Estetica
FRA LE NAKED DUE PUNTE DI DIAMANTE
Le naked dovrebbero essere moto semplici, di facile approccio e dalla grande
versatilità di impiego. Al vertice della categoria però,
ci sono
modelli esclusivi ed affascinati che nulla hanno di utilitario. Le
protagoniste della nostra prova sono proprio loro; la più potente delle
nude fino ad oggi e quella che le ha sottratto lo scettro. BMW
con
la K 1200 R aveva giocato pesante: 1.156,8 cc, 233 kg e ben 140
CV alla ruota. Suzuki rilancia e per la B-King tutti questi numeri
crescono: 1.339,8 cc, 247 kg e addirittura 166 CV sempre alla ruota.
COME NASCONO La partenza scelta dalle due Case per realizzare nude
di questo livello è comune ma, come vedremo, ha portato a risultati piuttosto
diversi. La K 1200 R nasce dalla versione carenata S, con le
modifiche strettamente necessarie imposte dalla riduzione della carrozzeria.
Anche la Suzuki è partita dalla Hayabusa 2008, ma ha lavorato
più sulla ciclistica per adattarla alle necessità di una naked. Per
prima cosa è stato aperto l’angolo del cannotto di sterzo, che ora ha
un’inclinazione di 25,5°, e allungato l’interasse fino a 1.525 mm.
Cresciuta
anche la misura del pneumatico posteriore, che al pari dell’anteriore
è un Dunlop Qualifier dal profilo dedicato, fino a 200/50. Qualche numero
giusto a suffragare l’impressione che si ricava a prima vista.
PRIMO COLPO D’OCCHIO Sono due moto grandi, imponenti
e se BMW in qualche modo cerca di dissimulare la sua stazza con
un utilizzo del nero opaco che snellisce le forme, la B-King invece
ostenta la sua mole e ne fa motivo di vanto. Impossibile che passi
inosservata. Il larghissimo serbatoio che sormonta il propulsore viene
reso ancor più largo dalle cover in grigio chiaro. Il codino dalla linea
filante e slanciata trova subito a fare da contraltare silenziatori di
scarico che per forme e dimensioni sembrano quasi la caricatura di loro
stessi. Non è bella nel senso classico del termine ma trasmette grande
emozione. Potenza, aggressività al limite della brutalità e sguardo di
sfida sono i primi messaggi che si ricevono dalla Suzuki posteggiata. Più
discreta, ma non meno personale la BMW. Col doppio faro asimmetrico ed
il telaio che scorre quasi orizzontale sotto il serbatoio, anche lei si
guadagna una riconoscibilità immediata pur senza “urlare” come fa la
B-King. Già l’estetica tradisce le diverse strade imboccate dalle due
Case, come dicevamo, per le loro maxi-naked.
In sella
IN SELLA Salendo in sella le differenze sono ancora più marcate.
La
B-King ha un largo manubrio in tubo
d’acciaio, unico
particolare sottotono in un quadro di finiture di alto livello, che
induce una posizione piuttosto eretta. Le pedane sono correttamente
posizionate ma le gambe soffrono la larghezza del serbatoio. A dispetto
di un punto di confluenza con la sella piuttosto sottile, che permette
di poggiare agevolmente i piedi a terra, la larghezza del serbatoio Suzuki
aumenta rapidamente e obbliga soprattutto i più alti ad una posizione
eccessivamente
divaricata degli arti inferiori. Sportiva la BMW, con un manubrio
più stretto e basso ed un serbatoio con ampi incavi per le ginocchia che
consentono di sentire meglio la macchina durante la guida.
LA B-KING accoglie il guidatore con quello “schiaffo di
benvenuto”,
come scrivemmo all’epoca del test di presentazione, che è la mappa A.
Oltre alla potenza, è la coppia di ben 13,45 kgm alla ruota ad
imbarazzare. Ad ogni minima rotazione del gas la moto schizza in
avanti incurante del rapporto inserito e del regime di rotazione. La
curva di potenza sale infatti con grande linearità e la flessione della
coppia tra i 5.000 e i 6.500 giri è inavvertibile nell’uso su strada.
La velocità aumenta di conseguenza. Invariata la rapportatura rispetto
a quella dell’Hayabusa e quindi piuttosto lunga per una nuda. La Suzuki
non è fatta però per le alte velocità e lo chiarisce subito con una protezione
aerodinamica inesistente; già a 130 km/h si è esposti al vento della
corsa e a 200 lo sforzo fisico consiglia di rallentare.
LA K 1200 R è radicalmente diversa e strizza l’occhio allo sport.
Posizione di guida, taratura delle sospensioni, rapportatura
più corta ed erogazione invitano infatti ad una guida più impegnata,
con maggior uso del cambio e dei freni. C’è anche una buona
protezione aerodinamica, che migliora ulteriormente utilizzando il
plexiglass più ampio offerto come optional, e anche le lunghe percorrenze
autostradali non spaventano. Le prestazioni assolute non differiscono
troppo da quelle della Suzuki, velocità massima a parte. La ripresa
dalle basse velocità è addirittura migliore sia perché si dispone pur
sempre di 140 CV e 11,5 kgm, sia, soprattutto, per la rapportatura meno
distesa. A disturbare sono solo la manovrabilità del cambio e la ruvidità
del motore sotto i 3.000 giri con un marcato effetto on-off alla riapertura
del gas. È migliore di quella dei motori boxer, ma rimane lontana
da quella, ottima, dell’unità che equipaggia la B-King. Una
nota per i freni che hanno un ritardo, caratteristico degli impianti della
Casa tedesca dotati di servoassistenza, tra la prima trazione della leva
e l’arrivo della potenza frenante.