Prova Honda VT1300CX: una chopper maneggevole come non ci si aspettava

Abbiamo provato la nuova Chopper di Honda, cercando di metterla in difficoltà sui tornanti sopra Lecco. A grande sorpresa se l’è cavata bene. Il bicilindrico ci è piaciuto molto.

CARATTERISTICHE

CARATTERISTICHE Honda, seguendo una tendenza generale del mercato che tende a realizzare le custom e le chopper sempre più in linea con le aspettative degli appassionati di quei segmenti di nicchia, ha realizzato la VT1300CX. Noi l’abbiamo provata. Già dalla prima occhiata colpisce per le sue caratteristiche che non passano di certo inosservate: ha un interasse esagerato (1.805 mm, solo la Boss Hoss è più lunga) e un profilo che ricorda, ironia della sorte, un’onda (marina). L’estensione molto alta del telaio nella zona del cannotto (stretch, in gergo custom) riporta alla mente alcuni chopper dei customizer americani (date un’occhiata alla El Diablo di Jesse James su www.westcoastchoppers.com). La VT1300CX non sembra nemmeno una Honda, perché sulla livrea non compaiono grossi loghi distintivi: la verniciatura in tinta unita non è solcata da alcun fregio o ala spiegata. Ha solo due piccole scritte sui fianchetti e bassorilievi quasi invisibili sui carter, che ricordano da chi è prodotta questa chopper. A fare da contrasto alla livrea monocromatica che interessa anche il telaio (nera nella moto in prova, ma c’è anche uno squillante blu elettrico), balza all’occhio l’abbondanza di cromature, tutte perfette, in pieno stile Honda. Peccato che quello che sembra essere lucido acciaio, sia in realtà plastica. Faro, fianchetti, carter, coperchi delle testate e filtro aria: tutta plastica cromata. Stesso materiale anche per i parafanghi avvolgenti. La Honda VT1300CX costa 14.150 euro chiavi in mano.

MOTORE

MOTORE Il motore è un bicilindrico a V di 1.300 cc ed è lasciato in bella vista. L’architettura è classica, ma i contenuti sono quelli di Honda: per esempio i cilindri sono coperti da una fitta alettatura, ma il raffreddamento è a liquido. Non ha aste e bilancieri, ma una distribuzione a catena con tre valvole per cilindro. La trasmissione finale è cardanica, ma non lo si direbbe, perché è funziona così bene da non far avvertire le reazioni tipiche del cardano: sono smussate e si limitano a manifestarsi solo nell’apri-chiudi, quando la moto tende leggermente ad “alzarsi” in accelerazione e ad accucciarsi in rilascio. Il propulsore della VT1300CX ci è piaciuto per diversi motivi. Prima di tutto il suono che emette: il doppio scarico romba nel modo che ci si aspetterebbe da una special americana, ma non è mai fastidioso. Si può godere di tanta coppia in basso, anche se con il twin a corsa lunga l’allungo è poco. Così, si infilano le marce in successione - il cambio è morbido, ma lievemente rumoroso - e si gioca con il comando del gas, andando “a orecchio” perché non c’è il contagiri.

FRA I TORNATI

FRA I TORNATI La moto è imponente e pesante, ma linea sottile del serbatoio e la zona anteriore volutamente “vuota” contribuiscono a dare la sensazione visiva di un avantreno leggero, che si riscontra anche nella guida. Moto concettualmente simili, con cannotti di sterzo esageratamente inclinati e forcelle extra-long (H-D Rocker in testa), tendono a “cadere” in curva, obbligando il pilota a fare forza con le braccia. La VT invece, una volta in movimento, fa la magia: il peso sparisce, l’interasse chilometrico si annulla, tutto diventa facile. In questo è davvero una Honda: abbordabile da subito anche dal più inesperto dei motociclisti. L’abbiamo portata fra i tornati dalla peri di Lecco, dove dà il meglio di sé una naked. Non ne siamo rimasti delusi: la Chopper di Honda si può godere altrettanto. Nei tornanti più stretti richiede di guidarla col corpo, ma il baricentro basso aiuta tantissimo a governare la moto. E le pedane non strisciano sull’asfalto con troppa facilità: la luce a terra è più che buona. Nelle curve più veloci si avverte una leggera tendenza ad allargare, ma basta fidarsi del panciuto pneumatico posteriore per inclinare di più la VT e aggiustare la traiettoria.

IN CITTÀ

IN CITTÀ Anche in città la VT non va male. Certo non può svicolare fra le auto come si farebbe con uno scooter, ma la chopper dall’ala conferma ottime doti di maneggevolezza. Resta il fatto che per fare inversione a volte non basta un’intera carreggiata. Però la sella bassa e la buona leva offerta dal manubrio aiutano a districarsi con una certa disinvoltura. In più, la forcella assorbe bene pavé e sanpietrini, copiando egregiamente le asperità più lievi dell’asfalto. Un po’ più secco il posteriore che, nonostante sia facilmente regolabile (la forcella non lo è), ha un’escursione ridotta e, quando incontra buche o dossi, arriva facilmente a fondo corsa. Il motore non scalda e le parti in plastica evitano le ustioni per contatto accidentale. La guida in città rivela un altro piccolo difetto di questa chopper: benché la frizione sia promossa per morbidezza e modulabilità, la leva a manubrio è sottile e, nell’uso frequente tra un semaforo e l’altro, “taglia” le dita, anche se si usano spessi guanti invernali. Altrettanto sottile la leva del freno (non regolabile), che bisogna strizzare forte per ottenere decelerazioni decise. La modulabilità è buona e non si arriva mai a bloccare. Il posteriore frena un po’ più forte e blocca solo in condizioni di scarso grip, pigiando con energia il pedale.

IN AUTOSTRADA

IN AUTOSTRADA A 130 km/h si avvertono pallide vibrazioni sulle pedane e, appena percettibili, sulla sella del pilota. Sono più sensibili invece su quella del passeggero molto poco confortevole: è piccola, priva di appigli e con pedane troppo vicine che costringono le gambe ad una posizione rannicchiata. In ogni caso, l’assenza di riparo aerodinamico consiglia velocità contenute e tappe brevi, benché la capacità del serbatoio (13 litri) consenta di percorrere anche 200 km senza vedere accendersi la spia della riserva.

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