Moto Guzzi Griso 1100
L'abito fa la Guzzi
E’ bassa e lunga: la Griso fa battere il cuore. E
trattandosi di
una Guzzi, lo stupore è totale perché questo marchio ha fatto di tutto
negli ultimi anni tranne che rendere attoniti per slanci creativi. Poi
ci sali. “Ecco, per farla così bella, sarà un pullman con cui far
manovra...”
ti ritrovi a pensare.
Niente di più sbagliato: messe due marce affiora un’agilità
inaspettata,
addirittura superiore a quella offerta dalla sorella Breva. Merito di un
avancorsa “tirata”, di pesi ben distribuiti e di un motore che ha
più
verve e rapporti più corti della sorella turistica. Gran bella Guzzi.
Tutto nasce attorno al motore, il più classico dei Guzzi e condiviso
con la Breva. Però, cambiano lo scarico, l’aspirazione e
l’accensione.
Ma anche la rapportatura interna, più corta dell’8% grazie alla primaria
diversa. Rispetta la Euro3, è più potente (88 CV
contro
gli 84 della Breva) e ha maggiore coppia (9 kgm contro 8,8).
E poi continua con il design che
è realizzato dal centro stile Guzzi in collaborazione con Marabese design,
firma storica di Piaggio, Gilera, Aprilia e già responsabile della Breva.
Uno solo l’imput, fin dall’inizio, Griso doveva colpire. Ed ecco il
telaio
enorme e lontano dal motore che funge da elemento estetico, lo scarico
gigante e un codino appena accennato. Ma ogni particolare è curato,
perfezionato,
pensato e voluto.
Guardate i collettori di scarico
che girano intorno al motore: sono giganti (54 mm)! Il vuoto
lasciato dallo scarico dalla parte destra è riempito dal radiatore
dell’olio.
Sotto la sella non c’è alcun vano e la forma spiovente del codino non
consente maniglie per il passeggero o piccole appendici con funzione di
portapacchi; in compenso, sta abbastanza comodo, sicuramente più della
media delle ultime naked. Il cavalletto, ben fatto perché ricavato per
fusione e ben dimensionato, è ancora un po’ lontano da prendere col piede
per estrarlo (è decisamente in avanti, non in senso assoluto, ma rispetto
alla media).
Sono già pronti alcuni accessori come il cupolino, il portapacchi, le borse
e il telo coprimoto. Disponibile anche rossa, gialla e
azzurra perlata, costa
11.990 euro. Solo la Triumph Speed
Triple è più economica nella sua fascia di appartenenza. Anche questo è
un buon segno per veder spiccare definitivamente il volo (speriamo sia
la volta buona) all’aquila di Mandello.
Come va la Griso
Sella dura, ma soprattutto larga quando si appoggiano i piedi a terra,
e manubrio da cross abbastanza lontano.
L’approccio statico
con la Griso non è dei più felici. In più c’è quel cavalletto da
andare
a prendere col piede piuttosto lontano, in avanti. Insomma, finché si rimane
dal concessionario... è difficile staccare l’assegno. Ma
acceso
il motore si apprezza il gas morbido, la silenziosità generale e la morbidezza
a salire di questo twin storico.
Sulla Griso non ti ritrovi dentro alla moto, come sulla Breva, ma letteralmente
sopra. Fino a quando si trotterella a passo da città le
“importanti”
dimensioni della Griso si avvertono tutte, ma appena il passo aumenta
e si mette la terza marcia di colpo scompaiono peso e volumi e si rivela
una ottima guidabilità. L’avantreno è preciso, le traiettorie senza
sbavature e ripensamenti, e la sensazione di controllo aumenta con
l’incremento
della velocità.
E in curva le pedane non toccano presto, se poi l’asfalto lo
consente
e le gomme si scaldano il giusto, questa Griso si guida più sportivamente
di quanto fanno sospettare linea e dimensioni. Il motore sale bene
di giri: è rotondo, più tonico rispetto al bicilindrico della Breve non
ha flessioni a metà della curva di potenza. Ottimo il cambio, mentre
la trasmissione ha ancora un poco di gioco nell’apri e chiudi.