Limiti dell’occhio dell’automobilista e scarsa visibilità del motociclista: grave fonti d’incidenti
LIMITI ANATOMICI
LIMITI ANATOMICI Uno studio datato dicembre 2009 e realizzato
dall’Università
Milano-Bicocca, conferma quanto vi abbiamo detto sulla visibilità: a minacciare
la sicurezza dei motociclisti è soprattutto la scarsa capacità visiva degli
automobilisti, che precede l’alcool, le droghe, i telefonini e i colpi
di sonno. Incredibilmente, dalla ricerca dell’ateneo meneghino risulta
che il 32% (quasi uno su tre!) dei conducenti di autoveicoli non ha i requisiti
minimi di capacità visiva prescritti dalla legge (e dal buon senso). Come
se non bastasse, i famosi 10/10, che già per buona parte di noi restano
un miraggio, durante la notte si riducono drasticamente, nell’ordine dei
3/10 circa. Durante le ore notturne, poi, oltre alla capacità di distinguere
le forme si perdono anche la capacità di valutare le distanze e quella
di distinguere i colori, poiché al buio, abbiamo già spiegato (Motociclismo
di ottobre), l’occhio non si serve dei coni (responsabili del
discernimento
della profondità) ma dei bastoncelli, che hanno bisogno di meno luce e
sono sensibili solo al bianco e al nero, per cui il primo colore di cui
si perde la percezione è il rosso: luci posteriori, cartelli stradali,
ecc. Questi fenomeni sono riassunti dal termine medico scotòma. Tra le
conseguenze di questa sindrome si annoverano la tendenza a sovrastimare
le distanze, l’aumento della sensibilità all’abbagliamento e la
riduzione
del campo visivo per la scarsa disponibilità di dati visivi da parte del
cervello.
LIMITI DI ETÀ
LIMITI DI ETÀ L’ultima cattiva notizia è che il nostro Paese è
uno
dei più vecchi d’Europa. Non vedete il nesso? Sappiate che l’essere
umano,
per raggiungere le stesse performance di visione, ha bisogno di un quantitativo
di luce che cresce con l’età, raddoppiando all’incirca ogni 20 anni;
un 60enne ha quindi bisogno di una luce 8 volte più intensa di quella necessaria
ad un 20enne.
LIMITI DI VELOCITÀ
LIMITI DI VELOCITÀ Un fenomeno diverso è invece direttamente legato
alla velocità, dove all’aumentare della stessa si ha un netto
restringimento
del campo visivo: un pedone ha un campo visivo di 180°, che scende a 90°
già a 40 km/h, 50° a 90 km/h e soli 30° a 130 km/h; tutto ciò che sta al
di fuori viene ignorato dal cervello. Tutto questo accade di giorno, mentre
di notte il campo visivo si restringe ulteriormente fino a coincidere
virtualmente
con l’area illuminata dai fari.
INCIDENTI NOTTURNI
INCIDENTI NOTTURNI Quanto vi stupireste adesso se vi dicessimo che
il 33% degli incidenti avviene di notte, benché il traffico notturno sia
cinque volte meno intenso di quello diurno? Se aggiungiamo le condizioni
di visibilità ridotta per cause atmosferiche, si supera il 70% del totale,
e la somma restituisce il 47% degli incidenti mortali. A questo punto non
stupisce che oltre il 90% degli incidenti in cui sono coinvolti mezzi a
due ruote siano imputabili al fattore umano, con un 60% dei sinistri dovuti
ad una errata percezione della distanza e della velocità della motocicletta
da parte del conducente dell’altro veicolo coinvolto, come tipicamente
avviene nel caso di una mancata precedenza. A fronte di queste statistiche,
davvero disastrose, i governi Europei hanno preso l’impegno di dimezzare
gli incidenti stradali entro il 2012. Una buona idea per rendere più visibili
i motociclisti è stata quella di obbligarli a tenere accesi i fari anabbaglianti
anche di giorno; peccato che una successiva revisione del Codice della
Strada abbia vanificato il provvedimento, obbligando le auto a fare lo
stesso e quando tutti sono uguali, più nessuno è “speciale”. Visto
il
colpevole disinteresse dimostrato dalle istituzioni in sede di compilazione
del Codice e di rilascio delle licenze di guida, la palla passa quindi
a noi motociclisti che, contrariamente a quanto succede nel mondo animale,
dobbiamo renderci il più visibili possibile ai nostri “predatori”.
Vi
abbiamo già detto della necessità di vestirvi con abbigliamento e caschi
riflettenti o fluo, o per lo meno chiari. Ma che dire della moto?
OCCHIO ALLA MOTO
OCCHIO ALLA MOTO Cominciamo dalle ovvietà: controllare sempre che gli
apparati luminosi siano pienamente efficienti è essenziale per la vostra
sicurezza. Luci bruciate o regolate male possono farvi passare inosservati
oppure abbagliare i veicoli che incrociate, con ovvie conseguenze. La moto,
però, è un oggetto molto più sottile e sovente anche più veloce di
un’auto;
la luce dei fari arriva da una sola zona, di solito posta in alto e al
centro della sua sagoma. Ciò falsa la prospettiva, rendendo più difficile
per il cervello valutarne la distanza e la velocità relativa del mezzo
a due ruote, che appare in genere più lento e più lontano di quanto non
sia in realtà.
ACCORGIMENTI E CONSIGLI PRATICI
ACCORGIMENTI E CONSIGLI PRATICI Due strisce catarifrangenti alla base
degli steli della forcella e orientate nella direzione di marcia riflettono
la poca luce presente e possono contribuire ad indicare la vostra posizione
nello spazio. La posizione più sfavorevole per essere visti è quando
l’osservatore
si trova in posizione laterale secca rispetto alla moto, una situazione
che si può verificare spesso nelle rotonde, dove è vero che la sagoma è
maggiore, ma le luci della moto sono nella posizione meno visibile: una
buona idea è quella di applicare delle strisce in materiale riflettente
anche sui cerchi.
NEWS DAI COSTRUTTORI
NEWS DAI COSTRUTTORI In
un articolo pubblicato nel settembre 2007 (“Vedere per credere”), vi
abbiamo già parlato del progetto ASV (‘Advanced Safety Vehicle’),
lanciato
dal governo giapponese nel 1991 e di come Honda lo abbia interpretato,
soprattutto riguardo gli aspetti percettivi del traffico. Osservando il
fatto che la luce dei fari arriva da una sola zona della moto, Honda ha
dotato il prototipo ASV-3 di led ad alta intensità sugli steli forcella
e su un apposito spoiler superiore, che aumentano la capacità di percepire
correttamente distanza e velocità della moto rispettivamente del 10% e
del 20%.
MOTO CONTRO AUTO
MOTO CONTRO AUTO I fari
delle moto non sono ancora all’altezza di quelle delle auto, sia per
ragioni
di spazio sia per le prestazioni non sempre eccezionali di tanti impianti
elettrici. Oggi le lampade alogene, con filamento immerso in un gas, hanno
quasi completamente sostituito quelle a incandescenza. Hanno il vantaggio
di lavorare a temperature maggiori rispetto ad una lampada a tungsteno
e di avere un bulbo molto compatto, che significa un fascio di luce meno
divergente. Hanno comunque una scarsa resa emettendo nel visibile solo
il 20% dell’energia assorbita (quelle a incandescenza il 10%): il resto
se ne va in calore. La Philips Motovision, in realtà, a parità di potenza
assorbita (55 Watt), ha un fascio molto più potente essendo in grado di
arrivare anche 10-20 metri più lontano di una alogena tradizionale.
Altra tecnologia è quella allo xeno, che assorbe meno di un’alogena pur
illuminando il doppio, ma comporta la necessità di elevare la tensione
(anche 20.000 V). Inoltre la normativa prescrive una serie di misure per
evitare l’abbagliamento da essa prodotto in fase di incrocio.
Il futuro è rappresentato dalle lampade a led, dispositivi elettronici
in grado di emettere luce (sono alimentati direttamente a 12V), ma hanno
comunque bisogno di una centralina di pilotaggio per controllare e stabilizzare
la tensione, inoltre quando si cerca di avere luce bianca, nascono problemi
di assorbimento e surriscaldamento, motivi questi che ne stanno rallentando
l’introduzione.