Il ddl sicurezza stradale e la sperimentazione del casco elettronico
Il ddl sicurezza stradale e la sperimentazione del casco elettronico
Milano 20 ottobre 2009 –
Siamo ancora in attesa del voto definitivo del Senato che dovrebbe approvare
o respingere il nuovo testo sulla sicurezza stradale redatto dalla Commissione
Trasporti della Camera. Possiamo, però, dire che include una proposta bizzarra:
quella della sperimentazione del casco elettronico dotato di un sensore
che possa rilevare se sia indossato e dialogando con la centralina elettronica
del motore ne consenta l’accensione. Qualora, invece, il pilota non avesse
in testa il casco, lo stesso sensore dovrebbe imporre alla centralina il
blocco dell’accensione del propulsore. È solo una proposta, ma che solleva
discussioni e moltissimi dubbi. Solo il nome suscita diffidenza, come è
successo con tutti i dispositivi “cablati” applicati all’abbigliamento
da moto (per esempio gli accessori termici che si caricano con la batteria
della moto). Non si hanno ancora molte notizie in merito e quindi è difficile
esprimere giudizi, tuttavia dovrebbe trattarsi di un casco dotato di sensore
che intercetta le onde elettromagnetiche emesse dagli esseri viventi e
la presenza della testa impedendo l’accensione della moto nel caso in
cui il casco non sia indossato. Ma non è tutto: anche la fibbia dovrebbe
essere dotata di contatti che impediscano l’avvio nel caso non si proceda
all’aggancio. Le informazioni dovrebbero essere trasmesse alla moto tramite
un trasmettitore bluetooth inserito nella calotta. Il dispositivo fu presentato
la prima volta nel 2006 dal Senatore del PDL Enrico Pianetta ed è rimasto
congelato fino a oggi per le perplessità che aveva suscitato, come rileva
Gianluca Solani, responsabile ANCMA omologazione caschi: “Ci sono problemi
di interferenza elettromagnetica da affrontare. Le moto odierne sono ormai
quasi del tutto controllate dalle centraline elettroniche e pensare di
posizionare una ricevente bluetooth a posteriori, come dispositivo aftermarket,
mi lascia perplesso. Bisogna, inoltre, far sì che ogni casco dotato di
questo dispositivo possa essere utilizzato su tutte le moto e viceversa
(una moto con ogni tipo di casco). Altrimenti si limita l’uso del veicolo,
o del casco. Quanti codici d’accesso serviranno?”. È chiaro che un progetto
come questo richiederebbe la collaborazione di chi costruisce le moto,
per risolvere il citato problema delle interferenze, ma anche di chi costruisce
i caschi, per studiare il modo di collocare, a posteriori, trasmettitore,
sensori, batterie ecc, senza compromettere la sicurezza del casco. “Sorprende
il fatto - continua Solani – che sia stato proposto un dispositivo protetto
da brevetto e che quindi tagli fuori eventuali concorrenti. Una procedura
anomala...”. Non sono disponibili specifiche tecniche sul brevetto, ma
probabilmente, lo stesso, è riferito ad una tecnologia di produzione che
potrebbe poi essere adottata dai costruttori di caschi. Può darsi che,
a fronte di nessuna certezza di un futuro obbligo di adozione del dispositivo
prescritto per legge, si sia fatta avanti per la fase di progettazione
precedente alla sperimentazione, la sola azienda che poi ha provveduto
a brevettare l’elemento di sicurezza elettronico.