di Alberto Motti - 04 August 2022

La deglobalizzazione: si torna a casa

La pandemia che non finisce e la guerra accelerano la tendenza a preferire fornitori italiani ed europei rispetto agli orientali, soprattutto per la regolarità delle forniture. Le nostre aziende sono favorite dal costo - elevato e altalenante - dei trasporti via mare, dal dollaro “pesante” e dalla loro flessibilità. I nuovi progetti prevedono sempre più componentistica “nostrana”

"Locale" è meglio

In questo periodo complicato da una pandemia che viaggia a ondate, da una guerra che pare prospettarsi molto lunga e dal conseguente ritorno dell’inflazione, stiamo assistendo, quantomeno, a un fenomeno positivo per l’industria europea: la deglobalizzazione.

Le Case moto stanno infatti orientando parte dei propri acquisti di componenti verso fornitori europei. Le tariffe dei container sono schizzate alle stelle. I frequenti lockdown nei porti cinesi, figli della strategia “zero covid” dello Stato, ritardano la filiera di produzione e spedizione dei semilavorati, tanto che il Pil di Pechino nel secondo trimestre di quest’anno ha registrato la seconda peggiore performance degli ultimi 30 anni, con un misero +0,4% (la peggiore riporta al 2020 della pandemia più aggressiva).

La guerra tra Russia e Ucraina ha fatto crescere i costi dell’energia e dei trasporti, rendendo ancor più antieconomica la strategia d’emergenza: il trasporto aereo, scelto in alcune occasioni, per esempio, da Fantic, per far arrivare alcune forniture necessarie per completare la produzione.

Un altro fattore per cui l’industria cinese – o meglio, asiatica – risponde sempre meno alle esigenze dei costruttori europei, è la mancanza di elasticità. La produzione orientale in grande scala è lenta ad avviarsi e troppo rigida rispetto alle necessità odierne della nostra industria. A volte servono quantitativi relativamente piccoli in tempi rapidi, che i colossi cinesi faticano a fornire nei tempi previsti.

Negli ultimi mesi è emerso un ulteriore trend che aggrava la situazione: il calo dell’euro rispetto al dollaro. Visto che il commercio internazionale si svolge ancora in buona parte in questa valuta, va da sé che i costi si impennano a meno di non rivolgersi all’interno del mercato dell’Unione Europea. Almeno in parte, perché il rincaro del dollaro si riflette anche sugli acquisti di fonti energetiche, che a loro volta spingono in su l’inflazione.

Un aiuto all’industria, per fortuna, arriva dai governi e dalla UE, che, almeno per quanto riguarda l’elettronica, hanno riversato miliardi di euro per limitare la dipendenza da Cina e Taiwan (questo in prospettiva per timore di ulteriori sconquassi sullo scenario internazionale).

Conta la puntualità

In questa tempesta perfetta, le Case scelgono varie vie per garantire l’arrivo delle moto in concessionaria e contemporaneamente contenere, per quanto possibile, i costi. Anche se, secondo tutte le aziende da noi interpellate, la priorità assoluta va alla disponibilità di prodotto e alla regolarità delle forniture, più che al prezzo in sé del singolo componente.

Questa “deglobalizzazione” era in embrione nella testa di diverse aziende già prima della pandemia, ma è esplosa successivamente. Con Fantic Motor che compra Motori Minarelli da Yamaha, con Triumph costretta a “riaccendere” le linee di montaggio inglesi, sprangate in nome del contenimento dei costi e con la produzione trasferita quasi completamente in Thailandia e Ducati che ha dovuto cercare altri fornitori per alcuni cablaggi (pochi in verità) che attraverso il gruppo Volkswagen le arrivavano dall’Ucraina: Borgo Panigale è molto gelosa delle informazioni sui propri fornitori, ma un’altra indicazione arriva dalla Saleri di Lumezzane, specializzata in componentistica per il mondo dell’auto, che è diventata fornitrice di pompe elettriche per le Rosse bolognesi. E ancora, Piaggio per il nuovo MP3 ha rinunciato ai freni Made in Taiwan per ByBre, “figlia” di Brembo.

Tra le aziende più attive c’è Fantic, che sta mettendo in piedi un importante piano per riportare in Italia alcune forniture. L’esempio più interessante è il motore della Caballero, oggi prodotto in Cina, che presto sarà realizzato proprio da Motori Minarelli; o le piastre forcella, già oggi realizzate in Europa e non più in estremo oriente. Fantic ha in canna anche un veicolo elettrico, che sarà prodotto prevalentemente in Italia (motore, telaio e fanaleria inclusi, componenti tradizionalmente di provenienza cinese).

Ormai la Casa veneta cerca di rivolgersi fuori dalla Ue solo per carenza di prodotti locali o di tecnologia per lavorarli. Ci spiega Mariano Roman, Ad Fantic, che i componenti “da noi costano ancora (poco) di più, ma la nostra flessibilità consente di cogliere opportunità che altrimenti andrebbero perse”.

Honda, sinergie ad Atessa

Abbiamo interpellato anche Honda, unica Casa giapponese ad avere uno stabilimento in Italia, ad Atessa in val di Sangro. Honda è stata tra le fondatrici di questo distretto industriale dell’automotive (anche Stellantis oggi ha fabbricati in zona): solo intorno all’impianto di Atessa gravitano oltre 200 fornitori italiani.

Ne abbiamo parlato con Marcello Vinciguerra, Managing Director di Honda Italia Industriale S.p.A, che ci ha spiegato come “la pandemia abbia generato un impatto in termini di costo nei trasporti e di disponibilità delle componenti dall’Asia, con, a oggi, ritardi medi di 30 giorni nelle consegne. Con lo scoppio della guerra in Ucraina, gli aumenti sono stati sul fronte costo dell’energia e su quello delle materie prime, oltre ad aver acuito la congestione nei trasporti”. In sostanza, una mezza tragedia, alla quale Honda reagisce con “la leva dell’agilità organizzativa, per adattarsi ai continui cambiamenti nella disponibilità di parti. Noi ci siamo strutturati con un comitato di crisi che, su base settimanale, analizza i rischi e definisce il calendario di produzione e il model mix, atti a mitigarne gli effetti nei confronti dei clienti. I punti di forza sono la disponibilità e professionalità delle persone e il coinvolgimento sinergico dei fornitori locali”.

Fornitori locali sempre più coinvolti, perché il “protrarsi dell’emergenza rende necessario rivedere la strategia degli acquisti: la storica competitività asiatica viene molto compensata dal costo dei trasporti e dalla debolezza dell’euro, mentre il rischio disponibilità della componentistica diventa cruciale per la sostenibilità del business”. Honda è pragmatica: per le forniture si basa sulla “Best Source, cioè la migliore combinazione di Qualità, Costo e Disponibilità. In tale ottica la localizzazione della fornitura rappresenta un potenziale strategico al quale guardiamo sempre con cura. Ora ci possiamo aspettare un’accelerazione che dovrà far trovare pronte le aziende del territorio sia in termini di progettualità collettiva che di rapidità nella risposta”.

Un ulteriore fattore che Honda tiene (da sempre) in considerazione e che potrebbe far buon gioco per l’industria italiana è la sostenibilità: “le aziende capaci di produrre con basso impatto ambientale e con approccio pro-attivo ed inclusivo con le persone, avranno un vantaggio competitivo tangibile. Quelle che saranno anche in grado di sviluppare progettualità sulla circolarità dei materiali per la produzione della componentistica, guadagneranno la priority line”.

BMW da sempre produce le proprie moto a Berlino (unici modelli costruiti in toto in estremo oriente sono le piccole 310 e gli scooter), e ha sempre favorito la flessibilità della produzione, con più fornitori per ogni singolo componente (molti italiani). La strategia industriale che la contraddistingue ha portato a selezionare produttori di alta qualità indipendentemente dal luogo di produzione. Il combinato disposto di questi due fattori le ha consentito di fronteggiare ragionevolmente bene le varie carenze nelle forniture, “saltando” da un produttore all’altro.

MV Agusta, parti straniere in calo

Anche MV Agusta sta puntando al “resourcing”, il riorientamento delle risorse, ma i tempi sono lunghi e i costi alti. Inoltre, adesso i fornitori europei sono sovraccarichi, ma per le nuove produzioni è già prevista una maggiore localizzazione in Italia/Europa di tipologie di forniture che prima erano prodotte nel "lontano oriente".

Al momento, la componentistica arriva sul lago di Varese per il 75% da Italia/Europa e per il 25% dall’estremo oriente, ma questa percentuale è destinata a ridursi ulteriormente. In sostanza, chi più chi meno, tutti i produttori europei stanno cercando di acquistare più componenti possibile in Europa, se non di riportarvi intere produzioni, per stabilizzare i costi e, soprattutto, garantirsi puntualità.

Per un ventennio abbiamo insegnato a cinesi ed orientali a costruire moto e componenti pur di risparmiare, sfavorendo la nostra industria della componentistica e pompando quella cinese, che ora cerchiamo di rinnegare.

Ma la prima generazione di ammiraglie Made in China è già qui, e vista l’esperienza in altri settori, se non la prossima, quella successiva sarà competitiva con le nostre e costerà meno. E con la regolarizzazione dei commerci si aprirà una stagione paragonabile allo sbarco delle moto giapponesi nell’Europa degli anni 60-70.

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