Prova Ducati Hypermotard 1100 EVO e EVO SP: due mostri, uno per la strada, l’altro per la pista
NUOVE ROSSE MOTARD
NUOVE ROSSE MOTARD Borgo Panigale ha aggiornato le sue supermotard.
A partire dalla prima 1100, nel 2007, la famiglia Hypermotard è prima cresciuta
di numero (con la entry level 796), poi ha evoluto i suoi modelli 1100
con due versioni: la stradale Hypermotard 1100 EVO, calcisticamente invariata
rispetto al passato, e la più estrema 1100EVO SP, destinate a rimpiazzare
rispettivamente le versioni standard e “S”. Le proviamo sul circuito
sardo di Mores (SS).
HYPERMOTARD 1100 EVO E EVO SP
HYPERMOTARD 1100 EVO E EVO SP
Le due moto hanno una grande differenza: la SP è davvero molto più alta.
Ciò è dovuto ad una maggiore luce da terra, necessaria per i piloti che
la utilizzano in pista: sulla EVO SP si hanno 30 mm in più. L’assetto
è stato cambiato montando una forcella Marzocchi più lunga di 50 mm, dotata
di 195 mm di escursione (30 in più di quella che equipaggiava la S) e di
un ammortizzatore Öhlins più lungo di 15 mm. La ciclistica della EVO mantiene
invece la medesime quote e sospensioni della Hypermotard 1100, ma introduce
una colorazione nera dei foderi della forcella e una diversa taratura.
DESIGN
DESIGN L’estetica delle
due moto è stata aggiornata con nuovi componenti: paramani con frecce integrate,
faro posteriore a LED con lente ad alta diffusione, fianchetti posteriori
in carbonio (prima li aveva solo la S), pannello strumentazione e blocchetti
elettrici presi dalla Streetfighter. Le Hypermotard EVO cambiano partendo
dai dati dichiarati: 7 kg in meno e 5 CV in più delle precedenti 1100 sono
quanto rivelano i tecnici di Borgo Panigale, che hanno lavorato di fino
sul telaio (dove la quasi totalità delle parti pressofuse ha lasciato spazio
ad altre più leggere ricavate dal pieno) e sul motore. Le Hypermotard EVO
sono equipaggiate con il motore Desmodue Evoluzione, che è stato aggiornato.
1100 EVO BASE
1100 EVO BASE Proviamo prima
la più stradale delle EVO. Attendendo che le Pirelli Diablo Rosso di primo
equipaggiamento e il motore entrino in temperatura, ci concediamo qualche
giro in rilassatezza. La posizione di guida è identica a quella delle
“vecchie”
1100 e 1100 S, col serbatoio ben stretto tra le gambe e un manubrio basso
e largo, che costringe ad una posizione molto avanzata del busto. Le pedane,
piuttosto basse, consentono di mantenere le gambe con una piega poco accentuata.
Le dimensioni più compatte esaltano la già celebre maneggevolezza di queste
Ducati, tanto che non sentiamo i 172 kg dichiarati. A motore caldo, quando
si apre il gas, il Desmodue offre una spinta vigorosa e lineare già a partire
dai 3.000 giri. Oltre questo regime si dispone di un buon allungo sino
a 8.500 giri, quando interviene il limitatore. L’erogazione pulita è stata
ottenuta lavorando sulle due sonde lambda allo scarico (prima era una sola),
che monitorano indipendentemente l’efficienza della combustione nei
cilindri.
Le prestazioni del motore sono esaltate dalla rapportatura corta del cambio,
con innesti molto precisi. Naturalmente la protezione aerodinamica è quasi
nulla. Diversamente non ci si potrebbe aspettare da una moto di questo
genere. Il tasso di vibrazioni è basso e avvertibile solo al manubrio,
quando si è agli alti regimi. In staccata, la pressione di due dita sulla
leva del freno anteriore (regolabile tramite una comoda rotella) è sufficiente
per trovare da subito buona potenza e modulabilità, doti ben assecondate
dal granitico sostegno offerto dalla forcella in affondamento. Inclinazione
dello sterzo ridotta e avantreno reattivo permettono ingressi in curva
rapidissimi, forse troppo: nei rampini, si ha come l’impressione che
l’anteriore
chiuda, perché il feeling con l’avantreno non è immediato. Lo avevamo
già sostenuto nelle prove pubblicate su Motociclismo del 06/2007 e 06/2008.
In percorrenza di curva la Hypermotard si dimostra sufficientemente stabile
e precisa nel seguire le linee impostate.
SP: MOSTRO DA PISTA
SP: MOSTRO DA PISTA In sella
alla SP ci si accorge subito dell’altezza maggiore e oltre a questa sono
un vero piacere i riser più alti di 20 mm, che consentono di caricare meno
il peso del corpo sulla ruota anteriore. Le pinze Brembo monoblocco migliorano
le già ottime prestazioni fornite dall’impianto della EVO, fornendo
prontezza,
modulabilità e potenza a dir poco eccellenti. Diverso è anche il comportamento
della moto in staccata: la Marzocchi è dotata di buona scorrevolezza, ha
una taratura più morbida e una corsa più lunga di 30 mm, che favorisce
i trasferimenti di carico sulla ruota anteriore. L’alleggerimento del
retrotreno che ne deriva favorisce uno stile di guida molto più simile
a quello di una motard “pura”, con la ruota posteriore che si
intraversa
prima di ogni tornante. A differenza della EVO, però, sulla SP abbiamo
sentito la necessità di una frizione antisaltellamento. Il chilogrammo
risparmiato con i cerchi Marchesini in alluminio forgiato rende la moto
ancor più agile nei cambi di direzione; una sensazione probabilmente amplificata
dallo sgravio di 7 kg garantito dallo scarico completo Termignoni del kit
Ducati Performance montato sull’esemplare da noi provato.