aveva bisogno.
Il bicilindrico parallelo non era un’ “invenzione” BSA
bensì
di Edward Turner e quindi della Triumph che, nel 1937, stupì gli appassionati
con la Speed Twin 500. Due anni dopo, nel 1939, comparve un prototipo
BSA bicilindrico con distribuzione a valvole in testa che non fece
in tempo a raggiungere il mercato a causa dello scoppio della Seconda Guerra
Mondiale. Per ordine delle Forze Armate infatti, la BSA fu costretta,
per ben sei anni, a produrre per l’esercito la vecchia WD M20,
monocilindrica di 500 cc a valvole laterali.
Nuovi progetti
Lo stop evolutivo imposto dal 1939 al 1945 dalla Seconda Guerra
Mondiale
dà, nonostante le devastazioni subite a causa dei bombardamenti, un
vantaggio
alla Triumph che, in fatto di bicilindrici, aveva già avuto modo di
sviluppare in maniera definitiva un suo progetto. BSA colma lo svantaggio
presentando nel 1946, progettata da Herbert Perkins, la A7 500,
una elegante bicilindrica a corsa lunga con distribuzione a valvole
in testa comandate da camma rialzata, cambio separato a 4
rapporti,
telaio rigido e ruote da 19”.
Triumph ovviamente non sta a guardare e nel 1949 presenta la Thunderbird
650 cc che diventa subito il riferimento della categoria. La A7 500,
afflitta da problemi di affidabilità che ne determinarono il ritiro
dal mercato, era peraltro inadeguata a fronteggiare la concorrenza, così
Bert Hopwood, proveniente dalla Norton, la stravolse con numerose
modifiche:
motore da 646 cc, nuovo coperchio coprivalvole unico (in
luogo dei due coperchietti per aspirazione e scarico) con finestrella per
ispezione e regolazione gioco valvole, nuovo carter trasmissione
primaria,
albero motore monolitico e forgiato, nuovi supporti di banco.
Proprio questi ultimi sono il punto debole di un motore altrimenti
riuscito, viene mantenuto infatti il sistema misto cuscinetto-bronzina
della A7: rispetto al cuscinetto la bronzina si usura precocemente
ruotando su sé stessa e pregiudicando così la lubrificazione delle teste
di biella, con le gravi conseguenze che ne derivano.
La distribuzione prevedeva un solo albero a camme collocato nella
parte posteriore del basamento, con le aste, molto inclinate che
lavoravano all’interno di un tunnel ricavato all’interno del
blocco
cilindri (anziché esternamente, con astuccio ed in posizione verticale,
come sulle Triumph che tra l’altro erano anche bialbero). Queste
modifiche,
tranne i coperchi valvole, vennero trasferite anche sulla A7 prima di
reimmetterla
sul mercato.
L'espansione
Nel 1943 e 1944 la BSA rileva i marchi Ariel, New Hudson e Sunbeam
e successivamente investe considerevoli somme per rinnovare le linee di
produzione con l’obiettivo di raggiungere le 100.000 moto prodotte. Nel
1953, con 90.000 unità prodotte, l’obiettivo venne mancato di poco, con
la Golden Flash protagonista delle vendite.
Il 1950 è l’anno del suo lancio commerciale, dopo che i
primi prototipi
avevano percorso migliaia di km in giro per l’Inghilterra per i necessari
test di affidabilità. Era offerta sia con telaio rigido che con
sospensione
posteriore a ruota guidata. Nonostante la sempre maggiore diffusione
delle sospensioni, l’utente tipo di questa BSA era il
sidecarista
che apprezzava molto l’ottima coppia della Golden Flash, fruibile
già a basso numero di giri.
La più riuscita
La Golden Flash più riuscita è probabilmente la versione del
1954,
dotata di un nuovo telaio in tubi di acciaio e
forcellone oscillante
con due ammortizzatori. La linea non era tra le più sportive ma
l’equilibrio
di forme e volumi dava una percezione di qualità e affidabilità. Del
resto la BSA, alla leggerezza ha sempre preferito la resistenza all’usura
del tempo e dei km, ecco perché sulle sue moto c’è sempre stato
più
metallo del necessario.
Un esempio di questa filosofia costruttiva erano appunto le sedi delle
punterie con le aste che scorrevano interne ad un tunnel ricavato nel blocco
cilindri, soluzione più pesante ma, appunto, in grado di prevenire eventuali
perdite d’olio. Il nuovo telaio era un doppia culla in tubi di acciaio
molto robusto e rinforzato nella zona del cannotto di sterzo, il
migliore in termini di qualità e caratteristiche tecniche, senz’altro
superiore a qualsiasi telaio Triumph di quel periodo e probabilmente vicino
come efficacia al famosissimo Norton Featherbed quanto a maneggevolezza,
per non contare del fatto che rispetto a quest’ultimo era più
confortevole
per via del minore ingombro nel punto di congiunzione tra sella e serbatoio.
L'ultima versione
La popolarità della Golden Flash era in quegli anni all’apice: era
robusta,
economica nella gestione e facilmente
reperibile ma, soprattutto,
era apprezzata per la grande confidenza che trasmetteva nella
guida.
Certo le Triumph erano più veloci ma le ottime qualità della Golden Flash
contribuirono a costruire la buona reputazione della BSA, fino a metà degli
anni Sessanta, quando l’inizio della crisi portò, nel 1971, alla
definitiva
chiusura.
A partire dal 1962 la A10 venne sostituita dalla A65. La linea era
moderna, caratterizzata dal nuovo blocco motore denominato
“unit”
per via del cambio solidale al basamento. Il punto debole era però ancora
nei supporti di banco con il sistema misto cuscinetto-bronzina che
già aveva mostrato i suoi limiti. La A65 chiuse un’epoca ma, a detta di
molti, il fascino del vecchio bicilindrico BSA era tutta un’altra cosa.
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