di Nicolas Patrini - 24 March 2020

Ducati Streetfighter V4, l'intervista al designer

La nostra intervista esclusiva a Jeremy Faraud, il designer della nuova Ducati Streetfigher V4. Ecco cosa ha risposto alle nostre domande relative alla nuova naked di Borgo Panigale

Cosa ti ha ispirato nel progettare questa moto? Rivediamo qualcosa della vecchia Streetfighter, il design della V4 ed elementi inediti.

“È molto positivo che si notino tutte queste influenze, ci sono. Diciamo che la nuova Streetfighter non è l’evoluzione della vecchia versione, ma una naked che nasce dalla attuale Panigale V4. Certo è che il linguaggio estetico di Ducati parla una sola lingua e si notano alcune somiglianze, anche perché la ricetta per fare una streetfighter è sempre la stessa: prendi una superbike, togli le carene, aggiungi un cupolino che sterza con il manubrio. L’idea era quella di fare una moto molto agile, tanto agile quanto potente. Si tratta di una moto pensata per fare tutto, dalla città alla pista”.

Quanto sei stato vincolato dalla somiglianza con la V4? Per esempio il codone è molto simile. Hai mai pensato a stravolgere le linee per creare qualcosa di totalmente diverso?

“Avendo lo stesso motore e lo stesso telaio non è facile scappare da questo stile. D’altro canto è stata una mia scelta quella di raggiungere una evidente somiglianza. La prima Streetfighter ricordava tanto la 1098 e ho scelto di andare avanti con questa logica. Il cupolino, visto con calma, mostra come esso sia il muso di una Panigale V4, ma più piccolo. Nel disegnarla volevo anche fosse una moto estrema e per questo mi sono ispirato anche alla faccia del Joker".

Il Joker. E cos’altro ti ha ispirato?

“Nel mio caso uso tanto la musica. Per fare questa moto ho ascoltato tanto le canzoni di alcuni film. Ad esempio Suicide Squad, dove torna spesso l’ambito underground, da Hooligan, da pazzo, da gente che gira in città con mezzi estremi. Ascolto tanto la musica per entrare nella ‘parte’, più o meno come potrebbe fare un attore. Sento a musica e inizio a disegnare, senza pensarci su troppo. Questa libertà mi permette di trasmettere nuove idee".

Qual è il primo elemento che hai disegnato?

“Il primissimo è stato il frontale. È il pezzo più importante, è quello che dà il carattere alla moto. Ciò che mi ha guidato è stata la volontà di renderla unica e riconoscibile, anche di notte se a vedi arrivare guardando lo specchietto retrovisore. In ogni caso avevo già in mente tutta la moto, nella mia testa è sempre stata un unico corpo”

Quanto motore e tecnologie di bordo hanno vincolato il progetto estetico?

“Più che il motore i vincoli maggiori arrivano dalla tecnologia della moto. La tecnologia presente sulla moto, tutta l’elettronica, andava nascosta. Ci sono parti elettroniche meno belle da veder e queste vanno in qualche modo integrate e non lasciate scoperte. Il lavoro svolto insieme agli ingegneri pone invece alcuni limiti relativi a certi pezzi. Io propongo, poi magari mi viene chiesto di cambiare in vista della funzionalità. Si tratta di un ping pong fino a che non si giunge a un compromesso”.

Oggi la Streetfighter è finita. Cosa ti rende più orgoglioso e cosa, invece, cambieresti?

“Ciò che mi soddisfa maggiormente è il volume della moto. Tanti CV in un peso così basso e in una dimensione contenuta sono un grande risultato per tutti quelli che ci hanno lavorato. Non è affatto semplice. Una moto bella deve avere volumi giusti, altrimenti questo si vede e stona. Riguardo a ciò che non mi soddisfa posso dire un progetto non è mai perfetto, non si è mai totalmente soddisfatto. Credo sia impossibile in senso assoluto. Il pezzo che personalmente rifarei è il cruscotto: è grande, comodo, si vede bene, ma è stato complesso da integrare nel frontale. Avrei preferito rendere il tutto ancora più compatto. Però si tratta di un oggetto tecnico, da usare, non è possibile rimpicciolirlo”.

Un’ultima domanda relativa alle ali. Si tratta di appendici pensate per estetica o funzionalità?

“Entrambe le cose. Inizialmente non c’erano, ma abbiamo notato una certa leggerezza dell’avantreno, anche ad alta velocità. Per ovviare a questo problema senza metter mano a un calo di potenza abbiamo scelto, con il test team Ducati, di sviluppare l’aerodinamica tramite appendici biplano. Questo porta numerosi benefici durante la guida. Ho scelto io di fare due appendici al posto che una sola. Penso si integrino meglio nell’estrattore dell’aria, siano facilmente cambiabili e belle da vedere”.

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