a cura della redazione - 11 September 2022

La storia della Hornet: 1998, in principio fu 16"

In attesa che Honda sveli la nuova Hornet, riviviamo attraverso le nostre prove la nascita e lo sviluppo di una delle naked che, nei primi dieci anni del Duemila, ha ridato slancio al segmento delle nude sportive. Oggi vi parliamo della prima versione (CB600F) del 1998, quella che all'avantreno montava una ruota da 16"

La storia prende il via con il lancio della prima Hornet (CB600F) del 1998, quella che all'avantreno montava una ruota da 16" come la sorellastra CBR900RR Fireblade dell'epoca, in puro stile Motomondiale.

Al nostro fianco un tester d'eccezione come Max Biaggi che ai tempi, fresco del suo quarto titolo mondiale in sella alla Honda 250 Kanemoto, passò nella Classe Regina delle 500 restando all'interno del Team Kanemoto Honda.

Ed ora, la prova della Honda Hornet del 1998.

Buona lettura

Honda Hornet: la genesi

La nuova naked Honda esalta la guida ma si mostra sempre facile da domare. Monta il quattro cilindri della sportiva CBR600F, riveduto e corretto in una configurazione ancor più eccitante da portare al limite. Ottimo il telaio, ma forcella e freni sono migliorabili. Allettante il prezzo, e secondo un certo Max...

di Marco Riccardi

Oggi vanno di gran moda le naked. È un fenomeno che trova sostenitori anche in Italia, dove il gradimento di queste moto si sviluppa con regolarità, senza il vero boom che accompagna in altri Paesi le vendite.

In Germania e in Francia sono le più gettonate con in testa la Suzuki GSF600 Bandit; in Giappone spopolano insieme alle monocilindriche neorétro, mentre da noi tutto, o quasi, si traduce in Ducati Monster nelle varie cilindrate.

Un filo lega tutte queste moto: il fatto di essere senza un briciolo di carenatura, di avere il motore come elemento principale di disegno, di essere leggere nella guida e di costare (questo è valido solo per la più piccola delle Monster) ragionevolmente poco.

Tra i grandi Costruttori solo Honda non aveva da mostrare nel proprio listino una naked aggressiva. D'accordo, c'è la CB500; ma non si può proprio dire il massimo del divertimento: più che altro è un'onesta moto da usare tutti i giorni, attraente per chi cerca economia d'uso e pochissimi problemi.

In Giappone, Honda spoglia le moto in tutte le cilindrate, a cominciare dalla Hornet 250 (non in vendita in Italia) in testa ai record di vendita. Perché, allora, non replicare un simile successo anche in Europa? Ragionamento corretto e semplice da mettere in pratica: la parte più impegnativa del progetto è già pronta; quel motore quattro cilindri della sportiva CBR600F, con poche modifiche, si può adattare allo specifico uso. Il telaio della Hornet 250, infatti, è un solido monotrave superiore, la struttura è massiccia e può reggere, con le adeguate varianti, anche più del doppio della potenza. Inoltre, la 250 ha un forcellone in lega leggera davvero "monstre" per la cilindrata, al pari delle gomme: le stesse montate dalla CBR900RR Firebiade.

Facile mixare il tutto ed ecco arrivare in Europa la Hornet 600. Debutto al Salone di Parigi dell'anno scorso (1997 n.d.r.), con l'anteprima al Paradis Latin, tanto per ribadire il concetto naked. Succinto anche il prezzo: 13,1 milioni di lire chiavi in mano, una quotazione concorrenziale e vicinissima al prezzo di una Dark 600, la versione base della Monster e la vera concorrente in assoluto.

È una bella moto la Hornet, di quelle che ti piacciono subito, che ti fanno girare la testa prima per il rumore gasante del motore e poi per la linea semplicissima. Il piccolo serbatoio da 16 litri (quando si va forte fatica a superare i 140 km di autonomia, con un consumo rilevato che spazia dai 14,5 km/l in urbano ai 13,8 in extraurbano, 13,4 a 130 km/h e 8,8 km/l al massimo) quasi sparisce nei confronti del motore e di quel megafono che è il grosso tubo di scarico posto appena sotto la sella. Sappiamo cosa stanno pensando le amiche e i passeggeri in generale: siamo pronti a soffrire il caldo se non l'ustione. Ma dalle prime verifiche di questo fine febbraio, la grande paratia cromata sembra allontanare il pericolo.

Abbiamo provato la Hornet lungamente in pista e su strada per un totale di 1.700 km, anche con l'aiuto di un quattro volte campione del mondo della 250 - e scusate se è poco - che si chiama Max Biaggi.

Tra pista e realtà

Il primo approccio con la Hornet avviene a Cartagena, sulla corta e tortuosa pista nel sud della Spagna. Il terreno ai margini dell'asfalto è già brullo in febbraio, ma il fondo macina la gomma come una carta vetrata dalla grana grossa. Dei verdi campi da golf, delle dolci ondulazioni dei green che esistono a pochi km di distanza non esiste traccia, ma è divertente come non mai. Ci si chiede però come faranno a guidare quelli della Superbike, che qui provano a ripetizione, magari quando fa un gran caldo e la rapida successione delle curve non lascia nemmeno il tempo per respirare. C'è grande rispetto per quei nomi che sono riportati sui muretti dei box: il tratto colorato della bomboletta di vernice, in una specie di primitivo murales, elenca i migliori tempi sul giro e c'è anche il nostro Bontempi con la Kawasaki.

La Hornet è il classico concentrato di grinta e godimento della guida. Una marcia dietro l'altra per dare briglia sciolta ai quasi 100 CV di questo quattro cilindri, che di solito è ben nascosto sotto la carenatura della sportiva CBR600F. In questa veste succinta è più equilibrato, più pronto ad accelerare da regimi inferiori rispetto a quanto abituato sulla sorella sportiva.

I tecnici giapponesi hanno diminuito la potenza a 96 CV grazie a poche modifiche come la riduzione dei diametro dei carburatori da 36 a 34 mm, differenti e meno angolati condotti di ammissione, una diversa mappatura dell'accensione, un impianto di scarico dalla bellissima forma e dalla voce ben intonata. Nessuna modifica invece al diagramma di distribuzione, nemmeno al diametro delle 16 valvole comandate dai doppi asse a camme. Rispetto al propulsore originario è stato aggiunto un sistema antinquinamento di post-combustione dei gas di scarico, un dispositivo montato sul lato destro del motore che preleva aria fresca per inviarla nei condotti di scarico.

Le varianti rispetto all'originale ne hanno però migliorato il rendimento dai bassi regimi. Così, ora si può spalancare l'acceleratore già da 4.000 giri, anche se il meglio arriva superati i 5.000.

Oltre questo regime ritroviamo il motore della CBR: tanta potenza e rapidità nel viaggiare verso il limite superiore del contagiri. Arrivati a 13.500 l'accensione viene "tagliata" dall'elettronica ma conviene cambiare rapporto molto prima, a 12.000 giri.

Il cambio, lo stesso della CBR-F nel funzionamento e nella rapportatura interna, ben accompagna l'azione del quattro cilindri in linea; resta un minimo di impuntamento quando si cambia marcia verso il massimo dei giri, mentre la finale è leggermente più lunga (un dente di corona In meno, da 43 a 42), grazie al minor peso e alla differente erogazione della potenza.

Certamente questo motore è esaltante considerato il carattere sempre sportivo che lo accompagna e ben si accorda con il resto della parte ciclistica. Grande manubrio da controllo totale, pedane non troppo alte e spacca ginocchia, due dita sul freno e due sulla frizione per uscire forte dalle curve da seconda marcia: tanta facilità di guida e super divertimento con una moto che pesa poco più di 180 kg (esattamente 186 rilevati a secco) e si porta a spasso come la classica bicicletta.

Su pista, almeno quella di Cartagena, non si sono evidenziati problemi di assetto: solo frenando forte la forcella è troppo veloce nel comprimersi, scomponendo in parte l'assetto. AI di fuori del tracciato, sui curvoni stradali, la Hornet (o per meglio dire il suo pilota) soffre di questa essenziale nudità. La pressione dell'aria è rilevante sin da 130 km/h e occorrono muscoli del collo ben esercitati e buone braccia per mantenere per lungo tempo andature più elevate.

Qualche imprecisione dell'avantreno si avverte in caso di asfalto sconnesso: la Hornet accusa piccole oscillazioni, senza comunque inficiare la stabilità della moto. In effetti, quest'ultima è sempre certa, così come le reazioni dell'avantreno sono rapidamente controllabili.

Molto veloce nello scendere in piega, con una maneggevolezza da cilindrata ben inferiore, questa Honda è equilibrata grazie anche a un peso ben distribuito tra i due assi (ufficialmente viene dichiarata una ripartizione di 49,7% davanti e 50,3% dietro, molto simile a quella effettiva da noi rilevata di 49,1% e 50,9%) e un assetto in sella che ricorda le classiche sportive degli anni Settanta.

Le strade più tortuose e labirintiche diventano così un vero piacere, grazie anche ai larghi pneumatici Michelin TX ben conosciuti per l'aderenza e la sincerità di comportamento in tutte le condizioni. Ma la Hornet si presta a ben figurare anche in mani non esperte, tanto è facile da portare a spasso; addirittura, potrebbe costituire un'ottima base di partenza per chi vuole cominciare a conoscere la guida sportiva: si può permettere qualche errore, facilmente rimediabile grazie alla buona maneggevolezza e alla rapidità di risposta della ciclistica.

La frenata, invece, non è prontissima, poiché per avere una decelerazione soddisfacente bisogna premere forte sulla leva. È vero che la pressione sull’impianto anteriore è proporzionale agli spazi di arresto, però ci si aspetterebbe una miglior risposta al comando.

Che sia una moto davvero divertente lo conferma anche Max Biaggi. AI di fuori delle moto da GP il suo abituale contatto con le due ruote è un poco limitato e preferisce muoversi con lo scooter nel centro di Roma. Ma la Hornet lo affascina e gli piace veramente. È lui che spinge ad altre foto per la copertina di Motociclismo (nr 3 del 1998): "Che ne dite di un paio di controsterzi? Quella curva in alto non è male e poi si può fare un bel burnout per scaldare le gomme". È presto fatto: il pneumatico ha ora un profilo meno soddisfacente per le pieghe, più adatto a un dragster. "Bella e divertente. Quando torna a Roma la Hornet?".

Honda Hornet in sintesi

Pregi Qualità costruttiva, Erogazione potenza, Maneggevolezza, Facilità d'uso, Stabilità, Carattere esclusivo

Difetti Feeling frenata, Comportamento forcella, Rigidità sospensione posteriore, Scarsa autonomia, Consumo elevato

Dati rilevati

Potenza max alla ruota/all'albero (CV-giri/min): 85,16-11.800/93,34-11.800

Coppia max alla ruota /all'albero (kgm-giri/min): 5,82-9.500/6,38-9.500

Velocita max: 232,9 km/h a 11.350 giri/min (indicata: 243 km/h a 11.500 giri/min)

Accelerazione 100 m: 5,068 s-129,1 km/h

Accelerazione 200 m: 7,546 s-160,9 km/h

Accelerazione 400 m: 11,625 s-189,8 km/h

Peso: 186,0 kg (ant 91,4% - post 94,6%)

Consumi

  • urbano: 14,5 km/l
  • extraurbano: 13,8 km/l
  • autostrada: 13,4 km/l
  • al massimo: 8,8 km/l

Dati tecnici dichiarati e prezzo

MOTORE quattro tempi quattro cilindri frontemarcia e inclinato in avanti di 35°, alesaggio per corsa 65x45,2 mm, cilindrata 599 cc, rapporto di compressione 12,0:1, distribuzione bialbero in testa con comando a catena e 4 valvole per cilindro, raffreddamento a liquido e lubrificazione a carter umido; potenza max 96 CV a 12.000 giri, coppia max 6,4 kgm a 9.500 giri.

ALIMENTAZIONE 4 carburatori Keihin a depressione con diffusore da 34 mm di diametro; capacità serbatoio 16 litri di cui 3 di riserva.

ACCENSIONE elettronica digitale; candele NGK CR9EH oppure Denso V27FER9, con distanza fra gli elettrodi di 0,8-0,9 mm; impianto elettrico con batteria 12v-6Ah, alternatore 340W.

TRASMISSIONE primaria a ingranaggi a denti dritti (1,863); finale a catena (2,8 - corona 42/15); frizione multidisco in bagno d'olio con comando meccanico; cambio a 6 rapporti: 2,928 in prima, 2,062 in seconda, 1,647 in terza, 1,368 in quarta, 1,200 in quinta, 1,086 in sesta.

TELAIO monotrave superiore in acciaio a sezione rettangolare, cannotto di sterzo inclinato di 25° 40', avancorsa 98 mm.

SOSPENSIONI anteriore forcella teleidraulica con steli da 41 mm di diametro non regolabili, escursione 125 mm; posteriore forcellone oscillante in lega leggera, monoammortizzatore senza leveraggi e regolabile su 7 posizioni nel precarico molla, escursione ruota 128 mm.

RUOTE cerchi in lega leggera da 16"x3.50 ant e 17"x5.50 post; pneumatici Michelin TX o Bridgestone BT-50F, ant 130/70-ZR16, post 180/55ZR17.

FRENI anteriore a doppio disco flottante da 296 mm con pinza a 4 pistoncini; posteriore a disco da 220 mm con pinza a 2 pistoncini.

DIMENSIONI (in mm) e PESO lunghezza 2.090, larghezza 730, interasse 1.420, altezza sella 790, altezza massima 1.060, altezza minima da terra 140, peso a vuoto 176 kg.

PRESTAZIONI velocità massima e consumi non dichiarati

GAMMA COLORI blu, rosso, grigio

MANUTENZIONE tagliando ogni 12.000 km; olio+filtro ogni 12.000 km; filtro aria ogni 18.000 km; pressione pneumatici ant 2,5 bar, post 2,9 bar

PREZZO 13.100.000 lire indicativi chiavi in mano

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