Napoli: il Vesuvio a portata di mano in una dozzina di tornanti scavati nelle colate laviche
1.282 METRI S.L.M.
1.282 METRI SUL LIVELLO DEL MARE Il cratere dovrebbe essere la bocca
dell’inferno e invece è il paradiso terrestre. Siamo arrivati quassù dopo
una scarpinata di trenta minuti. Mezz’ora trascorsa a lottare contro una
tramontana tesa e tagliente, raffiche feroci, da rubarti il fiato, da spezzarti
le gambe. Il sentiero è ripido, nel primo tratto incide il crinale nord
del cratere, il lato all’ombra, esposto alla furia del vento. In un impeto
di orgoglio abbiamo superato di buon passo 5 turisti tedeschi, 15 spagnoli,
52 giapponesi, e per poco non ci prendeva un infarto per lo sforzo. La
nostra moto è laggiù, piccola piccola, nel piazzale di quota mille, parcheggiata
accanto a quella del nostro amico Armando che, suo malgrado, è rimasto
nella baracca del rifugio, a scaldarsi le mani davanti alla stufetta a
carbone e a sorseggiare vino bollente. È andato in lieve ipotermia, il
vecchio matto, lui che a dispetto delle sue cinquanta primavere e del clima
rigido è partito da Napoli in tenuta estiva, giubbotto in pelle e casco
jet. “Tanto c’è il sole e il viaggio è breve” diceva lui.
“Roba da
matti”, dicevamo noi, sorridendo sotto il casco mentre lo inseguivamo
in autostrada. In effetti, il nostro amico aveva ragione: andare da Napoli
al Vesuvio è soltanto una bella passeggiata. Senza incontrare traffico
serve mezz’ora, tangenziale compresa: basta imboccare la A3, in direzione
Pompei-Salerno e uscire, indifferentemente, a Ercolano oppure al successivo
svincolo per Torre del Greco. Poi, si tratta di percorrere appena una quindicina
di km di strada asfaltata per arrivare a quota mille. Come dire, il Vesuvio
a portata di mano. Troppo facile risalire i suoi pendii. Un gioco da ragazzi
percorrere quella dozzina di tornanti, costeggiare le colate laviche, immergersi
nel bosco e ritrovarsi a lambire il Monte Somma. Suggestivo sormontare
la Valle del Gigante e approdare poco dopo nel piazzale sterrato di Colle
Margherita.
CARATTERE VULCANICO
CARATTERE VULCANICO Troppo
semplice il viaggio, quasi irriverente, se non fosse per l’arrampicata
a piedi, l’unico sacrificio richiesto per onorare il Temel Vesevo,
riflettiamo
mentre gironzoliamo sull’orlo del cratere. Quassù ci sento minuscoli,
un nano al centro dell’universo, una briciola di pane nell’oceano:
sotto
i nostri piedi scricchiola la lava sbriciolata, terra rossa, trasportata
da un pianeta lontano. Il mare, mille metri più in giù, è metallo liquefatto
sotto un cielo di cristallo opaco. Non prendetevela con noi, ma quando
rimuginiamo che questo è un vulcano attivo dell’Europa Continentale ci
si inceppa il cervello. Il Vesuvio è il terribile sterminatore, il distruttore
di Pompei e di Ercolano, è tra i dieci vulcani più pericolosi del mondo,
è un serial killer travestito da gentleman, eppure centinaia di turisti
salgono a visitarlo ogni giorno, scattano le loro foto, esclamano la loro
meraviglia e se ne tornano felici in albergo, coltivando, forse, il piacere
segreto di aver sfidato uno spietato assassino. Addirittura mezzo milione
di persone sparse in una dozzina di comuni abitano beatamente alle pendici
del vulcano: dovrebbero avere paura, il Vesuvio dovrebbe incutere loro
timore, ma non è così. Anzi è il contrario, la sua terra è fertile, ricca
di minerali, produce ottima uva e deliziosi pomodorini. Nei suoi boschi
trovano rifugio specie protette, dal cratere si tocca il cielo: tutto lascia
intendere che il Vesuvio sia un dispensatore di gioia e di vita e non un
feroce sterminatore.
C’ERA UNA VOLTA
C’ERA UNA VOLTA Niente
da fare: c’è qualcosa che non quadra, qualcosa di sottile e misterioso
che si trascina dal passato, che non è consentito comprendere a noi mortali.
Meglio non pensarci, meglio sedersi un po’ al sole su questa piattaforma
di cemento che è tutto quel che resta della leggendaria funicolare realizzata
sul finire del 1800. Unica al mondo a risalire un vulcano attivo, fu distrutta
dall’ultima eruzione del 1944: non è stata più ricostruita perché
trasporterebbe
troppa gente sul cratere, rendendone impossibile l’evacuazione in caso
di allarme eruzione. Ma allora il pericolo c’è davvero...
GLI OCCHI DEL VESUVIO
GLI OCCHI DEL VESUVIO Di
fronte a noi si apre la voragine del cratere. Ci guardiamo dentro, facciamo
scivolare lo sguardo sul fondo, fino a fissare inebetiti un punto preciso,
laddove immaginiamo possa celarsi la porta virtuale dell’abisso, il tunnel
che scende nelle viscere della terra, nell’anima oscura del vulcano. Ed
è allora che ripensiamo ai suoi occhi inquietanti, agli occhi del Vesuvio,
quelli che ci hanno folgorato dopo una curva stretta. Occhi profondi, scavati
sotto le rughe incise nella fronte, a dominare il naso adunco dalla doppia
gibbosità: non c’era dubbio, quello che continuava a fissarci da una
collinetta
ai margini della carreggiata era Pulcinella, la maschera teatrale napoletana
per eccellenza. Ma come? Il Vesuvio ha gli occhi di Pulcinella, o viceversa?
Comunque sia, quella maschera teatrale plasmata nella terra lavica, è apparsa
realmente lungo la strada che conduce al cratere. Guidando lungo il tortuoso
percorso che da Ercolano conduce alle falde più alte del Vesuvio, ci si
imbatte, con grande sorpresa, in dieci sculture di pietra lavica, realizzate
da altrettanti artisti di fama mondiale, e collocate in alcuni spazi verdi,
in prossimità dei tornanti, nonché ai lati della strada stessa. Nate
nell’ambito
del progetto “Creator Vesevo” (per conto del Comune di Ercolano, con
il sostegno del Parco Nazionale del Vesuvio e del Consorzio di Tutela e
Pro mozione della Pietra Lavica Vesuviana), queste sculture rappresentano,
secondo il direttore artistico Jean Noel Schifano, “dieci echi universali
alla potente grandezza del sito, Patrimonio dell’Umanità da riscoprire
sempre e da amare di più con queste umane e ammirevoli creazioni che ne
esaltano le naturali bellezze”. Non a caso, quindi, l’opera di Lello
Esposito (unico italiano tra gli artisti in questione), intitolata “Gli
occhi del Vesuvio”, sorveglia la strada che conduce al cratere. A nostro
avviso il Pulcinella scolpito nella lava, quella maschera teatrale capace
di piangere e ridere nel medesimo istante senza battere ciglio, incarna
davvero la duplice essenza del Vesuvio, di sterminatore e di creatore al
tempo stesso. È ora di scendere al rifugio, per recuperare
quell’imprudente
del nostro amico che nell’attesa si sarà ubriacato per benino, e sarà
pronto a giurare di aver visto gli occhi del Vesuvio...
IL PARCO
IL PARCO Il Parco Nazionale
del Vesuvio, nato il 5 giugno del 1995, si estende in provincia di Napoli
per ben 8.482 ettari sul territorio di 13 popolosi comuni: Boscoreale,
Boscotrecase, Ercolano, Massa di Somma, Ottaviano, Pollena Trocchia,
Sant’Anastasia,
San Giuseppe Vesuviano, San Sebastiano al Vesuvio, Somma Vesuviana, Terzigno,
Torre del Greco e Trecase. Il punto più alto del Vesuvio raggiunge i 1.282
metri, il cratere attuale ha un diametro di circa 650 metri e una profondità
di 230 metri. Il Vesuvio è un vulcano del tipo cosiddetto “a
recinto”;
formato, cioè, da due cinte crateriche, una esterna, il Monte Somma, e
una interna, il Gran Cono, separate dalla Valle del Gigante.