di Marco Riccardi - 23 May 2023

Da Arcore a Saturno, passando per Sanremo

Siamo davanti a una delle Gilera 500 più famose e di successo (anche sportivo), una poderosa monocilindrica capace di vincere anche un GP delle Nazioni nel 1947 davanti alle pluricilindriche. Nata dalla matita dell’ingegner Giuseppe Salmaggi è stata una delle moto da competizione più amate. Questo è il modello “Sanremo”, la racing costruita in maggior numero di esemplari

Se per Moto Guzzi i nomi delle moto per tanti anni sono legati ai vari volatili (tanto per fare un esempio, Albatros, Condor, Airone e via dicendo) per l’acerrima rivale Gilera si guarda ai pianeti, specialmente per i modelli più sportivi come la 250 Nettuno e la 500 Saturno. C’è da dire che la Gilera ha le sue eccezioni “ornitologiche” in fatto di nomi, perché la prima 500 quattro cilindri sovralimentata di Arcore (e prima a Roma, dove è la Opra-CNA) si chiama Rondine. E vola rapidissima, tanto da battere il record mondiale di velocità nel 1937 con Piero Taruffi sfrecciando a 274,181 km/h.

Ritornando in direzione di (della) Saturno andiamo a scoprire una delle monocilindriche più interessanti, vincenti e belle, non solo italiane. Nasce nel 1939, progettata dall’ingegner Giuseppe Salmaggi (che ha lavorato alla belga Sarolea, e da noi anche alla Parilla e alla Rumi), ma viene praticamente congelata nello sviluppo (vengono costruiti solo sei esemplari) dall’incombenza della Seconda guerra mondiale. La versione stradale arriva dopo la “Competizione”, e non è molto distante dal modello che gareggia. L’evoluzione della moto da corsa arriva dopo il conflitto planetario, ma riguarda in gran parte la ciclistica, mentre il motore, che Motociclismo definisceUn monumento, un’opera d’arte che trasmette subito l’impressione di forza, stile e velocità”, si mantiene fedele allo schema originale costituito da cilindro verticale (in ghisa per i modelli stradali, in alluminio per quelli da competizione), lubrificazione a carter umido, distribuzione ad aste e bilancieri, alesaggio x corsa di 84 x 90 mm, misure scelte da Gilera sino dai modelli degli anni Venti.

Le Saturno da “gara” vengono definite come SS, Competizione e Corsa, ma sono meglio conosciute come, rispettivamente, Competizione, Sanremo e Piuma. Questi sono i numeri di produzione: si dividono, sempre seguendo l’ordine di apparizione, in 8, 108 e 68 esemplari. La Sanremo, così chiamata da tutti (al posto dell’ufficiale Competizione) per la perentoria affermazione di Carlo Bandirola nel 1947 sul circuito ligure, deriva dal primo tipo, ma viene rivista nella distribuzione con valvole maggiorate a 46 mm per l’aspirazione e 44 per lo scarico, nel carburatore Dellorto SS che aumenta a 35 mm di diametro (da 32 della prima versione), nella compressione che sale a 8,5:1 (prima 6,5:1). Tutte queste modifiche aumentano la potenza da 32 CV a 5.500 giri/min sino a 36 CV a 6.000 giri/min. Il peso diminuisce di 15 kg per arrivare a una stazza di 128,6 kg (che nella versione Piuma diminuirà di altri 4 kg). La ciclistica è modificata, sempre rispetto alla Competizione, su suggerimento dell’ingegner Piero Remor, che ha realizzato la Gilera 500 quattro cilindri: il trave che discende dal cannotto di sterzo ha sezione romboidale al pari di altre parti. Pare che siano state provate anche sospensioni a barra di torsione, uno dei cavalli di battaglia dell’ingegnere romano, ma che siano state scartate.

La Saturno non aveva soverchi difetti, ma era fragile nella distribuzione, nell’allineamento dei volani dell’albero motore e nella modesta portata della pompa della lubrificazione. Però se la si trattava “bene” - come leggete nei commenti di Nello Pagani - si aveva a che fare con una moto sicuramente vincente, che ha passato per prima il traguardo nella sua carriera (durata dal 1947 al 1952) ben 149 volte.

Uno dei piloti più vittoriosi con questa Gilera è stato Nello Pagani. L'ex campione mondiale della 125 ha vinto con la Saturno dal 1946 al 1953. Nel Dossier “corsa” sulla moto di Arcore, che Motociclismo d’Epoca ha pubblicato nel numero 4 del 2001, sono stati raccolti i suoi ricordi: “Il segreto era di non passare i 6.000 giri, anzi se possibile io viaggiavo sui 5.800, così facendo ero sicuro di arrivare felicemente al traguardo. Nessun problema per la partenza a spinta: bastavano due passi. Vibrazioni? Eh, c'erano ma non più di tante, mai dannose sia per il mezzo sia per il pilota. La tanto decantata Manx ne aveva di più. La Saturno era agile, scattante, anche ben frenata, l'ideale per i circuiti cittadini del dopoguerra. La mia Sanremo preparata dalla Casa toccava i 180 km/h. Rotture? Solo una volta i martelletti delle valvole, un paio di mancamenti con le molle valvole, che andavano sostituite abbastanza spesso per tenere il motore sempre al meglio. Rotture catastrofiche mai!”.

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