09 February 2010

Limiti dell’occhio dell’automobilista e scarsa visibilità del motociclista: grave fonti d’incidenti

Studi scientifici rivelano come i limiti naturali dell’occhio umano durante la notte rendano il motociclista meno visibile all’automobilista. Ecco cosa si può fare.

LIMITI ANATOMICI




LIMITI ANATOMICI
Uno studio datato dicembre 2009 e realizzato dall’Università Milano-Bicocca, conferma quanto vi abbiamo detto sulla visibilità: a minacciare la sicurezza dei motociclisti è soprattutto la scarsa capacità visiva degli automobilisti, che precede l’alcool, le droghe, i telefonini e i colpi di sonno. Incredibilmente, dalla ricerca dell’ateneo meneghino risulta che il 32% (quasi uno su tre!) dei conducenti di autoveicoli non ha i requisiti minimi di capacità visiva prescritti dalla legge (e dal buon senso). Come se non bastasse, i famosi 10/10, che già per buona parte di noi restano un miraggio, durante la notte si riducono drasticamente, nell’ordine dei 3/10 circa. Durante le ore notturne, poi, oltre alla capacità di distinguere le forme si perdono anche la capacità di valutare le distanze e quella di distinguere i colori, poiché al buio, abbiamo già spiegato (Motociclismo di ottobre), l’occhio non si serve dei coni (responsabili del discernimento della profondità) ma dei bastoncelli, che hanno bisogno di meno luce e sono sensibili solo al bianco e al nero, per cui il primo colore di cui si perde la percezione è il rosso: luci posteriori, cartelli stradali, ecc. Questi fenomeni sono riassunti dal termine medico scotòma. Tra le conseguenze di questa sindrome si annoverano la tendenza a sovrastimare le distanze, l’aumento della sensibilità all’abbagliamento e la riduzione del campo visivo per la scarsa disponibilità di dati visivi da parte del cervello.

LIMITI DI ETÀ



LIMITI DI ETÀ
L’ultima cattiva notizia è che il nostro Paese è uno dei più vecchi d’Europa. Non vedete il nesso? Sappiate che l’essere umano, per raggiungere le stesse performance di visione, ha bisogno di un quantitativo di luce che cresce con l’età, raddoppiando all’incirca ogni 20 anni; un 60enne ha quindi bisogno di una luce 8 volte più intensa di quella necessaria ad un 20enne.

LIMITI DI VELOCITÀ



LIMITI DI VELOCITÀ
Un fenomeno diverso è invece direttamente legato alla velocità, dove all’aumentare della stessa si ha un netto restringimento del campo visivo: un pedone ha un campo visivo di 180°, che scende a 90° già a 40 km/h, 50° a 90 km/h e soli 30° a 130 km/h; tutto ciò che sta al di fuori viene ignorato dal cervello. Tutto questo accade di giorno, mentre di notte il campo visivo si restringe ulteriormente fino a coincidere virtualmente con l’area illuminata dai fari.

INCIDENTI NOTTURNI



INCIDENTI NOTTURNI
Quanto vi stupireste adesso se vi dicessimo che il 33% degli incidenti avviene di notte, benché il traffico notturno sia cinque volte meno intenso di quello diurno? Se aggiungiamo le condizioni di visibilità ridotta per cause atmosferiche, si supera il 70% del totale, e la somma restituisce il 47% degli incidenti mortali. A questo punto non stupisce che oltre il 90% degli incidenti in cui sono coinvolti mezzi a due ruote siano imputabili al fattore umano, con un 60% dei sinistri dovuti ad una errata percezione della distanza e della velocità della motocicletta da parte del conducente dell’altro veicolo coinvolto, come tipicamente avviene nel caso di una mancata precedenza. A fronte di queste statistiche, davvero disastrose, i governi Europei hanno preso l’impegno di dimezzare gli incidenti stradali entro il 2012. Una buona idea per rendere più visibili i motociclisti è stata quella di obbligarli a tenere accesi i fari anabbaglianti anche di giorno; peccato che una successiva revisione del Codice della Strada abbia vanificato il provvedimento, obbligando le auto a fare lo stesso e quando tutti sono uguali, più nessuno è “speciale”. Visto il colpevole disinteresse dimostrato dalle istituzioni in sede di compilazione del Codice e di rilascio delle licenze di guida, la palla passa quindi a noi motociclisti che, contrariamente a quanto succede nel mondo animale, dobbiamo renderci il più visibili possibile ai nostri “predatori”. Vi abbiamo già detto della necessità di vestirvi con abbigliamento e caschi riflettenti o fluo, o per lo meno chiari. Ma che dire della moto?

OCCHIO ALLA MOTO



OCCHIO ALLA MOTO
Cominciamo dalle ovvietà: controllare sempre che gli apparati luminosi siano pienamente efficienti è essenziale per la vostra sicurezza. Luci bruciate o regolate male possono farvi passare inosservati oppure abbagliare i veicoli che incrociate, con ovvie conseguenze. La moto, però, è un oggetto molto più sottile e sovente anche più veloce di un’auto; la luce dei fari arriva da una sola zona, di solito posta in alto e al centro della sua sagoma. Ciò falsa la prospettiva, rendendo più difficile per il cervello valutarne la distanza e la velocità relativa del mezzo a due ruote, che appare in genere più lento e più lontano di quanto non sia in realtà.

ACCORGIMENTI E CONSIGLI PRATICI




ACCORGIMENTI E CONSIGLI PRATICI
Due strisce catarifrangenti alla base degli steli della forcella e orientate nella direzione di marcia riflettono la poca luce presente e possono contribuire ad indicare la vostra posizione nello spazio. La posizione più sfavorevole per essere visti è quando l’osservatore si trova in posizione laterale secca rispetto alla moto, una situazione che si può verificare spesso nelle rotonde, dove è vero che la sagoma è maggiore, ma le luci della moto sono nella posizione meno visibile: una buona idea è quella di applicare delle strisce in materiale riflettente anche sui cerchi.

NEWS DAI COSTRUTTORI


NEWS DAI COSTRUTTORI In un articolo pubblicato nel settembre 2007 (“Vedere per credere”), vi abbiamo già parlato del progetto ASV (‘Advanced Safety Vehicle’), lanciato dal governo giapponese nel 1991 e di come Honda lo abbia interpretato, soprattutto riguardo gli aspetti percettivi del traffico. Osservando il fatto che la luce dei fari arriva da una sola zona della moto, Honda ha dotato il prototipo ASV-3 di led ad alta intensità sugli steli forcella e su un apposito spoiler superiore, che aumentano la capacità di percepire correttamente distanza e velocità della moto rispettivamente del 10% e del 20%.

MOTO CONTRO AUTO


MOTO CONTRO AUTO I fari delle moto non sono ancora all’altezza di quelle delle auto, sia per ragioni di spazio sia per le prestazioni non sempre eccezionali di tanti impianti elettrici. Oggi le lampade alogene, con filamento immerso in un gas, hanno quasi completamente sostituito quelle a incandescenza. Hanno il vantaggio di lavorare a temperature maggiori rispetto ad una lampada a tungsteno e di avere un bulbo molto compatto, che significa un fascio di luce meno divergente. Hanno comunque una scarsa resa emettendo nel visibile solo il 20% dell’energia assorbita (quelle a incandescenza il 10%): il resto se ne va in calore. La Philips Motovision, in realtà, a parità di potenza assorbita (55 Watt), ha un fascio molto più potente essendo in grado di arrivare anche 10-20 metri più lontano di una alogena tradizionale.
Altra tecnologia è quella allo xeno, che assorbe meno di un’alogena pur illuminando il doppio, ma comporta la necessità di elevare la tensione (anche 20.000 V). Inoltre la normativa prescrive una serie di misure per evitare l’abbagliamento da essa prodotto in fase di incrocio.
Il futuro è rappresentato dalle lampade a led, dispositivi elettronici in grado di emettere luce (sono alimentati direttamente a 12V), ma hanno comunque bisogno di una centralina di pilotaggio per controllare e stabilizzare la tensione, inoltre quando si cerca di avere luce bianca, nascono problemi di assorbimento e surriscaldamento, motivi questi che ne stanno rallentando l’introduzione.

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