di Marco Riccardi - 31 May 2020

Storie di regolarità: il campionato europeo 1968-1989

Valli Bergamasche del 1979: il tedesco Erwin Schmider si aggrappa alla sua Zündapp ufficiale cercando di valicare la scalinata sotto lo sguardo impassibile degli spettatori. La “compagnia della spinta” sta rigorosamente in disparte: niente soccorso per chi non ha una targa BG sul parafango!

NOI DURI

La Regolarità è un affare per uomini di ferro. Soffrire come mai per spingere cento e passa chili di moto sulla mulattiera impestata, guadare un torrente col sasso bastardo che fugge sotto la ruota, usare le sole mani per smontare – e rimontare – nel giro di 5 minuti una gomma tassellata prima di entrare al “parco chiuso”. Tutto questo è il gran “divertimento” della Regolarità. Attenzione, abbiamo detto Regolarità e non Enduro perché vogliamo ricordare un momento magico tra gli anni Sessanta e Settanta (esattamente dal 1968 al 1989), dove questa disciplina del fuoristrada girava intorno al campionato europeo. Uomini duri, abbiamo scritto, piloti che in quegli anni avevano il passaporto di chi veniva da Oltre cortina, vestiva la divisa dell’esercito cecoslovacco e del Dukla Praga e veniva controllato a vista da un oscuro rappresentante del Politburo per impedirgli la fuga verso l’Ovest. Dalle nostre parti erano gli atleti delle Valli Bergamasche, personaggi che incarnavano al cento per cento l’essenza del pilota da Regolarità, gente cresciuta a pane e fatica, ma con una determinazione spaventosa. Due per tutti: Alessandro Gritti, una leggenda, nato nel 1947 e ancora oggi con la voglia di sporcarsi gli stivali di terra e Imerio Testori, il primo italiano a vincere l’europeo nel 1974 con la KTM 360 e morto due anni dopo mentre era in allenamento, pronto ad affrontare la “Valli”. Rare le posizioni al vertice per chi arrivava dal resto d’Italia e nessuna speranza di essere aiutato in mulattiera dalla “compagnia della spinta” se la tua moto non aveva una targa BG. Qualche milanese furbo arrivava a metterne una falsa sul parafango per farsi soccorrere, ma veniva sgamato immediatamente se apriva bocca.

MASSICCIA COME UNA ZÜNDAPP

E poi c’erano le moto, che erano delle vere Regolarità e non delle Cross con targa e fanali. Le pesanti quattro tempi italiane di Gilera, Moto Guzzi e Morini hanno dovuto lasciare spazio alle ben più agili due tempi che arrivavano da Germania Est e Ovest, Cecoslovacchia e Austria. Ma su tutte primeggiavano le Zündapp: 45 titoli in 15 anni, dal 1968 al 1982, nelle classi 50, 75, 100, 125 e 175. Le inavvicinabili GS tedesche erano prototipi costruiti senza badare al risparmio, con il massimo dei materiali ultraleggeri come il magnesio e il titanio, moto che non avevano niente a che fare con quelle che compravi in concessionaria. Guidare una Zündapp “ufficiale” era il sogno di ogni pilota e ti ripagava sotto forma di affermazioni europee: Erwin Schmider, asso degli assi per la capacità di spaziare dai 50 ai 500 cc, ha vinto 9 dei suoi 10 titoli proprio in sella ai modelli costruiti a Monaco di Baviera. L’epopea della invincibile armata si chiude nel 1984, a 67 anni dalla fondazione della Casa tedesca, causa drammatica bancarotta. Più di un migliaio di operai venuti da Oriente impacchettano le moto, i ricambi e pure le catene di montaggio, stivando il tutto su un centinaio di vagoni ferroviari che andranno di filato in Cina.

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