Statistiche web

BMW R 1250 RT vs Harley-Davidson Ultra Limited

Due maxitourer agli antipodi: la tedesca, con il rinnovato Boxer ricchissimo di coppia (149 Nm rilevati all'albero), regala una bella guida anche nel misto; la cruiser americana è tanto comoda e opulenta quanto povera nella dotazione elettronica votata alla sicurezza
1/18 BMW R 1250 RT vs Harley-Davidson Ultra Limited 2019
Ci sono tanti modi di viaggiare in moto. Se in questi anni si assiste a un sempre maggior consenso per le crossover (che hanno quasi del tutto soppiantato le sport-tourer, con la loro capacità di regalare una guida brillante senza rinunciare a portarsi appresso tutti i bagagli che si desiderano) non avvertono flessioni le vendite delle turistiche pure. Tra queste – in attesa di provare le luxury-touring a sei cilindri, che però rappresentano una nicchia del mercato – esistono due icone bicilindriche: la BMW R 1250 RT e la Harley-Davidson Ultra Limited. La prima, che esteticamente è praticamente identica alla precedente 1200, si presenta rinnovata nel motore, il boxer di ultima generazione con fasatura variabile e 136 CV, erogati in maniera tanto fluida e regolare da ridefinire il concetto di elasticità. L’americana invece è un inno all’opulenza, non solo nelle forme e nel peso (4 quintali senza benzina), ma anche nella forza del suo V-Twin di 1.863 cc ad aste e bilancieri: 143 Nm a soli 2.660 giri/min. Potremmo spendere fiumi di inchiostro per raccontare come sono fatte. Ma è nella loro stessa essenza ispirare viaggi, quindi partiamo immediatamente.

È come guidare due cabriolet

Appena saliamo in sella alla RT capiamo che potremmo partire per Caponord e non fermarci mai, arrivando riposati come quando siamo partiti. Il busto è eretto, le braccia e le gambe moderatamente flesse: tutto estremamente naturale anche per una guida attiva. Sulla Ultra Limited invece il comfort è semplicemente sibaritico. Manubrio vicino e pedane (anzi, flatboard) ampie come vassoi: pare di essere sulla poltrona di casa con – al posto della tv – lo spettacolo del mondo che scorre come su uno schermo IMAX. Con entrambe le moto si può guidare con il casco jet certi che la barba non si arrufferà neanche dopo 1.000 km di autostrada, tanto sono protettive. Alzando il plexiglas della BMW in posizione più elevata, il flusso d’aria viene deviato sopra la sommità del casco, e si avverte solo una insignificante spinta dovuta al ricircolo d'aria sulla schiena. Peccato però che il profilo superiore del parabrezza sia proprio in linea con lo sguardo del pilota (i due tester di questa prova sono alti circa 180 cm). La carena fa il resto e protegge in maniera efficiente anche le gambe. L’ampio batfly della Ultra Limited (si chiama così la carena delle Harley vincolata alla forcella) integra un parabrezza fisso (perché non metterlo regolabile elettricamente in altezza, come sulla concorrente Indian?) e genera una bolla di aria quieta che avvolge il busto e le braccia del pilota come in un bozzolo. Le protezioni delle gambe (che inglobano i radiatori per il liquido di raffreddamento che circola nelle testate del motore) non sono altrettanto efficienti: qualche turbolenza investe le cosce e gli stinchi. Ah: non vi parleremo di vibrazioni, in questa prova, perché a conti fatti non ne abbiamo avvertite. Sulla R 1250 RT arrivano a solleticare mani e piedi solo ai regimi più elevati, mentre la Ultra Limited... Beh, addio good vibrations: quello che si sente è un massaggio appena accennato che non fa altro che cullare ulteriormente pilota e passeggero.
I giorni della nostra prova corrispondo con l’arrivo della stagione fredda: partiamo la mattina presto con il termometro appena sopra gli 0 °C. BMW ha manopole e sella riscaldabili su 5 livelli e selezioniamo il più elevato solo per precauzione, ma scopriremo presto che basta il terzo per rimanere in una “comfort zone” anche con temperature così frizzanti. L’Harley di livelli ne ha ben 6 e per le sole manopole. Queste sono piuttosto “cicciotte” e, se da un lato offrono una presa meno efficace, dall'altro hanno una maggiore superficie radiante e, nel complesso, scaldano anche di più della concorrente. La Touring americana però intiepidisce anche col motore: durante la giornata la temperatura esterna non supererà i 10 °C, ma talvolta, a bassa andatura e in manovra, avvertiamo comunque vampate di calore investire la gamba destra: come sarà in piena estate? Tralasciamo il pensiero e ci infiliamo in autostrada, macinando circa 200 km per raggiungere la nostra destinazione, le montagne tra Veneto e Trentino, dove andremo a caccia di curve e paesaggi suggestivi. Con le corsie della A4 quasi libere, impostiamo il cruise control – più facile azionare i tasti della tedesca, con i guanti invernali; i micro-joystick della americana richiedono invece una maggiore sensibilità – e ci distraiamo (non troppo!) per esplorare le funzioni dei rispettivi computer di bordo. Prima però accendiamo le radio per farci compagnia. L’impianto audio della RT ha una facilità di accesso a portata di bambino, ma la qualità del suono è leggermente distorta quando, a 130 km/h dobbiamo alzare al massimo il volume. Con la Ultra Limited invece, sempre a velocità autostradale, non serve sparare al massimo i 4 altoparlanti (2 accanto alla strumentazione, 2 ai lati del sedile passeggero) per godere di un sound cristallino. Rimane il problema di gestire le impostazioni – ricerca stazioni radio e volume – con i pulsanti piccoli e sensibili; in alternativa basta allungare la mano sul display touch screen per muoversi agilmente nel menu. Stesso discorso per il navigatore GPS (di serie su Harley, optional per BMW).

Per molti, ma non per tutti

Fuori dall’autostrada, la Harley-Davidson mette in luce qualche limite: il peso è un impaccio non da poco in manovra, anche se la sterzata è ottima. Eppure, anche se non è una anguilla tra le curve – va condotta con decisione – regala un incredibile gusto. Pur ingombrante come un’utilitaria, sembra accarezzare l’asfalto con dolcezza. Imposti la traiettoria e lei la segue fedelmente. Lavori un po’ di braccia sul manubrio, e lei cambia direzione con elegante disinvoltura. Le sospensioni filtrano soffici buche e asperità; e quello che non riescono a smorzare loro (specie al posteriore, che ha poca corsa) ci pensa l’imbottitura della sella. La frenata va gestita con un po’ di attenzione, specialmente viaggiando a pieno carico, perché i tre dischi vanno strizzati per bene, per arrestare entro limiti ragionevoli la mezza tonnellata di moto e pilota. Il motore è qualcosa di incredibile: riprende quasi dal minimo senza esitazioni e, volendo, spinge la lancetta del contagiri fino a quota 6.000. Ma il vero piacere è usarlo nella prima metà del contagiri, dove eroga una coppia poderosa; muscolosa e docile come nessuna. Sembra quasi di avvertire la spinta di ciascun pistone che, correndo a ritmo crescente su e giù in cilindri grossi come secchielli da muratore, imprime la rotazione ad un albero motore che è una sequoia; e da lì, attraverso ingranaggi del cambio che fanno sentire la loro sonora e metallica presenza ad ogni innesto di marcia (con una frizione tutt'altro che leggera da azionare), arriva dolce e pastosa alla ruota posteriore. Se ci si mette a rincorrere la BMW nel misto, non si è capito nulla di questa moto. Lasciamola scappare, la tedesca. La guida, con la Harley, è contemplativa. La BMW, invece, se vuoi la puoi strapazzare come vuoi: rapida nei cambi di direzione, pronta a scendere in piega, precisa in percorrenza, estremamente maneggevole. Anche a pieno carico non perde il suo invidiabile equilibrio, è priva di fastidiosi trasferimenti di carico persino nelle frenate più decise (e che frenate! Potenti e dosabili al millimetro).
Rassicurante e disinvolta, deve all’ottima ciclistica e al perfetto funzionamento delle sospensioni semiattive con regolazione elettronica dell’assetto (optional) un piacere di guida che non trova eguali su moto della sua stazza. E il motore? tanto per cominciare ha un sound che è goduria pura: appena avviato, siamo scesi da sella per verificare che non avesse uno scarico racing. Invece è di serie e muggisce con un tono accattivante. Il Boxer, se già prima era eccellente per erogazione della coppia ed elasticità, ora stupisce superando sé stesso: riprende con forza e dolcezza mescolate insieme a partire da 1.500 giri/min senza un sussulto, per poi guadagnare giri con rapidità, fino a ottenere una spinta incredibile ai medi ed esplosiva agli alti. Tutto questo con un’uniformità prodigiosa. Ti trovi a buttare dentro le marce in rapida sequenza (ottimo il quickshifter in salita, un po’ più contrastato invece in scalata) e ti senti come in sella a una sportiva. Ma una sportiva non ha la trattabilità che la RT sfoggia alle andature più basse e nei tornanti più stretti, affrontati con un filo di gas appena e nessun singhiozzo. Magia della fasatura variabile. E poi c’è l’elettronica, che vanta tre riding mode per adeguarsi a ogni condizione di guida, il controllo dinamico della trazione per aprire il gas senza pensieri anche su asfalto viscido, il sistema di assistenza di partenza in salita per gestire i due quintali e mezzo della moto come fosse un cinquantino. Tutta questa tecnologia però si paga cara.
La moto da noi provata, allestita praticamente con tutto quanto sia disponibile nel catalogo della Casa tedesca (Pacchetti Dynamic, Comfort e Touring, sistema audio, sistema di chiamata d’emergenza E-Call, faretti supplementari, colore carrozzeria speciale e sella in pelle marrone, interfaccia Bluetooth, etc) fa lievitare il prezzo base del 38%! In pratica, con la differenza di prezzo che c’è tra la moto standard e quella full-optional ci si può comprare una media naked o, per rimanere in famiglia, uno scooter C 400 X. L’Harley parte da un listino più elevato e, se parliamo di optional, non ha concorrenti in quanto a varietà e numero di componenti. Ma per la Ultra Limited – già ricca nella dotazione di serie – la scelta è indirizzata a incrementare le qualità già presenti sul modello: accessori estetici a profusione, borse interne e tasche per aumentare e meglio organizzare la capacità di carico, plexiglas di diversa forma e superficie, sedute ancora più comode o personalizzate, sospensioni differenti, kit di potenziamento del motore... Ma nessun controllo elettronico per rendere più sicura la guida. Ed è questo – passateci il gioco di parole – il più grosso limite della Limited. Perché, anche se si vuole andare a passeggio, gestire tanta coppia e tanto peso, specie quando le condizioni dell'asfalto non sono perfette, non è faccenda alla portata di tutti.
© RIPRODUZIONE RISERVATA