di Nicolò Codognola - 25 April 2021

Yamaha XSR700 Sette

Oscar Tasso realizza una special ispirata alle prime moto dakariane: look evocativo e ruote tassellate con anteriore da 21”. Ha una guida bilanciata e gustosa su strada, ma in offroad richiede impegno

Compagna d’avventura

L’alba è radiosa, un vento gelido spazza ogni nube da un cielo di cobalto. Oggi non si va in ufficio. Giacca ben imbottita, macchina fotografica e casco: con questo bagaglio minimo saliamo in sella e puntiamo le ruote tassellate verso le montagne. Abbiamo già in mente una bella strada tutta curve per raggiungere un’amena trattoria. E poi c’è quello sterrato che porta in cresta al monte, dove lo sguardo può spaziare su tutta la pianura, giù fino agli Appennini. La nostra compagna, oggi, è Sette. L’ha realizzata Oscar Tasso per Yard Built, il contest Yamaha che mette in competizione i bike builder europei partendo da uno specifico modello della Casa dei tre diapason. Nel 2019 la base scelta è stata la bicilindrica XSR700 e ha avuto come tema “Back to the Dirt”, che ha posto l’accento sull’ispirazione degli anni 70 e 80. E, guardando Sette, è impossibile non pensare alla XT500 che vinse le prime due edizioni della Parigi-Dakar con Cyril Neveu, nel 1979 e nel 1980. Quel serbatoio ingombrante e squadrato, il faretto tondo annegato in una mascherina che protegge nulla dall’aria, il parafango alto e largo come un’ala d’aeroplano, i soffietti sulla forcella: tutto riporta alla mente gli anni pionieristici del rally più famoso del mondo.

A un metro da terra

Ma che non si tratti di una vera off-road lo avvertiamo appena saliamo in sella, che è sì molto alta (910 mm dal suolo, rilevati dal nostro centro prove), ma poco distanziata dalle pedane, mentre il manubrio è troppo basso. Ci si trova, in pratica, come seduti sulla XSR700: l’ergonomia è quella di una naked, ma una spanna più distante dall’asfalto. Al primo sterrato ci rendiamo conto che anche le sospensioni non si manifestano particolarmente adatte al fuoristrada: la luce a terra è elevata, ma la corsa è ridotta. Però la strada bianca si digerisce senza troppi patemi, una volta superato l’imbarazzo con il baricentro alto. L’equilibrio generale è ottimo. Nonostante la modifica ca delle quote, con l’adozione di una ruota anteriore da 21” e l’innalzamento del baricentro, la moto appare ben bilanciata e le reazioni risultano molto neutre. Certo non è un fulmine a chiudere le traiettorie o nei cambi di direzione, ma è piacevole sulle curve e sui tornanti che affronto. La scelta delle gomme tassellate riduce un po’ il comfort e la precisione, ma dona un notevole impatto estetico. Il serbatoio si lascia stringere piacevolmente tra le ginocchia e anche guidando in piedi non ostacola i movimenti, mentre il manubrio restituisce una rassicurante sensazione di controllo. L’ABS non c’è: bene su sterrato, ma con questi tasselli, su asfalto umido ci farebbe sentire un po’ più sicuri. Anche perché la frenata è potente e particolarmente pronta, specie all’anteriore dove la leva ha poca corsa e “inchiodare” non è così difficile. Bello il motore, proprio come me lo ricordavamo. Con 75 CV, una discreta schiena – di quelle che fanno godere senza spaventare – e un’apprezzabile elasticità, non vorremmo niente di più, in questa nostra fuga dalla quotidianità. Il bicilindrico – condiviso con MT-07 e Ténéré – prende giri alla svelta e tira fuori dalle curve senza dover per forza scalare ogni volta una marcia. Il cambio lo rammentavamo privo di difetti, mentre oggi si impunta, talvolta, quando inseriamo la terza. Di burro invece la frizione, mai affaticante perfettamente modulabile.

Prefigura quel che verrà

In vetta ci fermiamo per scattare qualche foto e ci compiacciamo di come Sette si inserisca con garbo nel paesaggio. Ha il sapore di una avventuriera, la cima che mille volte abbiamo raggiunto con altre moto, ora ci sembra conquistata per la prima volta. La variabile è lei: ci fa sentire dei dakariani anche senza aver mai messo piede nel deserto. I richiami al passato sono immediati, a partire dalla colorazione essenziale. La linea poi è indubbiamente evocativa: bravo Oscar. Doppiamente bravo se pensiamo che ha dovuto affrontare la sfida di non modificare telaio né altri componenti strutturali in maniera irreversibile. L’avantreno, semplicemente, è stato sostituito totalmente con quello di una Yamaha SCR950; tutto il resto è plug&play, vale a dire che sfrutta gli attacchi originali e che, volendo, tutte le modifiche sono reversibili. Ma non è questo l’intento. Piuttosto, l’intenzione di Yamaha è quella di vagliare l’ipotesi di mettere a listino un modello Sport Heritage di sapore scrambleristico adatto anche all’off-road, affidando ai migliori tuner sulla piazza le moto per Yard Built, proprio come ha fatto Oscar Tasso con questa Sette. Ma allora perché non partire da una Ténéré, che ha già una base fuoristradistica? Qualcosa ci dice che ci stanno già pensando… La strada (sterrata) è ormai tracciata.

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