a cura della redazione - 26 January 2020

KTM 1290 Super Duke GT vs Yamaha MT-10 Tourer Edition

Due sole moto al mondo conciliano fascino e prestazioni di una supernaked con un certo comfort e una capacità di carico accettabile: la versione semicarenata della poderosa Super Duke e la MT-10 in allestimento Tourer Edition. Qual è la migliore tra le due? Lo abbiamo scoperto viaggiando per 1.500 km a caccia di curve

Inizia la comparativa

L’attitudine è una predisposizione innata, difficilmente conquistabile a posteriori. Ora tutti siamo abituati a volere tutto e il mercato cerca di rispondere a questa richiesta con sofisticati cocktail di estetica, prestazioni, multifunzionalità. Da un lato nascono ibridazioni e anacronismi difficilmente comprensibili, dall’altro la sperimentazione è l’essenza dello sviluppo, altrimenti andremmo ancora tutti in giro su una Vespa. Ragionando su questa prova il proverbio “chi nasce tondo non può morire quadrato” è stato spunto di riflessione: l’indole sportiva quanto può diventare turistica? E, nel caso potesse diventarlo, come potrebbe avvenire questa trasformazione senza che venga fuori un… mostro di Frankenstein? Per scoprirlo abbiamo messo faccia a faccia le uniche due “supernaked da turismo” del mercato. Moto eccezionali tanto nelle prestazioni quanto nelle ambizioni. Non sfigurare in un track-day, catturare sguardi all’aperitivo, convincere in viaggio, conquistare sulle curve del passo. Da un lato, la KTM 1290 Super Duke GT, seconda versione dell’edizione semicarenata della “Bestia”. Dall’altro, la Yamaha MT-10 Tourer Edition. Operazione sulla carta più semplice quella di Iwata rispetto a quanto fatto da Mattighofen, ma bisogna considerare che la base di partenza è quella di una nuda particolarmente comoda, meno bisognosa di grandi interventi per macinare chilometri.

Turiste per caso…. o per scelta?

KTM, dicevamo, ha preso sul serio la questione, lavorando con impegno sul lato touring della GT, che rispetto al primo modello migliora sotto molti punti di vista. La nuova strumentazione TFT da 6,5’’ è piena di informazioni e altamente interattiva, e l’illuminazione è incrementata grazie a un frontale con faro full LED e cornering lights sui convogliatori lato serbatoio. Ora ci sono due vani portaoggetti, di cui uno con presa USB, apribili solo ruotando il manubrio da una o dall’altra parte. Il parabrezza è più protettivo ed è regolabile su nove posizioni con una sola mano, quindi anche in marcia. Le manopole riscaldate sono di serie. Si può avere in optional l’aiuto per le partenze in salita, una bella mano quando si viaggia in due a pieno carico. L’onestà di battezzare una moto sportiva come “GT” sta proprio nel porre attenzione a queste cose, che in tante ore di guida si sentono e, se assenti, fanno arrabbiare. Mentre sulla sella, secondo noi, si poteva fare di più. L’imbottitura rigida sarà anche un vantaggio nella guida sportiva, ma in viaggio indolenzisce il sedere abbastanza in fretta. La giapponese in versione “vagabonda” si differenzia dal modello standard solo per l’aggiunta di accessori. Vediamo allora se un plexiglas alto, una sella comoda, dei paramani e le borse laterali possono rendere piacevole e divertente una lunga percorrenza fatta non solo di ricerca di velocità e performance, ma anche di soste foto, meteo instabile e percorsi alternativi.

Prontissime, forse a tutto

L’atto di fare i bagagli inizia a mettere un po’ di distacchi in classifica. Le borse laterali rigide di KTM, optional da 800 euro, offrono una capienza dignitosa. Yamaha avrebbe potuto fare di più. Due borse in ABS per un totale di 40,6 litri di capienza (rilevati) sono davvero poco, soprattutto se al loro interno si trovano due borse impermeabili che “mangiano” parecchio spazio, riducendo ulteriormente il volume a disposizione. La chiusura con un piccolo lucchetto a combinazione trinumerica, tra l’altro, è una soluzione un po’ troppo minimal se confrontata con la chiave dell’austriaca. Come al primo appuntamento, la prima impressione conta eccome. KTM invita al viaggio, facendo venire voglia di caricare le borse, connettere il proprio smartphone col sistema KTM My Ride e iniziare la navigazione. L’app dedicata (costa 8,99 euro) mette in comunicazione telefonino e strumentazione, la quale propone un sistema di navigazione turn-by-turn e comandi audio. Non male per chi viaggia e, allo stesso tempo, ama la tecnologia. La MT-10 si mostra piccola e compatta, la sella promette grande comfort al pilota e il supporto GPS è pronto ad accogliere l’eventuale navigatore. Iniziamo il viaggio, perché no, con il traffico milanese: semafori, code, pavé, binari e buche. È da subito chiaro che nessuna delle due è del tutto a suo agio in questo ambiente ma, altrettanto ovviamente, la città capita sia nella vita quotidiana che in viaggio. La posizione di KTM è più comoda, meno “caricata” sui polsi, con sospensioni (semiattive) che digeriscono meglio i piccoli ostacoli urbani. Le informazioni sul cruscotto aiutano sia a orientarsi sia… a passare il tempo. La mappatura Street è dolce nel modo giusto e non fa maledire gli amici che hanno deciso di invitarci per un caffè in centro. Yamaha è agile tra le auto e di facile gestione, ma anche con la mappatura più “sedata”, nei chiudi-apri cittadini si viene quasi strattonati per via di una risposta all’acceleratore troppo decisa. Per entrambe, il problema più grosso è il calore trasmesso alle gambe. Nel caso di Yamaha è intenso, con KTM è addirittura fastidioso. La comparativa si è articolata su due fronti. Un giro di 500 km con due tester “sportivi” per saggiare le doti nella guida all’attacco, un altro di 1.000 km con due tester moto turisti per un focus sulle doti di comfort. In totale, circa 600 km di autostrada e 900 di curve. Nei trasferimenti entrambe si comportano bene e permettono un po’ di relax grazie ai cruise control. La visibilità offerta dagli specchietti è buona, i paramani sono un aiuto in più. Il plexi di KTM protegge un po’ di più (e con la pioggia aiuta non poco). D’altra parte le vibrazioni più intense e la sella sottile e dura della 1290 fanno riguadagnare terreno alla MT. Che però ha consumi esagerati, un serbatoio molto meno capiente di quello della rivale (17 litri rilevati contro 22,7), un eventuale passeggero con una posizione in sella da circense e manopole dal diametro oversized che piaceranno solo a chi ha mani XL.

Quando “grip” fa rima con “trip”

Quando si parla di curve questi due esemplari di ghepardi motorizzati da oltre 140 CV alla ruota (quasi 160 la Kappa) danno il meglio. La MT-10 deriva dalla R1, non stupiamoci quindi se ci trasmette subito sensazioni molto sportive. Icambi di direzione sono veloci e più ancora lo è la discesa in piega, durante la quale raggiunge al volo angoli da saponette. In percorrenza la posizione di guida “caricata” sui polsi ripaga con un gran bel feeling. Le sospensioni sono sinceramente sportive, cosa che va a vantaggio della precisione di guida e a svantaggio del comfort (tanto più se l’idea è quella di viaggiare col passeggero). Le unità della rivale garantiscono un comfort maggiore, soprattutto se la strada sulla quale vi trovate non è appena stata preparata per il Tour de France. Fare il Col du Galibier e il Col du Lautaret è stato libidinoso con entrambe, mentre su passi meno noti e, di conseguenza, meno mantenuti, KTM ha regalato più piacere di guida grazie alla maggior abilità nel copiare il fondo. Il cambio della “jap”, preciso e morbido, permette di “salire” di marcia senza frizione, mentre quello KTM, bidirezionale, permette addirittura di dimenticarsene. La Super Duke ha un freno motore sempre ben calibrato, meno intenso rispetto a quello, eccessivo, della rivale. Questa caratteristica si deve probabilmente alla presenza sul nostro esemplare dell’optional MSR, che ci sentiamo di consigliare. Ha un’ergonomia più equilibrata, è leggermente più lenta nello scendere in piega e nel cambiare direzione ma ripaga con una sensazione di precisione e “solidità” maggiore della rivale. Per capirci, una mette voglia di aggredire un misto in una frenesia di pieghe e accelerazioni a… naso all’insù (si impenna di gas in terza!), l’altra di pennellare bei piegoni, uno dopo l’altro, godendosi i medi forse più muscolosi del panorama moto. Entrambi i motori sono molto più di quanto serva per andare molto veloce. Avessero metà dei giri a disposizione sarebbero comunque oltremodo grintosi. Il bicilindrico austriaco ha una schiena più robusta del quattro-in-linea jap, ma la verità è che la spinta ai medi della MT-10 è tale da rendere questa differenza difficilmente apprezzabile. Capita raramente, per capirci, che in uscita di curva si arrivi a dare “tutto gas”, anche guidando a passo spedito, perché l’accelerazione è davvero furibonda. Il fatto che la Super Duke spinga ancora di più, quindi, non produce un vantaggio (mentre in pista…). Lo stesso vale per la potenza agli alti. La Yamaha è mostruosa, folle l’idea di “tirare” una marcia tra le curve. La Kappa è… di più. E diciamo che, fondamentalmente, le due si equivalgono anche ai bassi. Da

un lato abbiamo un bicilindrico molto elastico, dall’altro un quattro-in-linea (che per sua natura è) super elastico dotato però di una risposta al gas fin troppo decisa. Nessuno dei due eccelle, insomma, ma entrambi vanno molto bene. Dove il propulsore austriaco fa meglio del rivale è a centro curva, fase di guida nella quale si passa da gas chiuso a gas “puntato”, e dove il motore giapponese accusa un freno motore più intenso del voluto e la citata, eccessiva reattività al comando dell’acceleratore. Le due cose insieme rendono la moto meno scorrevole e fluida di quanto si vorrebbe, perlopiù nello stretto, dove la coppia di trascinamento del motore trasmessa alla ruota è maggiore (marce corte) e l’inerzia del veicolo è limitata (bassa velocità). Entrambi gli impianti frenanti sono all’altezza delle prestazioni, ovvero super performanti, ma quello della KTM è complessivamente migliore grazie ad una modulabilità impeccabile. Fin troppo brusco nell’attacco, invece, quello della Yamaha.

Il lato oscuro della forza

Per non negarci nulla, dopo esserci sgranchiti le gambe girando a piedi la bellissima Annecy, siamo tornati in sella per un giro in notturna dell’omonimo lago. Il nuovo gruppo ottico a LED della KTM si rivela migliore, con una luce non molto intensa ma più ampia sui lati e più profonda. Utili le cornering lights, che in curva illuminano l’interno della traiettoria. Il fascio di luce di Yamaha è meno intenso e ampio, e vale anche per l’abbagliante. Prima di infilarci sotto le coperte, parcheggiamo le nostre due compagne. La MT-10 è più facile da spostare a motore spento, per il peso minore (208 kg con le borse contro 227, rilevati) e la sella leggermente più bassa (841 mm contro 846), mentre per quanto riguarda gli angoli di sterzata, più da sportive che da tourer, le due si equivalgono. Il cavalletto laterale di KTM si trova al primo colpo, mentre sulla Yamaha spesso va cercato. Infine, molto comodo il sistema di accensione/spegnimento keyless dell’austriaca, soprattutto in viaggio, quando le soste per ammirare i panorami sono frequenti.

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