di Leonardo Lucarelli - 10 June 2022

Turismo: nel chianti sloveno

Sconfinate coltivazioni di luppolo ci danno il benvenuto nella valle della Spodnja Savinjska, porta d’ingresso di quella Slovenia orientale in parte ancora snobbata dal turismo di massa nonostante ospiti città, fortezze, natura, corsi d’acqua che non hanno nulla da invidiare alle attrazioni della più quotata regione occidentale

Visioni moderniste

Incastonata nel cuore d’Europa, ma non ancora travolta dalle rotte turistiche più glam, con poco più di 2 milioni di abitanti totali, la Slovenia sa sempre conquistare il viaggiatore, immergendolo nella sua natura magnifica e nelle cittadine storiche, invitandolo a scoprirla senza fretta e coccolandolo con ottima cucina e vini eccellenti. Senza dimenticare le molte strade assolutamente “motociclistiche” che sa offrire.

Il nostro viaggio parte da Lubiana e, più precisamente, dal Grand Hotel Union Executive, in Miklosiceva, a pochi metri (in senso letterale!) dal centro e dal famosissimo triplice ponte (Tromostovje), dove muoviamo i nostri primi passi nella città. Costruito nel 1842 per sostituire il precedente ponte ligneo medievale, fu poi modificato nel 1929 dall’architetto Jože Plečnik che vi aggiunse altri due ponti destinati ai pedoni, creando quello che è un unicum architettonico della capitale slovena. Lubiana è considerata una delle capitali più verdi e vivibili del vecchio continente (nominata non a caso Capitale Verde d’Europa nel 2016 dalla Commissione Europea).

In tutta la zona del centro il traffico è capillarizzato e le sponde della Ljubljanica, il fiume che la attraversa serpeggiando, sono completo appannaggio di pedoni e ciclisti. Jože Plečnik, originario proprio di Lubiana, è una specie di eroe nazionale, in effetti si deve a lui gran parte del fascino che oggi esercita la capitale. Pioniere dell’architettura moderna slovena, ha disseminato il centro storico di bellissimi edifici, ponti (non solo il Tromostovje) e decine di elementi di arredo urbano. In realtà, come spesso accade, l’arte eclettica e personalissima di Plečnik lo escluse dalle principali tendenze architettoniche della sua epoca (moltissimi i richiami neoclassici d’ispirazione greca, romana e bizantina, come anche quelli al mondo islamico e all’Antico Egitto, in netta contrapposizione con quella che era la fisionomia barocca e secessionista della sua città) e quando morì, nel 1957, era praticamente sconosciuto al di fuori dell’Europa centro-orientale. Oggi è universalmente considerato un precursore del modernismo, la sua fama contribuisce ad attrarre visitatori a Lubiana e a renderlo parte integrante del forte orgoglio nazionale che si respira in tutto il Paese.

Vessilli nazionali

Altro personaggio conosciutissimo è il poeta France Prešeren, a cui è dedicata una statua nella piazza omonima da cui parte il triplice ponte. Vissuto nella prima meta dell’800, con i suoi scritti contribuì molto al rafforzamento dell’identità culturale slovena, soprattutto dopo l’incontro con Matija Cop, intellettuale che non smise mai di affermare quanto fosse necessaria una grande letteratura nazionale con caratteristiche specifiche, che si smarcasse dalla tradizione tedesca. Va ricordato che il popolo sloveno aveva perduto nell’Alto Medioevo la propria autonomia politica e viveva ormai da secoli smembrato tra i vari domini della casa d’Austria. Privi di una nobiltà consapevole dei propri diritti e di una borghesia in grado di affermarsi come soggetto politico, gli Sloveni furono risvegliati e quasi trascinati a nuova vita dai loro pochi intellettuali, i quali nella seconda metà del Settecento e nel primo Ottocento s’impegnarono in un’avventura culturale straordinaria, di cui Cop e Prešeren furono ambasciatori e maggiori esponenti.

Una delle caratteristiche che rendono unica tutt’oggi la letteratura slovena è proprio la sua bipolarità, il suo oscillare tra populismo e cosmopolitismo, tra chiusura nei confini nazionali e apertura verso il mondo, tra caratterizzazioni folkloristiche e ricerca di forme espressive ben più complesse, caratteristica che si ritrova nel carattere delle persone, profondamente accoglienti e contemporaneamente così attaccate a qualsiasi cosa riconoscano come identità nazionale. Altro elemento che racconta immediatamente dove sei, se mandi una foto ai tuoi amici, è il Castello che domina la città dalla sua verdissima collina (la Grajska Planota). Costituito da più edifici di epoche diverse, presenta vari stili architettonici, la cosa più bella è che non è musealizzato, ma aperto al pubblico e agli abitanti, per essere vissuto attraverso il bel bar all’interno delle mura o semplicemente passeggiando nella piazza interna e sui bastioni per contemplare la vista del paesaggio all’imbrunire. L’ingresso è gratuito, si paga solo per accedere alla torre di guardia (costruita nel XIX secolo), alla Cappella di San Giorgio, all’interessante mostra permanente dedicata alla storia del Paese e al Teatro dei Burattini (http://www.ljubjanskigrad.si).

Lubiana è anche una città universitaria e gli oltre 50.000 studenti garantiscono una certa frizzantezza, per cui è particolarmente piacevole viverla la sera, passeggiando nei vicoli della Città Vecchia (Staro Mesto) che si diramano sulla riva orientale della Ljubljanica. È un’area di grande bellezza architettonica, con una prevalenza di edifici barocchi e alcune case in Stari trg (Piazza Vecchia) e Gornji trg (Piazza Superiore) che hanno mantenuto invece l’impianto medievale. Quando è ora di mettersi in sella, piove. Vabbé, in fondo viaggiando in moto un po’ d’acqua la si mette in conto. E poi non siamo ancora nella Slovenia da guidare. Dopo circa 45 minuti di diluvio incessante, arriviamo a Žalec. Siamo nella valle della Spodnja Savinjska, conosciuta da oltre un secolo e mezzo per la produzione di luppolo, porta di ingresso di quella Slovenia orientale spesso trascurata dai turisti che, solitamente, privilegiano le destinazioni più famose della zona occidentale. Eppure proprio qui si trovano tre belle città ricche di storia, visitabili senza preoccuparsi di schivare le comitive armate di ombrellino dei viaggi organizzati.

La fontana di birra

Luppolo, dicevamo. Abbiamo attraversato vasti campi in cui viene coltivato questo ingrediente fondamentale della birra - riconoscibili dai cavi metallici tirati lungo i filari - e lo ritroviamo in mezzo allo stemma della cittadina di Žalec. In realtà - a parte il fatto che vorremmo fermarci un attimo ad aspettare che smetta di piovere - la nostra sosta qui ha un motivo ben preciso: avete presente la visione coranica del paradiso? Viene descritto come un giardino con fiumi di latte, miele e vino, rallegrato da fontane profumate di canfora e zenzero.

Ecco, declinate quest’immagine in versione luppolizzata e vi farete un’idea di quel che il sindaco di Žalec ha realizzato, solo pochi anni fa: una fontana di birra. Il suo nome, Oro verde, esprime proprio il ruolo importante che il luppolo ha per Žalec e la valle inferiore della Savinja. Non è che sgorga birra dalla cornucopia di un putto a getto continuo, eh, però è una di quelle esperienze che vale la pena fare. Di fatto è una struttura circolare con 6 rubinetti automatici, dove potrete degustare 6 diverse birre. Si acquista (8 euro) un boccale munito di chip, disegnato dal famoso designer Oskar Kogoj, basta appoggiarlo sotto ad ogni erogatore e quello verrà riempito a metà dell’antica bevanda fermentata. Tra i sei assaggi anche una (ottima!) birra alla canapa, il boccale poi vi resterà come souvenir.

Celje, una vera sorpresa

Alcuni raggi di sole iniziano a stracciare le nuvole, solo 15 km ci separano da Celje e il suo castello, la più grande fortezza medievale slovena, visitabile tutti i giorni dell’anno (http://www.grad-celje.com). Ci sembra subito bellissima, quanto poco frequentata. Con un centro storico curato, la mirabile architettura, i vari musei e soprattutto quel maniero che domina il corso della Savinja, Celje potrebbe tranquillamente essere una rinomata meta turistica. Ma la vicinanza con le più famose Ptuj e soprattutto Maribor (dove siamo diretti) la penalizzano molto in questo senso, così il visitatore che si ferma qui ha la piacevole sensazione di aver appena fatto una scoperta.

Anche la sua storia è importante, affonda le radici nell’epoca romana, ma si caratterizza soprattutto a partire dalla metà del XIV secolo, quando i conti di Celje (poi duchi) assunsero il controllo della regione. Furono una dinastia potentissima e gli ultimi che contrastarono l’egemonia degli Asburgo, riuscendo anche a tenere unita buona parte del Paese per un certo periodo. Per capire la loro importanza pensate solo che le tre stelle d’oro che formano un triangolo rovesciato del loro stemma araldico (visibile ancora oggi nel castello e in altri punti della città) sono state inserite nella bandiera nazionale. Oltre al castello meritano una visita anche la Chiesa Abbaziale di San Daniele, con la sua pietà lignea del XV secolo, il Palazzo dei Principi (http://www.pokmuz-ce.si/en, al suo interno c’è anche la Galleria d’Arte Contemporanea) e la Celeia Romana (resti di due ville romane del III secolo, complete di pavimenti mosaici, visita gratuita). Celje è separata da Ptuj da una settantina di km, volendo evitare l’autostrada ci sono varie opzioni alternative, nessuna memorabile a dir la verità. Si attraversano comunque paesini carini e vallate verdi, senza mai incontrare più di un paio di automobili ogni 10 minuti, l’asfalto in generale è buono e pulito, con curve dolci e aperte.

Tempo di degustazioni

Entrando nel centro della cittadina, una delle più antiche di tutta la Slovenia, mi sembra di non riuscire a immaginare un tempo e un luogo più gratificanti di questo in cui mi trovo. Sarà che la pioggia ha lasciato il posto a un cielo appena lucidato da un vento fresco, che l’orizzonte inizia a virare già verso il tramonto, o sarà la vista del grande castello imbiancato che si riflette stanco sulle acque della Drava, fatto sta che non capita spesso di sentirsi così bene. Ptuj se la gioca ad armi pari con Lubiana, in quanto a importanza storica, eppure si può tranquillamente visitarla tutta in una sola giornata. Concedetegliene almeno un paio però, tra l’altro ci sono diverse escursioni interessanti e varie attività da fare nei dintorni. Noi ci affidiamo ad una guida, che oltre a raccontarci varie storie interessanti, ci fa entrare nei tunnel sotterranei della città. La visita è libera, solo che per infilarvi nei tunnel dovete essere accompagnati, in teoria l’ingresso sarebbe vietato (TIC, Centro Informazioni Turistiche di Ptuj: www.ptuj.info).

Il tutto è gestito in maniera abbastanza casereccia (la porta di ingresso, appena sotto al castello, quando siamo arrivati noi era aperta), non c’è un vero e proprio percorso, non c’è illuminazione ad eccezione delle torce a petrolio, all’interno si trovano i resti di vecchie mostre d’arte (caserecce anche quelle, sembrerebbe) e di festicciole abusive a base di birra, eppure il bello sta proprio qui: sembra di essere una giovane marmotta disobbediente. Secondo gli anziani della città il Castello di Ptuj era collegato a un altro castello, distante 12 km, con dei tunnel poi caduti nell’oblio e percorribili solo in parte adesso. Ma non è vero, questi percorsi sotterranei furono costruiti durante la Seconda Guerra Mondiale probabilmente per lo stoccaggio delle armi o per rifugio, mai finiti e mai utilizzati in realtà. Gli archivi militari furono sequestrati dall’esercito Jugoslavo quando lasciò la Slovenia, quindi ad oggi il reale motivo della costruzione di questa opera ingegneristica sotterranea e soprattutto il motivo per cui rimase incompiuta, sono sconosciuti. Una spiegazione razionale del suo precoce abbandono sarebbe legata al terreno, friabile, per cui l’attività di scavo sotto al castello potrebbe aver evidenziato dei possibili cedimenti strutturali. Restano congetture, che però rendono questa visita fuori dal comune ancora più piacevole e misteriosa.

La nostra esplorazione dell’Est si conclude a Maribor. Ma per arrivarci ci dirigiamo verso l’incantevole villaggio di Jeruzalem, abbarbicato in cima a una collina, per attraversare la splendida zona vinicola delle tre comunità di Ormož, Sveti Tomaž e Središče ob Dravi, nella regione di Prlekija. La strada serpeggia tra i declivi su cui spiccano i boschetti ordinati e soprattutto le vigne, innumerevoli. Lo so che sembrerà banale, ma la prima cosa che ti passa per la testa quando guidi da queste parti è “sono nel Chianti sloveno”. Qui vengono prodotti soprattutto bianchi, da decine di piccole aziende vinicole che offrono degustazioni e, in alcuni casi, anche degli ottimi servizi di ristorazione. Impossibile uscire delusi, ovunque deciderete di fermarvi avrete la sensazione di aver scelto il posto migliore. Ci permettiamo però di consigliare Vino Kupljen (www.vino-kupljen.com), per portarvi a casa il loro intenso Pinot o una bella bottiglia di Sauvignon blanc e magari fermarvi a cena gustandovi la vista sui vigneti a perdita d’occhio.

Continuiamo verso la regione più a nord est della Slovenia, Prekmurje, una vasta pianura che si estende oltre il fiume Mura. A Ižakovci decidiamo di fare una piccola sosta. Nonostante le casette anonime non invoglino per niente a fermarsi, continuando pochissimo oltre il confine della città si incontrano le indicazioni per Dobrovnik che conducono a una strada sterrata - un intermezzo divertente - e quindi alla “isola dell’Amore”, dove si può visitare gratuitamente un antico mulino ad acqua galleggiante ristrutturato. Va detto, qui le strade non sono nulla di che, tanti rettilinei, campi bruciati dal sole, paesi come Filovci, assolutamente privi di attrattiva. Se attraversati velocemente. Se, invece, si dedica loro un po’ più di attenzione si scoprono perle rare. Proprio a Filovci, per esempio, si nasconde un’antica tradizione legata alla ceramica nera, con tanto di museo dedicato (www.loncarska-vas.com). Quando ci fermiamo noi c’è Alojz Bojnec, il proprietario, intento a modellare un vaso. Ottenere la ceramica nera è abbastanza semplice, basta chiudere molto accuratamente il forno dopo la cottura e il fumo penetra in tutti i pori dell’argilla, scurendola. Eppure vederla lavorare ha il gusto piccante e dolce di un racconto di magia. Stesso discorso per Bogojina, uno tirerebbe dritto senza battere ciglio, invece la sua bizzarra chiesa ristrutturata da Jože Plecnik (ricordate?) merita senza dubbio la sosta. Infine, Murska Sobota, il capoluogo della regione. Durante la breve passeggiata nel centro visitiamo la principale chiesa luterana, ci sgranchiamo un po’ nel parco del castello, per poi concludere in bellezza assaggiando la tipica Prekmurska Gibanica, una bomba calorica di semi di papavero, ricotta, noci, mele, panna e burro.

Capitale della Stiria

Pur essendo la seconda città della Slovenia, Maribor ha appena un terzo della popolazione di Lubiana. Sembra più una sonnolenta e curata cittadina di provincia. Non ha monumenti imperdibili e questa è una cosa che ci fa quasi piacere, perché possiamo passeggiare per la città vecchia lungo il fiume Drava senza i sensi di colpa del tipo “Oddio, sto qua a godermi il sole senza andare nella cattedrale, nel castello, nel museo!”. In realtà il motivo è che durante la seconda guerra mondiale qui caddero migliaia di bombe, tanto che nel 1945 due terzi della città erano un cumulo di macerie. Oggi è un posto da vivere, assaporandolo passo dopo passo. Le vie pedonali del centro storico sono piene di studenti che frequentano i suoi caffè e nel quartiere affacciato sul fiume Lent si tengono vari festival delle arti. Maribor inoltre è la porta di accesso alle regioni vinicole di Mariborske e Slovenske Gorice, a nord e a est della città. Passiamo per Glavni trg, l’antica piazza del mercato della Maribor medievale, in mezzo alla quale si erge la più elaborata colonna della peste di tutta la Slovenia, eretta nel 1743 di fronte allo splendido municipio in stile veneziano del XVI secolo. Arriviamo nel quartiere di Lent, lungo il fiume, dove si trovano alcuni tra i più importanti luoghi di interesse storico della cittadina, tra cui la Vecchia Vite, piantata circa 450 anni fa durante l’assedio degli Ottomani e inserita nel Guinness dei primati come la vite più longeva del mondo. È un vitigno žametovka ovvero modra kavčina e nonostante la veneranda età non ha mai smesso di fornire uva, tra i 35 e i 55 kg all’anno da cui si producono circa 25 litri di Žametna črnina (Velluto nero), un rosso intenso che viene donato alle personalità in visita, al posto delle ben più classiche e banali chiavi della città. Sia Giovanni Paolo II sia Benedetto XVI ne ricevettero una bottiglietta da 0,25 litri, ma gli fanno compagnia in questo club super esclusivo anche personaggi ben più laici, come Arnold Schwarzenegger, Brad Pitt e Michel Platini. Noi non siamo stati tra questi fortunelli, va’ a capire...

Incastonata nella vite c’è la Casa della Vecchia Vite, che ha una vastissima collezione di vini locali e ospita il piccolo museo dedicato alla vecchietta, gratuito (www.staratrta.si, degustazione di vini 4 euro).

A caccia di curve

Il tour potrebbe anche concludersi qui, ma andarcene dalla Slovenia senza aver davvero goduto tra le curve un po’ ci dispiace. Decidiamo quindi di allungare molto la strada del ritorno e, invece di puntare dritti a Lubiana, per poi proseguire fino a Borgo Panigale dove dovremo restituire le nostre due Ducati (sigh), puntiamo verso il Passo Pavlič (o Passo Paulitsch) che connette il comune sloveno di Solčava con il distretto di Völkermarkt, in Carinzia. La strada per arrivarci è - finalmente - una vera goduria, annodata tra i boschi con sempre un corso d’acqua ad accompagnarci impetuoso, a volte a destra, altre a sinistra.

Il segnale che stiamo andando nella direzione giusta ce lo danno le decine di motociclisti che incontriamo, sia nella nostra direzione che in quella contraria. Stranamente il punto più alto del nostro percorso non è il passo (1.338 m), ma un tratto della Paulitschsattel Strasse subito dopo, in Carinzia, dove il nostro altimetro segna 1.389 metri. Pochi chilometri tutti curve e tornanti, incoronati dalle maestose cime delle Caravanche (in sloveno Karavanke), e rientriamo nell’Alta Carniola slovena attraverso il Seeberg Saddle (1.218 m). Il tratto per salire verso quest’ultimo passo è probabilmente il più bello di tutto il tour, con una strada ampia e perfetta, dalle curve sempre inclinate verso l’interno che invogliano a sporgere il ginocchio verso l’asfalto. La tortuosa discesa in mezzo ai boschi lungo la strada 210 ci porta a Britof e quindi di nuovo in pianura, di nuovo verso Lubiana.

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