di Riccardo Villa - 17 May 2023

Modern Classic sportive ed eleganti sotto i 9.000 euro

Look vintage ma prestazioni ed elettronica da nude "entry" di media cilindrata. Motori e telai derivano dalle loro sorelle naked e offrono un interessante compromesso fra fruibilità di utilizzo, stile e uso "sportivo". Il tutto ad un prezzo contenuto e con la possibilità di depotenziarle per la patente A2

Il segmento delle modern-classic è uno fra quelli più in voga negli ultimi anni e spazia dalle classiche stradali, alle scrambler e alle cafè racer. Ce n’è per tutti i gusti, e la Case propongono un ventaglio abbastanza ampio di offerte. Tra queste ce ne sono però alcune che sotto al vestito mostrano un animo tutto pepe: si, perché nonostante il faro tondo e una sella ampia e spaziosa, troviamo motori e telai che arrivano direttamente dalle nude delle rispettive Case, e seppur considerate “entry level” hanno prestazioni interessanti e sufficienti a togliere qualche soddisfazione anche a chi è abituato a modello più sportivi. Ne abbiamo selezionate tre, e nelle prossime pagine vi raccontiamo tutte le loro caratteristiche.

Kawasaki Z650RS

Tecnologia moderna, linee vintage ispirate alla storica Z650-B1 del 1977. Il cuore della modern-classic media di Akashi è lo stesso twin frontemarcia raffreddato a liquido da 649 cc che equipaggia la sorellastra Z650. I dati sono gli stessi: 68 CV a 8.000 giri/ min. e 64 Nm a 6.700 giri/min. Il telaio è in tubi di acciaio, mentre il forcellone sfoggia un andamento asimmetrico a "banana" sul lato destro. La forcella a steli tradizionali da 41 mm priva di regolazioni fa il paio con il mono "orizzontale" settabile nel precarico molla. Le ruote a 10 razze sdoppiate ricordano i cerchi a raggi e calzano pneumatici lisci da 120/70-17" e 160/60-17".

La sella posizionata a 820 mm è un pezzo unico con un disegno vagamente retrò. Passando all'estetica, il design della moto è equilibrato, pulito, semplice e allo stesso tempo efficace perché conquista subito, grazie anche alla verniciatura e alle grafiche che si rifanno direttamente all'antenata sopra citata. Il faro anteriore a LED è rigorosamente tondo, così come tondi sono i due elementi della strumentazione, uniti da un piccolo display digitale. Tre le colorazioni disponibili: verde, nero e grigio/nero. Si può acquistare anche nella versione depotenziata per i patentati A2.

Ecco la nostra prova

Yamaha XSR700

Ispirata alla XS650 degli anni ’70 (qui la foto), la XSR 700 di Yamaha mostra un look minimalista caratterizzato da componenti realizzati per esaltarne le linee retrò, come la sella two tone (montata su un telaietto facilmente smontabile per dar libero sfogo alla customizzazione ), i fari tondi (quello posteriore a Led) e il serbatoio con gusci laterali in metallo. Il tachimetro di forma circolare trova spazio al centro del largo manubrio; quest’ultimo è inclinato all’indietro, per assicurare una posizione di guida più eretta e naturale. Una griglia laterale ispirata alla XJR1300 protegge e nasconde dalla vista l’elettronica hi-tech. Lo stile retrò è impreziosito da numerose parti in alluminio, come la cover del serbatoio, il supporto del parafango anteriore e il copriradiatore. Lo scarico corto, posizionato in basso, contribuisce a tenere pulite le linee della moto.

Per quanto riguarda la parte tecnica, la XSR700 nasce sulla base della MT-07, con la quale condivide telaio, motore, sospensioni e impianto frenante. Il propulsore è un bicilindrico frontemarcia da 689 cc in grado di erogare una potenza di 74,8 CV a 9.000 giri, con una coppia massima di 68 Nm a 6.500 giri. Telaio a diamante e forcellone corto (530 mm) sono studiati per aumentare la maneggevolezza della moto. Per risparmiare spazio, mantenere pulite le linee della moto e migliorare le prestazioni delle ciclistica, nella sospensione posteriore di tipo Monocross l’ammortizzatore è orizzontale ed è montato direttamente sul carter motore. La frenata è affidata a doppi dischi a margherita da 282 mm con pinze a 4 pistoncini all’anteriore e un disco singolo (sempre a margherita) da 245 mm al posteriore; l’impianto ABS è di serie. I cerchi da 17”, in alluminio a 10 razze, sono equipaggiati con pneumatici Pirelli Phantom che si fanno notare inoltre per il loro battistrada classico.

Qui la nostra prova

Triumph Trident 660

Per la Casa di Hinckley la Trident è una moto che ha conosciuto due vite: la prima nel 1969, da vera sportiva (ma fragile e pure sfortunata perché si scontra contro la corazzata Honda CB750 Four); la seconda nel 1991, quando va in produzione la bordata delle moto costruite sotto la nuova proprietà di John Bloor, il magnate inglese che nel 1983 ha rilevato il Marchio ex Meriden. Tutte e due le vecchie moto hanno in comune l’essere rigorosamente nude e il numero dei cilindri, ovvero tre. Tocca ora a questa originale naked, il cui stile nasce dalla collaborazione tra la Casa di Hinckley e il designer Rodolfo Frascoli, portare sulle fiancatine la gloriosa sigla. Per questo, il nuovo modello non poteva non rispettare la tradizione: anche la nuova versione, infatti, è una moto nuda spinta da un motore a tre cilindri.

Il cuore della Trident 660 deriva dalle precedenti Street Triple 675: è un motore tre cilindri in linea di 660 cc, 12 valvole, con distribuzione a doppio albero a camme in testa e raffreddamento a liquido. Vero che non è un motore completamente nuovo, ma sulla Trident 660 il propulsore è stato aggiornato in ben 67 componenti e ha ricevuto un nuovo impianto di scarico, con terminale compatto posizionato in basso, e un set up elettronico dedicato. Alesaggio e corsa misurano rispettivamente 74 x 51 mm. Così configurato, i dati parlano di 81 CV di potenza massima a 10.250 giri/min e un picco di coppia di 64 Nm a 6.250 giri/min, con oltre il 90% della coppia massima sempre disponibile lungo la maggior parte del contagiri. Il cambio a 6 marce è assistito da una frizione antisaltellamento; come optional è disponibile in quickshifter up&down.

Per rendere la moto compatibile con la patente A2, è disponibile un kit in postmontaggio che prevede un set up elettronico dedicato. Il picco di potenza massima viene così ridotto a 47.8 CV a 8.750 giri/min e la coppia si attesta a 51 Nm a 5.250 giri/min. L’operazione è reversibile in concessionaria.

Il telaio, di tipo perimetrale in tubi di acciaio, lavora abbinato ad un forcellone a doppio braccio, anch’esso in acciaio. Per quanto riguarda le sospensioni troviamo unità Showa: all’anteriore una forcella a steli rovesciati da 41 mm, con funzionalità separate e con un’escursione di 120 mm, al posteriore un monoammortizzatore di tipo monoshock regolabile nel precarico e con escursione massima di 133,5 mm.

L’impianto frenante Nissin è composto da 2 dischi anteriori di 310 mm morsi da pinze a due pistoncini e da un disco posteriore di 255 mm con pinza a pistoncino singolo.

I cerchi sono in alluminio a razze da 17” , Il peso in ordine di marcia è di 189 kg e il serbatoio da 14 litri. La sella si trova a 805 mm dal suolo.

Qui la nostra prova

I prezzi

Ecco i prezzi delle tre moto a confronto, tutti indicativi chiavi in mano*

Kawasaki Z650RSYamaha XSR700Triumph Trident 660
8.840 euro c.i.m.8.749 euro c.i.m.8.645 euro c.i.m.

*I prezzi sopra indicati sono da intendersi con la formula "chiavi in mano", comprensiva di "messa in strada" che Motociclismo quantifica in 250 euro.

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