di Nicolò Codognola - 04 July 2021

BMW R 18 vs. H-D Low Rider S: cruiser agli antipodi

La BMW R 18 è una cruiser vera, fatta per gongolare su strade scorrevoli ammirando il paesaggio, ma diventa impegnativa quando l’asfalto si aggroviglia in tornanti e curve strette. L'Harley-Davidson Low Rider S sfodera un’indole inaspettatamente sportiva e una buona maneggevolezza, però ha qualche limite nell’elettronica, davvero povera. Entrambe odiano l’autostrada e il traffico cittadino

Testa a testa

Partiamo dalla BMW R 18, vera novità del segmento cruiser. Il suo obiettivo è confrontarsi con i colossi USA e conquistare uno spazio nel mercato d’oltreoceano. Nel mirino c’è Harley-Davidson, è chiaro, ma guardando il vasto listino di Milwaukee non troviamo un modello esattamente concorrente della R 18. Cerchiamo tra le Softail – per affinità di schema ciclistico – e subito pensiamo alla Deluxe, con il suo stile da cruiser classica e le abbondanti cromature. Ma con entrambe le ruote da 16” e flatboard avanzate invece delle tradizionali pedane, è la versione lussuosa della Slim, una bobber. E la Street Bob? Troppo basica e con quel manubrio ape-hanger… Non ci siamo ancora. Fat Bob e Fat Boy: oltremodo aggressive. Puntiamo allora sulla Low Rider, con ruote da 19” davanti e 16” dietro, pedane moderatamente arretrate e sella rasoterra. Ci viene fornita la versione S, con motore da 114 pollici cubi, tutta nera. Ma anche questa, a dirla tutta, non è una concorrente diretta della BMW. Ma meglio così, perché se da un lato abbiamo un’europea che vuole fare l’americana senza rinunciare alle proprie radici, dall’altro abbiamo una yankee che, pur ribadendo le origini USA, si ispira alla sportività delle maxi del Vecchio Continente.

BMW R 18 First Edition

Harley-Davidson Low Rider S

Cruiser agli antipodi

Per alcuni, anche tra noi in redazione, la BMW R 18 è la moto più bella attualmente in circolazione. Rappresenta l'essenza delle due ruote classiche senza scadere nel vintage. Si ispira alla R 5 del 1936 e come l’antenata possiede una fortissima personalità e un equilibrio perfetto. La cura dei particolari rasenta la maniacalità, non c'è un dettaglio fuori posto e le finiture sono strepitose. L’armonia stilistica e la qualità delle cromature (specie quella degli scarichi) lascia a bocca aperta. Unico particolare non a livello del resto è il carter di protezione del radiatore dell’olio davanti al motore, in plastica grigia. Ma è un peccato veniale, in mezzo a tanta bellezza.

Dall’altra parte troviamo un'Harley insolitamente magra e muscolosa, che abbandona le cromature per un look total black con tante parti opache che camuffano qualche imperfezione, ma che al contempo esaltano la linea aggressiva e compatta. Come sulla concorrente, il motore è protagonista, al centro del design dell’intera moto. Qui più che sulla BMW, tutto è complementare al bicilindrico a V che troneggia sotto il serbatoio. Il contrasto del color bronzo usato per i cerchi in lega e i loghi sul serbatoio è molto ben riuscito. Meno azzeccata, secondo noi, la finitura goffrata del telaietto reggisella e del supporto strumentazione, per non parlare del guscio in plastica che va a riempire il retro del cupolino. Alcuni clienti – ci dicono in Harley – lo riempiono con un supporto per il navigatore, ma visto così è un po’ cheap. Anche altre finiture sono un po’ sottotono: le leve di cambio e freno sono poco curate, alcuni cablaggi rimangono a vista, il supporto della targa non ci convince. La ricerca di particolari sfiziosi e dettagli raffinati è secondario, sull’americana, e segue il concetto delle club style: la Low Rider S è la versione street legal delle special che, a partire dagli anni Sessanta, imperversavano sulla costa ovest degli USA ed erano usate dai membri delle gang motociclistiche per sfuggire alla polizia. Motore performante, sospensioni sportive, assetto raccolto e cupolino sono i capisaldi di questa corrente che sta tornando in voga anche da noi.

Il nero (non) snellisce

Una volta in sella, le disparità tra i due modelli diventano macroscopiche. Tanto per cominciare: il peso. La BMW rimane un po’ più inclinata sul lungo cavalletto e sollevarla fa sentire tutti i suoi tre quintali e mezzo, anche se il manubrio largo e la sella bassa aiutano in questo frangente. Con la Harley invece, che è quasi verticale anche quando appoggiata alla corta stampella, sembra di manovrare una bicicletta, a confronto: la bilancia parla di 50 kg in meno rispetto alla R 18, ma da fermi sembrano molti di più. La differenza non è solo una questione di peso. È l’ergonomia che cambia totalmente.

A bordo della tedesca c'è tanto spazio per il pilota: il busto è diritto, la sella è ampia e ben sagomata oltre che molto vicina a terra. Il manubrio è ampio è piuttosto distante: sicuro non è una posizione adatta ai brevilinei. La vicinanza dei comandi a pedale ai cilindri sporgenti e, a sinistra, anche al cavalletto laterale, limita un po' la mobilità dei piedi (specie per i nostri tester che calzano stivaletti di misura 44 e 46…). La sella della Low Rider rende giustizia al nome della moto, anche se abbiamo misurato qualche centimetro in più nella distanza dal suolo rispetto alla concorrente. Comunque è ben imbottita e comoda, oltre che rialzata posteriormente per trattenere il pilota nelle forti accelerazioni. Le pedane sono piuttosto avanzate e alte, il manubrio T-bar stretto e lontano. Ci vogliono stature elevate, dai 180 cm in su, per trovare una giusta posizione. Non per niente gli accessori più venduti per questo modello sono manubri arretrati e selle più alte… Ad ogni modo, viaggiare veloci non è l’obiettivo di queste due moto.

Con BMW il comfort è buono, la sella è un po’ dura nelle lunghe percorrenze, ma a velocità autostradali si è in balìa del vento, anche a causa della posizione aperta delle braccia, che raccoglie l’aria della corsa sul petto. Le vibrazioni sono quasi assenti su pedane e manubrio, ma decisamente avvertibili sul fondoschiena, con una frequenza che ai medio-alti regimi diventa, alla lunga, fastidiosa. Da parte sua la Harley-Davidson ha vibrazioni davvero scarse (il doppio contralbero funziona egregiamente), limitate alla sella e mai fastidiose, anzi sono un piacevole filo diretto con le pulsazioni del bicilindrico di Milwaukee. Con la sua postura da club style, la Low Rider S affatica però le braccia, allacciate al manubrio alto e le gambe, mollemente appoggiate alle pedane tanto da non poter scaricare la schiena. Ci si trova tuttavia molto inseriti, con il cupolino all'altezza del petto: la protezione è discreta e solo il busto non risente della pressione dell’aria, mentre casco e braccia rimangono totalmente esposte.

Si riscatta nel traffico, l’americana, con una capacità di manovra superiore alla mastodontica avversaria, che oltre ad una lunghezza importante deve fare i conti anche con l’ingombro del boxer. Entrambe hanno raggi di sterzata importanti, con la Low Rider che svolta in (poco) meno spazio. La BMW offre (optional a 1.000 euro) la retromarcia elettrica, utilissima e pratica da usare; alla Harley non serve.

Parliamo in questo paragrafo di comfort termico, argomento delicato in sella a delle maxi. Le temperature quasi invernali che ci hanno accompagnato durante la nostra prova non hanno messo in risalto questo aspetto, ma nella marcia lenta si avverte comunque un certo tepore tra le cosce (H-D) e sui piedi (BMW), piacevole in questa stagione, ma potenzialmente fastidioso d’estate.

Traiettorie precise

Una volta prese le misure, la R18 si fa condurre facilmente. È piuttosto neutra in inserimento e molto stabile, a patto di non pretendere un'andatura sportiva, che in ogni caso viene preclusa dallo strisciare precoce delle pedane sull’asfalto. La forcella è a punto e restituisce sempre reazioni coerenti allo stato del manto stradale, mentre il mono posteriore, dall'escursione limitata, è piuttosto secco. La frenata, se ci si affida solo all’anteriore, è discreta per modulabilità e potenza: come con tutte le cruiser di una certa stazza e interasse, è necessario integrare l'intervento con il posteriore, specie in frenate di emergenza e, a centro curva, per contrastare l’effetto sottosterzante.

All’opposto, nonostante ci siano comunque tre quintali da gestire, la Low Rider S sembra una gazzella a confronto con la tedesca. Ha una maneggevolezza notevole e addirittura sorprendente considerando il peso e la mole. Se non fosse per la posizione di guida decisamente poco attiva, potrebbe sembrare di essere in sella ad una grossa roadster: si frena forte anche in ingresso curva (ma il comando a pedale del posteriore paga un'escursione elevata della leva), la forcella sostiene bene, l’inserimento è preciso, la percorrenza è sicura e si può piegare fino ad inclinazioni dignitose prima di toccare le pedane. Solo se si esagera, l'avantreno tende un po' ad allargare la traiettoria. Ottimo il comportamento del retrotreno, sufficientemente soffice sulle asperità, ma non “ciondolone” quando si guida in maniera più sportiva.

Solo BMW ha le mappe e il TC

I motori, sono entrambi poderosi nel design come nel carattere, ciascuno a modo suo. Il boxer già dai 1.500 giri/min è pronto ai richiami del gas senza strattoni; pastoso, pieno e piacevole anche nel sound. Dotato di riding mode e controllo di trazione, offre qualcosa che – specialmente su una maxicruiser di questa stazza – è ormai imprescindibile. La mappa Rain si usa davvero solo quando il fondo stradale è particolarmente scivoloso, perché soffoca la sua caratteristica migliore, ovvero la prontezza ai bassi regimi. Con la mappa Roll cambia poco, ma si avverte un po’ più vispo. Se però l’asfalto è asciutto, la modalità Rock, avvertibilmente più grintosa e con intervento del TC più mitigato, è da usare senza remore. Buono il cambio, ma il comando frizione, pur con azionamento idraulico, è piuttosto duro e sotto sforzo perde un po’ di precisione nello stacco.

Anche con Harley la frizione (con comando a cavo) richiede uno sforzo superiore alla media per essere azionata, mentre il cambio è morbido e preciso, ma la corsa del pedale è lunga e gli innesti sono rumorosi. Tolto questo piccolo neo, il Milwaukee-Eight 114 non delude le aspettative: appena meno regolare del boxer BMW, è però altrettanto corposo e più pronto nel salire di giri: tenere la lancetta del contagiri nel range 2.000/4.000 giri/ min è una goduria e accompagna il pilota fuori dalle curve con il suo effetto fionda in tutte le marce, pronto anche a salire fin oltre i 5.000 giri/min se necessario, ma consapevoli che il meglio si trova nella prima porzione di apertura del gas. C’è però da stare attenti a dosare il gas. Senza controllo di trazione (la piattaforma inerziale e i controlli elettronici del pacchetto Reflex Defensive Rider System sono dedicati per ora solo ai modelli della gamma Touring) andiamo cauti sull’asfalto infido, umido e coperto di foglie… Infine, avremmo preferito un rombo più aggressivo: il “potato-potato” marchio di fabbrica del V-twin americano si sente ancora, ma è fin troppo educato. Si può risolvere attingendo all'enciclopedico catalogo di accessori H-D con uno scarico più aperto… Consigliamo altresì un diverso avvisatore acustico: da una cruiser così grintosa ci si aspetterebbe una voce “maschia”, invece il clacson è acuto e lieve come quello di uno scooter, da cambiare immediatamente.

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