a cura della redazione - 28 March 2021

MV Agusta: “La Elefant non sarà solo una moto nuova, ma un brand all’interno del marchio”

La nostra intervista a Giorgio Mazzotti, direttore design del centro stile CRC di MV Agusta

Giorgio Mazzotti, 56 anni, è designer industriale con esperienza quasi trentennale nel campo moto e auto motive. In passato ha lavorato anche con Ducati, Benelli e Engines Engineering. È stato nominato Direttore del Design CRC il 15 giugno 2020.

Come è stato raccogliere l’eredità di Adrian Morton?

“Impegnativo. Adrian è sempre stato il creativo del gruppo, colui che ha disegnato la Superveloce; noi siamo stati di supporto al suo estro. Ora è uscito da MV”.

Come si coniugano design e praticità?

“La sfida che mi è stata proposta in CRC è proprio questa. Faccio questo mestiere da 30 anni: nel 1992 ero qui con Tamburini e sin da allora ho incontrato la difficoltà a portare in produzione l’oggetto ideato, il bozzetto iniziale. Fin dall’inizio bisogna concepire la moto come un prodotto industrializzabile. In questi anni MV Agusta ha realizzato moto bellissime, che sono diventate icone mondiali, ma è mancato un po’ il concetto di praticità già in fase di realizzazione. La sfida è questa: cominciare a guardare il prodotto come industrial design, con tutto quello che concerne l’ottimizzazione di tempi, costi, manutenzione…”.

Quale è l’ispirazione al passato?

“MV Agusta ha tanto heritage, tante idee, alcune delle quali tenute nel cassetto: bisogna per questo svilupparle al massimo. Fare cose nuove è facile; la grande difficoltà è realizzarle assicurandosi che mantengano l’identità del marchio”.

Parliamo di stilemi precisi?

“Il fanale romboidale anteriore di F3 e F4, ad esempio, è un elemento di riconoscibilità immediata e mondiale; non dobbiamo perderlo. Ma anche tecnologia adoperata e materiali sono impronte digitali che identificheranno i modelli che andremo a realizzare. Secondo il piano quinquennale avanzato da Timur Sardarov dovranno nascere molte moto nuove e per noi sono sfide molto grandi, prima tra tutte la Elefant. Pur avendo cuore MV, dovrà brillare di luce propria; sarà un brand all’interno del marchio”.

A proposito di sfide: a quando la nuova F4?

“Questa moto è ormai un mito, con linee pulite ed essenziali, bellissima ancora oggi. Se ne sta parlando, ma non si vedrà a breve: è un progetto importantissimo che ha bisogno di una sua maturazione. Posso anticipare però che avrà belle linee, all’italiana, che richiamano le moto da corsa”.

Parliamo di corse, allora, e di alette aerodinamiche…

“Stiamo studiando questa soluzione per i modelli sportivi, con studi nella galleria del vento. Dovranno avere ovviamente funzione aerodinamica, ma anche estetica. Ma negli anni ho imparato che le cose belle funzionano anche bene a livello di flussi aerodinamici”.

Quali sono le sue esperienze di motociclista?

“Sono originario di Lugo di Romagna, zona di grandi piloti che ha alimentato la mia passione per le moto e ho fatto la gavetta, da ragazzino, con il 50ino. La mia aspirazione iniziale però era quella di diventare un designer di auto. La mia fortuna è stata quella di approdare a Engines Engineering, dove ho imparato moltissimo. Ma dove, sviluppando prototipi moto, ho avuto la possibilità di guidare davvero di tutto, senza mai avere una mia moto personale. Poi però, per le scampagnate con la moglie ho preso una BMW 800, mentre per divertirmi con mio figlio ho una Ducati Multistrada 1000, quella disegnata da Terblanche, designer con cui ho avuto il piacere di lavorare”.

Senza limiti di budget, come sarebbe la sua moto ideale?

“Questa è una bellissima domanda (ride, n.d.r.): può rivolgerla a qualsiasi designer di moto e non ne ricaverà nulla. Perché il designer è uno che si lamenta del layout proposto dall’ufficio tecnico, ma sul quale comincia a lavorare. Però, se mi date un foglio di carta bianco, non saprei che cosa fare. Cerchiamo di avere libera scelta, in realtà i paletti che tanto odiamo ci servono per esprimere e stimolare la nostra creatività”.

La sua classifica personale delle moto più belle di sempre.

“Difficile… Direi la MV Agusta Superveloce, che ho avuto il piacere di fare insieme ad Adrian Morton. Perché non è classica né moderna; in ambito motociclistico è paragonabile a nessun’altra. Tornando indietro di qualche anno: la Ducati Supermoto di Terblanche, che purtroppo è rimasta un concept. Poi, se devo trovare qualcosa che mi faccia esclamare “WOW!” faccio fatica. Andrei sicuramente su moto italiane”.

Che cosa hanno le altre, che non va?

“In passato ho avuto modo di lavorare con tante aziende moto. I marchi europei e americani hanno una loro identità, ma un po’ statica. Mentre le moto giapponesi non rimangono nella memoria, a livello di stile. Kawasaki fa un po’ eccezione, in questi ultimi anni. La sede è nel sud del Giappone e si avvicina un po’ alla mentalità italiana. Stanno cercando una loro linea personale di stile, ma ancora non ci riescono: esprimono una tecnologia molto avanzata, ma il design è contorto”.

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